Non è semplice trovare un modo giusto per rinnovare una serie longeva come quella di Atelier. Non perchè l’innovazione sia un traguardo difficile in sé e per sé. In fondo, saghe ruolistiche come quella di Final Fantasy hanno assistito, nel corso degli anni, a tentativi più o meno riusciti di diversificarsi per restare al passo dei tempi. Anche le più tradizionalistiche hanno aperto, in un modo o nell’altro, ad elementi contemporanei nell’orizzonte di un mercato che richiede determinati sforzi. Dal canto suo, GUST non si trovava in una semplice posizione con la sua ventennale serie alchemica, da sempre radicata nelle sue stabili e rassicuranti caratteristiche. Anche e soprattutto per non rischiare di alienare lo zoccolo duro di appassionati che hanno sempre sostenuto questa IP di nicchia.
Ovviamente, nel corso del tempo dei passi avanti sono stati fatti, soprattutto nel passato più recente. Tuttavia, la voglia di sfruttare il successo raccolto da Atelier Ryza ha convinto il team di sviluppo ad osare come mai prima con Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land. Ne è nato così il capitolo più ambizioso della serie, con sostanziose reinterpretazioni in quasi ogni settore della produzione. Progressi che ci sentiamo di accogliere a braccia aperte, ma che non possono non farci riflettere sul modo attraverso cui essi verranno accolti dal popolo dei fan. Ma anche dagli amanti dei JRPG più tradizionali. Perché l’avventura di Yumia Liessfeldt si pone in una posizione inedita anche nei loro confronti.
Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land sarà disponibile dal 21 Marzo per PC (via Steam), Xbox Series, PlayStation 4, PlayStation 5 e Nintendo Switch.
Versione testata: PlayStation 5
C’era una volta l’alchimia
Tanto tempo fa, l’Impero di Aladiss era una prosperosa realtà in grado di estendersi per l’intero continente. Parte del merito della sua capacità di prevalere sulle altre nazioni era da ricercare nell’elevato grado di sviluppo raggiunto grazie ai segreti dell’arte alchemica. Tuttavia, un improvviso e misterioso cataclisma decretò la sua fine, lasciando una scia di rovine e distruzione. Secoli più tardi, l’alchimia viene considerata come la responsabile del crollo dell’Impero, al punto da essere ritenuta una pratica bandita in quanto pericolosa ed intrinsecamente malvagia.
Tre anni sono passati dal tragico incidente in cui ha perso la vita la madre di Yumia Liessfeldt. Tre anni da quando la giovane ha scoperto di appartenere ad una famiglia di alchimisti. Circostanze che l’hanno spinta a porsi domande sul passato di Aladiss, sulle ragioni della distruzione dell’Impero e sulla vera natura dell’alchimia. Abbracciando il suo lascito e le proprie capacità di controllo del mana, la ragazza si unisce al team di ricerca di Aladiss, una organizzazione che si occupa di indagare sui tragici eventi del passato, nella speranza di svelare i misteri che si celano dietro il cataclisma e di scoprire il suo ruolo nel mondo.

Rispetto ai precedenti capitoli della saga, Atelier Yumia propone atmosfere più mature fin dalle prime ore. La stessa protagonista non è una ragazzina ingenua ma una giovane donna, determinata ed in cerca di risposte. Al contempo, vive sulla sua pelle il sospetto, la diffidenza ed il pregiudizio nati dalla pratica alchemica, divenuta un tabù in un continente che porta su di sè le cicatrici di un cataclisma inspiegabile.
Si tratta di un cambio di prospettiva che attribuisce a The Alchemist of Memories & the Envisioned Land un inedito punto di vista all’interno della propria saga, con tematiche più controverse e sfaccettate. Il merito è anche di una sceneggiatura che adotta un impianto più tradizionale nel panorama JRPG, con un interessante cast di supporto ed il classico villain che viene addirittura presentato da subito con un avvio in medias res (salvo poi tornare indietro per narrare la storia dal principio). Forse la storia lesina troppo su stereotipi caratteriali e potrebbe non essere questa grande novità per i fan del genere, ma ha l’indubbio merito di proporre qualcosa di diverso rispetto al passato.
Dal punto di vista artistico invece, non c’è davvero nulla da contestare. Ancora una volta, la firma del character design è di Benitama, già responsabile del remake di Atelier Marie. Un tratto che ricorda vagamente quello di Takeshi Ozawa (Valkyria Chronicles), che sa conquistare con tratti morbidi e talvolta crepuscolari (in questo senso, emblematici gli accostamenti cromatici). Un po’ più prevedibile il design del mondo di gioco, influenzato inevitabilmente anche dai compromessi di natura tecnica. Sotto questo versante il titolo è solido, anche se funestato da un numero preoccupante di caricamenti che spezzano un po’ troppo il ritmo. Estremamente valido è invece l’accompagmento musicale a cura del veterano Kazuki Yanagawa nonchè dei nuovi arrivati Akiko Tateyama e Yumemi Kujira.

Un mondo da esplorare
Come anticipato, gli sviluppatori hanno colto l’occasione dell’ottima risposta del pubblico per la serie Ryza per spingere il nuovo capitolo in direzioni ancor più innovative. Senza tuttavia tradire le caratteristiche più amate dai fan.
Atelier Yumia offre un mondo di gioco mai così ampio, ricco di punti di interesse, location da scoprire e missioni da intraprendere. L’esplorazione costituisce il nucleo principale di ogni Atelier, ma con Yumia il team di sviluppo ha voluto alzare l’asticella. La ricerca degli ingredienti legati ai processi alchemici viene così diversificata il più possibile per combattere il rischio della ripetitività. Spazio dunque ad indovinelli ambientali da risolvere, missioni di caccia da affrontare, ambienti ostili impregnati di mana da purificare e molto altro. L’appartenza al team di ricerca di Aladiss si lega a doppio filo alla avanscoperta del continente, con veri e propri obiettivi pionieristici da portare a termine per poter avanzare con la trama principale.
Si tratta di un approccio molto più disinvolto e corale rispetto al passato, che rielabora alcune dei concept visti, tra gli altri, anche in Final Fantasy VII Rebirth. Non ci troviamo di fronte tuttavia ad un prodotto con le medesime attenzioni e la stessa coesione generale (il mondo di gioco a conti fatti è una grande mappa con i classici punti interrogativi sparsi). Tuttavia è innegabile l’impegno da parte degli sviluppatori, soprattutto considerando il volume complessivo (che richiede anche mezzi di spostamento come una ruggente motocicletta) e l’introduzione di meccaniche di personalizzazione legate al proprio atelier nonché alla costruzione di insediamenti. Insomma, c’è anche un pizzico di gestionalità in Atelier Yumia.

L’altro elemento pesantemente rivoluzionato è il sistema di combattimento. Con questo capitolo, aumentano le distanze dalla classica impostazione a turni in favore di un approccio maggiormente in linea con i dettami degli action RPG.
Gli scontri di Atelier Yumia avvengono in tempo reale, con transizioni rapide dalla world map al campo di battaglia. Il giocatore non può tuttavia muoversi liberamente, bensì solo orbitare attorno all’avversario stabilito e scegliere dinamicamente se avvicinarsi per il combattimento ravvicinato o tenersi a distanza per gli attacchi a lunga gittata. A seconda della scelta può dunque concatenare gli attacchi associati alle selezioni rapide dei tasti, ma altresì schivare le offensive avversarie o effettuare parate perfette da cui rilanciare letali contrattacchi. Il flow del combattimento è estremamente dinamico e punta costantemente a stordire l’avversario per abbassarne le difese in maniera sostanziosa. Un obiettivo che si centra ogniqualvolta i nemici subiscono un determinato numero di specifici attacchi. A quel punto, i colpi del party saranno più dannosi e si potranno sprigionare non solo attacchi cooperativi ma anche devastanti assalti speciali.
Ciò che abbiamo appena descritto sembra affascinante ed avvincente, ed in linea generale è così. Un sistema di combattimento che punta molto sulla prontezza dei riflessi. Tuttavia non tutti gli aspetti legati alle dinamiche di lotta ci hanno convinto allo stesso modo. Anzitutto, il livello di sfida è tarato considerevolmente verso il basso. Salvo alcuni combattimenti maggiormente impegnativi contro avversari più tenaci, gli scontri tendono a risolversi troppo rapidamente a causa di uno sbilanciamento eccessivo in favore dell’aggressività del party. I nemici ordinari vengono spazzati via in pochi istanti semplicemente attaccando con ostinazione, anche senza osservare tattiche precise. Servono diverse ore (e scontri contro arcigni avversari singoli) prima di iniziare ad esplorare le stratificazioni legate al posizionamento, al ritmo di lotta ed alle azioni corali. Un’attesa forse eccessiva, per un sistema di combattimento al quale forse manca un pò dell’equilibrio legato alla turnistica tradizionale.

Scambio equivalente
Come ogni Atelier che si rispetti, una grandissime fetta dell’offerta ludica è riservata alla sintesi alchemica affidata alla protagonista.
The Alchemist of Memories & the Envisioned Land non tradisce i fan di lunga data, offrendo un comparto ancora una volta complesso e gratificante, seppur con qualche apertura nei confronti di un pubblico inedito. Di base, il funzionamento della sintesi alchemica prevede la selezione di una ricetta da seguire. A quel punto, il giocatore dovrà selezionare il nucleo alchemico più adatto per creare l’oggetto in questione ed “attivarlo” con un ingrediente specifico. Una volta effettuata questa operazione preliminare, sarà possibile accedere ad uno “scheletro” della ricetta. Questo sarà formato da un insieme di slot, nei quali inserire gli ingredienti migliori per aumentare il più possibile le caratteristiche del prodotto finale. Scegliendo le opzioni migliori, la risonanza alchemica sarà più elevata e così anche la qualità dell’operazione stessa.

Il sistema riassunto in poche righe è in realtà molto più poliedrico e permette di sbizzarrirsi creando oggetti (ma anche armi ed accessori) con caratteristiche ed abilità aggiuntive in grado di fare davvero la differenza nelle fasi più avanzate dell’avventura. Si tratta di una complessità che viene introdotta gradualmente mentre soprattutto all’inizio resta di modesta influenza. Una scelta saggia, per permette soprattutto ad un pubblico meno smaliziato di assimilare le basi. Ma gli sviluppatori non si sono fermati a questo.
Lungi dal costringere l’alchimia entro rigidi schemi prefissati, Atelier Yumia apre le porte altresì a qualche semplificazione che strizza l’occhio soprattutto alla quality of life. Anzitutto, è sempre possibile ricorre a funzioni di automatizzazione delle sintesi alchemiche. Impostando dunque alcuni parametri di base (tipo il puntare ad ottenere le caratterestiche migliori con gli ingredienti a disposizione), il gioco provvederà a tutto. Una soluzione ideale per talune situazioni, anche se implica perdere un po’ dell’anima del titolo. Viceversa, estremamente bene accetta è la funzione di sintesi rapida disponibile in qualsiasi punto della mappa di gioco, che permette di creare alcune oggetti utili all’esplorazione senza passare necessariamente dall’atelier. Allo stesso modo, la sintesi è altrettanto possibile anche in ulteriori punti della mappa, grazie alla funzione di costruzione degli insediamenti. Piccoli accorgimenti, ma decisamente importanti in un gioco di più ampio respiro come questo.

Commento finale
Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land rappresenta un potenziale punto di svolta per la longeva serie JRPG di Gust. Una produzione ampia ed ambiziosa, che pone l’accento su un gameplay maggiormente immediato ed accessibile, accompagnato da una storia dal taglio più maturo. Esattamente come una complessa formula alchemica, gli sviluppatori sono riusciti a coniugare le caratteristiche identitarie della saga alle novità inserite. Al contempo, si tratta di una formula che potrà essere ulteriormente affinata e migliorata. Ma una cosa è certa: la strada è decisamente quella giusta.












