Ubisoft non poteva permettersi un passo falso. Dopo il disastro commerciale di Star Wars Outlaws, l’insuccesso di Avatar: Frontiers of Pandora, la chiusura di XDefiant e un crollo in borsa, Assassin’s Creed Shadows è la carta decisiva. O va o si rompe qualcosa, e non solo in termini creativi. La fiducia del pubblico, la solidità del brand, forse persino l’equilibrio interno dell’azienda. Shadows non è solo un videogioco: è un esame di maturità.
Ma lo è anche per la saga stessa. Dopo la deriva GdR di Origins, Odyssey e Valhalla, e il breve ritorno alle origini con Mirage, ci si aspettava un equilibrio: un’esperienza moderna, profonda, immersiva, ma coerente con le radici del franchise. Shadows è la risposta a questa attesa. Una risposta complessa, stratificata, a tratti ambiziosa e a tratti conservatrice.
Versione testata : PlayStation 5
Un’ambientazione che lascia senza fiato
L’ambientazione è forse il più grande trionfo di Shadows. Giappone, 1579, epoca Sengoku. È un’epoca instabile, lacerata dalle guerre civili, dove il daimyo Oda Nobunaga tenta di unificare il paese con pugno di ferro. In questo contesto carico di tensioni e contraddizioni, si muovono Naoe, una shinobi in cerca di vendetta, e Yasuke, ex schiavo africano divenuto samurai al servizio di Nobunaga.
La ricostruzione storica è maniacale. Dalle risaie di Kii alle foreste di Iga, dai castelli imperiali alle spiagge dorate, ogni angolo del mondo racconta qualcosa. Non idealizzato come Ghost of Tsushima, ma credibile, vibrante, credibilmente imperfetto. Le stagioni che si alternano ogni due ore reali modificano l’aspetto e il gameplay, dal movimento sulla neve alla visibilità durante le piogge torrenziali. È un mondo vivo, che stupisce per quantità e qualità visiva.
Una trama a doppia lama
La narrazione è divisa tra due protagonisti: Naoe e Yasuke. La prima parte dell’avventura è tutta nelle mani della giovane shinobi, sopravvissuta al massacro della sua terra da parte dell’esercito di Nobunaga. Solo dopo una decina di ore si sblocca Yasuke, samurai fedele al daimyo.
La dinamica tra i due è ben gestita. Yasuke rappresenta l’onore, la forza, l’azione diretta. Naoe l’ombra, la vendetta, la sottigliezza. Entrambi hanno percorsi narrativi coerenti e ben scritti, con missioni personali che aggiungono spessore al racconto. Il giocatore può scegliere chi impersonare, con un sistema di progressione condiviso che evita squilibri.
Tuttavia, dopo un inizio folgorante, la trama si frammenta. L’eliminazione dei 12 membri dello Shinbakufu, l’organizzazione che controlla il Giappone nell’ombra, diventa un ciclo ripetitivo. Raccogli informazioni, individua il bersaglio, assassinalo. Alcuni momenti brillano, ma la formula diventa prevedibile. Il finale, inoltre, risulta troppo affrettato, quasi pensato per essere completato con DLC o sequel.

Gameplay: due approcci, stesso DNA
Shadows propone due gameplay distinti. Naoe è veloce, silenziosa, agile. Usa il rampino, le ombre, gadget letali e parkour. È la protagonista perfetta per gli amanti dello stealth, con meccaniche che ricordano Splinter Cell e un sistema di furtività che tiene conto di luce, rumore e visibilità.
Yasuke è un carro armato. Lento, brutale, devastante. Spazza via nemici a colpi di naginata, randelli e archibugi. Ottimo per le boss fight e gli scontri su larga scala, meno adatto all’esplorazione o all’approccio silenzioso.
La libertà di scegliere tra i due personaggi rende l’esperienza variegata e stimolante, anche se nella maggior parte dei casi Naoe risulta più efficiente e veloce nell’esecuzione delle missioni.
Un mondo gigantesco, forse troppo
La mappa di Shadows è divisa in nove regioni, ognuna con estetica, quest e strutture narrative differenti. La quantità di contenuti è spropositata: castelli da conquistare, rifugi da personalizzare, alleati da reclutare, missioni secondarie con bivi narrativi, eventi dinamici, minigiochi, sfide di parkour, meditazioni, archery trial, sincronizzazioni, collezionabili.
E proprio qui risiede uno dei limiti più evidenti del gioco: la ripetitività. Le missioni opzionali si somigliano troppo, i loop di gameplay sono eccessivamente riciclati, e l’IA – soprattutto quella dei nemici – è datata e prevedibile. Anche l’equilibrio tra quantità e qualità vacilla: troppe attività diventano presto routine, e l’immersività si spezza.

Costruzione e gestione del rifugio
Il rifugio è il cuore logistico dell’avventura. Come in Valhalla, qui si può costruire liberamente edifici, reclutare alleati, potenziare strutture e sbloccare nuove abilità. Le decisioni prese durante le missioni secondarie influenzano chi sarà al nostro fianco nelle battaglie.
Ogni alleato ha una funzione, dagli attacchi a distanza all’addormentamento delle guardie. Il rifugio è vivibile, popolato, personalizzabile, e rappresenta un punto di riferimento per la narrazione. L’utilizzo delle vedette, che possono essere posizionate sulla mappa per raccogliere informazioni o scoprire obiettivi, è una meccanica ben integrata.
Tecnicamente solido, ma con margini di miglioramento
Testato su PlayStation 5, Shadows offre due modalità:
- Qualità (4K con ray tracing, 30 fps)
- Prestazioni (4K upscalato, 60 fps)
Il gioco gira in modo fluido, con rari cali di frame rate – soprattutto nell’area del rifugio – e un ottimo comparto grafico. Gli scenari naturali sono impressionanti, la gestione delle luci dinamiche eccellente, il dettaglio nei paesaggi quasi da cartolina.
Meno riuscite le animazioni dei PNG, spesso rigide, e la gestione del cavallo, incline a incastrarsi ovunque. Il sistema di parkour è stato migliorato rispetto ai predecessori, ma resta legnoso, con controlli poco intuitivi soprattutto nelle fasi più verticali.
Il doppiaggio italiano è di alta qualità, ma la modalità immersiva con dialoghi in giapponese e portoghese è consigliatissima. Ottima anche la colonna sonora, perfettamente integrata con l’immaginario giapponese.

Intelligenza artificiale: il vero tallone d’Achille
L’IA dei nemici è il limite più evidente. Durante le fasi stealth, le guardie si comportano in modo prevedibile, reagiscono in maniera ripetitiva, non perseguono mai con convinzione. È possibile eliminare interi gruppi di nemici fischiando dallo stesso cespuglio, e una volta saliti su un tetto – anche basso – si diventa praticamente invisibili.
Anche i PNG nelle città mostrano loop statici. Dopo 50 ore di gioco li si trova sempre nello stesso punto, a svolgere la stessa azione. Questo compromette la credibilità del mondo, che da lontano appare vivo, ma da vicino si rivela vuoto e meccanico.
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Commento Finale
Assassin’s Creed Shadows è un titolo maestoso, che trasuda passione per il Giappone feudale e per l’epica degli assassini. L’ambientazione è mozzafiato, i due protagonisti ben costruiti, il gameplay solido e sfaccettato. Ma l’ambizione smisurata finisce per giocare contro il progetto. La ripetitività, l’IA datata, la gestione dei contenuti ridondante e un finale poco incisivo ne limitano la potenza narrativa e ludica. È, paradossalmente, esattamente il gioco che ci aspettavamo. Un Assassin’s Creed in tutto e per tutto. Ed è proprio questo a rappresentare la sua virtù più grande… e la sua più evidente maledizione.





