Il 2 Maggio 2024 su Playstation 5, Xbox e Steam è uscito Indika, al costo di 24,99€ e lasciatecelo dire è il gioco più surreale che abbiamo mai avuto il piacere di provare. Lo sviluppatore – Odd Meter – ci presenta questo walking simulator/puzzle game/avventura straniante che ci porta dritti in un convento di una Russia alternativa del XIX secolo. Ci viene raccontata la storia provocatoria di una suora che perde lentamente la fede mentre il diavolo le sussurra all’orecchio. È uno sguardo cupamente divertente, emotivo e spesso folle alla religione (e ai videogiochi) che vi terrà assorti fino alla fine.
Versione testata PC (Steam)
Nei panni di una suora
Il gioco parte lanciandovi direttamente nel gameplay, nessun video introduttivo o altro, solo una schermata realizzata 16 bit con la nostra Indika che precipita in una sorta di tana del Bianconiglio in cui dovrete muoverla al fine di raccogliere monete. La grafica cambierà completamente nella sezione di gioco immediatamente successiva, passando ad un tentativo di fotorealismo in cui ci si ritrova in un convento Ortodosso: abituatevi a questi cambi di grafica e gameplay in quanto vi accompagneranno per tutto il gioco. Con questo cambio di location ci è subito chiaro che le altre suore ortodosse stanno evitando Indika per qualcosa che ha fatto, e la stanno addirittura maltrattando in “un atteggiamento non propriamente cristiano”.
Questa sezione infatti vede Indika che completa faccende insensate per volere delle sue sorelle che si rifiutano di guardarla negli occhi o addirittura di pronunciare un “grazie” mentre arranca avanti e indietro, completando fetch quest. Non passa molto tempo prima che si capisca perché Indika sta facendo fatica ad adattarsi: sente una voce che le parla, Indika soffre di qualche malattia mentale sconosciuta o il Diavolo le sta parlando? Lei è più propensa alla seconda opzione. Fortunatamente per la nostra protagonista la routine di incessanti compiti ha un’interruzione, in lei si accende un barlume di speranza quando le viene affidata una lettera con l’istruzione di consegnarla a un lontano monastero. Si incammina quindi in questa cupa Russia, un posto miserabile dove le persone sono sporche e fredde, dove gli edifici sono caduti in un burrone o sono appollaiati precariamente in cima alle rovine e sempre sul punto di crollare.
Un gioco sulla religione o sulla storia dei videogiochi?
Non passa molto tempo prima che Indika si ritrovi invischiata con un detenuto evaso di nome Ilya, un uomo con un braccio ferito che crede fermamente che Dio gli abbia parlato e abbia delineato un piano per lui che lo porterà alla salvezza. Per gran parte del gioco, Indika e Ilya viaggiano insieme. Di fronte a una persona con tale convinzione, mentre sta lottando per mantenere la sua fede, la nostra protagonista non può fare a meno di iniziare a instillare dubbi in Ilya, proprio come la strana voce continua a mettere in discussione la sua.
Trova scappatoie nella sua logica e incongruenze con ciò che dice e come agisce, il tutto mentre la voce nella sua mente continua a deriderla. Sappiate che le riflessioni di Indika sulla religione – la sua funzione, le sue idee fondamentali, come funzionano le anime, Dio, il Diavolo e tutto il resto – non portano a nessuna rivelazione sorprendente, ma se avete dedicato alla religione solo 5 minuti di riflessione, probabilmente avrete avuto le stesse conversazioni con voi stessi o con gli amici che Indika si ritrova ad avere con Ilya.
Il gioco è fatto di dicotomie dal punto di vista tonale, in netto contrasto con i grigi e i neri tenui dell’età adulta di Indika, i flashback della sua infanzia sono colorati e vibranti, resi in pixel art 2D che rivelano lentamente come sia diventata suora. Questi contrasti li possiamo vedere anche dall’unione di discorsi impegnati ambientati in lande desolate alla musica stile arcade di sottofondo che ricorda un cabinato anni ’80, ci sono missioni che compaiono in testo pixelato, cambi di gameplay e riferimenti ad altri giochi, come la sequenza in cui Indika deve fare una gara in bici contro suo padre lungo un percorso, che ricorda molto un vecchio Mario Kart, ci sono fetch quest da completare, infine ci sono punti da raccogliere che il gioco stessa descrive come inutili, che compaiono come moneta pixelata. Potete salire di livello per sbloccare nodi come +3 vergogna o +4 lutto che promettono di moltiplicare i punti futuri o ottenerne nell’immediato. La maggior parte di questi vengono guadagnati raccogliendo oggetti da collezione o svolgendo un paio di compiti umili. In sostanza, è come se stessimo “farmando” la nostra fede. Non vi aspettate quindi il classico walking simulator, ci sono minigiochi, enigmi ambientali, sezioni platform e il cambio di grafica a tenere alto il ritmo del gioco.
Prega che ti passa
Altro elemento che tiene alto il ritmo del gioco è dato dalle parti in cui il Diavolo parla a Indika, infatti in queste occasioni la schermata di gioco cambia forma, visivamente i toni diventano sulla scala dei rossi, il mondo di gioco compare frammentato e questa voce, non disturbante come quelle presenti in Hellblade 2 ma che riesce comunque a trasmettere senso di disagio, può essere fermata solo dalle preghiere di Indika. Bisognerà alternare parti di preghiera e parti in cui si lascia il controllo al Diavolo per poter attraversare la sezione di gioco interessata. Indika è un gioco visivamente sorprende, in un modo brutale e cupo. Il mondo stesso a volte è fantastico, un misto di realismo e stranezza surreale: un momento stai camminando attraverso un gruppo relativamente normale e sgangherato di edifici coperti di neve, e il momento dopo c’è un cane dalle dimensioni innaturali o compaiono barili con pesci delle dimensioni di un essere umano. Ci siamo chiesti se tutto ciò che stavamo vedendo fosse reale o se fosse una manifestazione del tumulto interiore di Indika. Potrebbe anche essere una forma di psicosi, il che spiegherebbe sicuramente alcune delle scene più strane del gioco, come un clone in miniatura di una suora che esce dalla sua bocca e danza lungo il suo braccio. Onestamente anche dopo le 4 ore di gioco che ci sono volute per finire il titolo, non siamo ancora sicuri su quale interpretazione dare all’esperienza vissuta.
Tecnicismi
Abbiamo provato il gioco con la nostra Nvidia RTX 3070Ti, 32 GB di RAM e Intel Core I7 di 13° generazione, ha presentato solo alcuni rallentamenti, per il resto non abbiamo evidenti problemi tecnici da segnalare. Il titolo è estremamente curato e ne abbiamo apprezzato i piccoli dettagli, come il modo in cui Indika afferra i grani del rosario, camminando, con la testa chinata, e girando la telecamera si riescono a intravedere brevemente i suoi occhi nervosi e guizzanti, oppure come le impronte lasciate nella neve al suo passaggio o il movimento fluido delle vesti.
Le conversazioni sono accattivanti e, spesso, sottilmente divertenti, supportate da una recitazione vocale davvero eccellente. Isabella Inchbald si occupa della versione inglese (con Anastasia Dyachuk che interpreta la versione russa). Indika è dolce, affascinante, spesso timida e occasionalmente sicura di sé. E quando parla della sua fede o della sua mancanza, è nervosa e preoccupata, l’esitazione permea ogni battuta pronunciata. Anche Louis Boyer è eccezionale nel ruolo di Ilya, mentre Silas Carson interpreta un Diavolo straordinariamente mordace e carismatico. Tuttavia abbiamo trovato un po’ strane alcune pause nelle conversazioni, accade talvolta che un personaggio inizi a parlare come se non avesse sentito la frase precedente, come se i trigger dei dialoghi non fossero sempre sincronizzati, in ogni caso problemi minori che non intralciano l’avvincente storia di Indika.
Commento finale
Indika è un accattivante gioco indie, che ci racconta la storia di una suora che parla con il Diavolo, e il suo opposto, un detenuto evaso che conversa con Dio. È anche la storia di una donna che combatte la sua fede, un gioco di discussioni filosofiche su come viene misurato il peccato (“un omicidio equivale a mille lettere non consegnate”) e riflessioni su cosa sia un’anima (e se un cane ne abbia una). Tantissime informazioni e spunti di riflessione, racchiuse in uno stile visivo meravigliosamente cupo, sormontato da un dark humor costante. È un bene che esista un tipo di gioco cosi, perché è interessante, diverso e strano, e abbiamo bisogno di questo tipo di esperienze. Inoltre non è un gioco per tutti, e anche questo è un bene. Ve lo consigliamo se siete giocatori per i quali la storia raccontata e le emozioni che un titolo vi trasmette sono gli aspetti più importanti, anche se a discapito del gameplay.