Di Cyberpunk 2077 se n’è parlato tanto, su Facebook, su Twitch e in privato. Io l’ho giocato su Series X, la maggior parte dei miei colleghi in 4news lo stanno giocando su PC di fascia alta. I problemi tecnici gravi sono gli stessi che ho visto nella mia run, a volte anche più gravi. Il gioco manca di una miriade di caratteristiche promesse o in alcuni casi necessarie per il tipo di prodotto. Offre un’interazione col mondo e i suoi abitanti davvero carente, ridicola anche paragonandola ad alcuni titoli di 10 anni fa. E anche dove funziona, non riesce a essere mai del tutto credibile, mostrando un gameplay dalle enormi potenzialità, ma davvero abbozzato sotto molti aspetti, una città stupenda ma immobile, e una trama che si prende il giusto tempo per entrare nel vivo, per poi all’improvviso sbatterti in faccia un bel disclaimer che ti avvisa di finire ciò che devi, perché sei al capolinea. Una sensazione straniante, come se mancasse un grosso pezzo intermedio che giustifichi l’evoluzione delle cose.
Certo, è vero, i filoni di missioni secondarie sono eccezionali e trascinanti, e alla luce del finale anche necessari a dare al giocatore la sensazione di avere davvero vissuto a Night City. E senza dubbio in questo senso si fa un passo avanti sotto il profilo narrativo, rendendo il racconto di un open world il frutto di un contesto, più che di una sequela di missioni principali con dei contorni per allungare. Ancor più di quanto fatto in The Witcher 3. Tuttavia, anche da questo punto di vista la main story non è particolarmente ispirata, e risulta infine meno interessante e coinvolgente di molte secondarie. Nonostante il personaggio di Johnny e il rapporto col protagonista rappresentino una trovata davvero geniale e ben scritta.
La stampa ha sbagliato
Alla luce di tutto questo, la critica italiana non ha offerto un buon servizio al pubblico (già purtroppo tendenzialmente sfiduciato) che la segue. Presa dalla fretta, fregata dalla fiducia nelle patch, magari accecata da un sogno vivido – e mi riferisco a chi giocava al gdr cartaceo 20 anni fa. Cyberpunk 2077 allo stato attuale non è un gioco da 9 o più, nonostante i pregi indiscutibili, a prescindere dalla piattaforma. Per quanto il giudizio sia personale, parlando di quello di critici e in una scala di valori che arriva al 10, quei voti non possono e non devono essere associati a prodotti del genere. Il prezzo che si rischia di pagare è che l’utenza si allontani ancora di più da questi lidi, per affidarsi sempre più al giudizio di influencer e figure che appaiono più trasparenti. Si tratta di una bozza, un gioco in early access venduto a prezzo pieno, dove i problemi sono enormi e si palesano anche durante le missioni più importanti, rompendo continuamente la sospensione dell’incredulità.
E sia chiaro: non voglio ridurre tutta l’operazione critica del recensore al voto finale, eppure l’influenza che le recensioni ancora hanno sulle vendite (e perfino sui bonus dipendenti, a quanto pare) passa tutta da quei numeretti. E su questo è inutile nascondersi dietro a un dito, sostenendo che litigare sui voti sia puerile o in qualche modo dissacrante della massima arte videoludica. Allo stesso modo non voglio eliminare la soggettività dell’esperienza del singolo, che può tranquillamente amare alla follia anche un prodotto pessimo. Ma quando si parla di fare critica sono convinto bisogni anche analizzare i difetti oggettivi e mediarli con il proprio gusto, per rivolgersi con il proprio giudizio agli utenti, non agli aggregatori, né soprattutto ai publisher.
La critica oggettiva non esiste, ma dei criteri sì
Dare 9 o più a un gioco in questo stato è di fatto un disservizio a chi aspetta le recensioni delle grandi testate per decidere se comprare oppure no. E lo è ancor di più tenendo conto della fretta dei grandi nomi della stampa, perché la recensione si è voluta pubblicare allo scadere dell’embargo a prescindere da tutto. Nonostante i tanti dubbi sulle versioni console si è scelto di pubblicare e con voti altissimi, sulla fiducia. In certi casi si è anche cercato di rimediare con delle recensioni insufficienti postume, ma bocciando rigorosamente solo le versioni problematiche in questione, senza intaccare il voto originale dato al prodotto. Immaginate come ci si sente a comprare un gioco da 9 e ritrovarsi la versione PS4 Fat di Cyberpunk 2077.
Il titolo ha venduto comunque 13 milioni di copie in 13 giorni, nonostante tutto: alla fine l’unica parte lesa è l’utenza. Che da questa vicenda si impari qualcosa, anche noi che scriviamo di “giochini”. Che forse recensire di fretta e in fiducia non si traduce in un buon servizio, alla fine.