Recensione Dynasty Warriors: Origins, le battaglie dei Tre Regni nella rinascita della serie

Correva l’anno 1997 quando l’allora KOEI pubblicava Dynasty Warriors per PlayStation. Un progetto destinato a cambiare il corso della vita dell’azienda, che si sarebbe progressivamente allontanata dal genere strategico (uno dei cavalli di battaglia della compagnia di Yokohama) in favore di una tipologia videoludica totalmente diversa: il musou. Con il passaggio alla generazione successiva di home console, la saga cambia infatti pelle. La transizione da fighting game tradizionale ad hack & slash ad ampio respiro rivoluziona Dynasty Warriors, creando un nuovo genere che avrebbe dato i natali, in quasi trent’anni, ad un numero ragguardevole di capitoli principali, spin-off ed esperimenti su licenza.

La caratteristica fondamentale della serie è stata da sempre quella di calare i giocatori in enormi battaglie campali, nella saga principale ambientate nella belligerante Cina dei Tre Regni. Vestendo sempre i panni di valorosi combattenti talmente potenti da poter sbaragliare decine di avversari con pochi fendenti, inseguendo gli onori della vittoria. Una IP longeva che tuttavia ha negli anni sofferto un sostanziale immobilismo, con ben poche innovazioni e parecchio riciclo al punto da aver allontanato parte del pubblico più fedele. Con Dynasty Warriors: Origins, l’obiettivo di Omega Force è chiaro ed ambizioso: rilanciare il brand con il capitolo più cinematografico e stratificato di sempre.

Il titolo è disponibile dal 17 Gennaio per PlayStation 5, Xbox Series e PC (via Steam).


Versione testata: PlayStation 5


Alle origini del mito

Dynasty Warriors: Origins attua una prima scelta tanto coraggiosa quanto inaspettata sul versante meno atteso: la narrativa.

Sullo sfondo di una Cina turbata dalla rivolta dei turbanti gialli, dapprima espressione del diffuso malcontento della popolazione verso i regnati divenuti poi a loro volta avidi oppressori, i giocatori faranno la conoscenza di un vagabondo senza nome e senza passato. Incredibilmente abile in battaglia e soprannominato dai suoi compagni Ziluan, il guerriero apprenderà di essere parte di un antico clan di guerrieri predestinati a favorire l’avvenire del rigoglioso e prospero impero cinese. Dovrà dunque combattere al fianco dei grandi generali che hanno deciso le battaglie dei Tre Regni propiziando la nascita di nuova era.

La narrativa è molto più curata rispetto al passato.

Non si tratta di una trovata originale o innovativa da parte degli sceneggiatori, in alcun modo. Cionondimeno, essa è stata realizzata in maniera attenta e scrupolosa al punto da gettare una nuova interessante prospettiva a storie che, se avete giocato qualche titolo ambientato in questo periodo storico, oramai avrete già visto e sentito più volte. Il merito di Origins, tuttavia, è di approfondire tematiche ed eventi storici, spesso con un pathos ed un dramma sopra le righe, in maniera più chiara ed appetibile rispetto ad altre proposte del panorama videoludico. Certamente, se non avete interesse per la storia cinese e andate in confusione non appena iniziate a leggere i nomi di condottieri e generali dell’epoca dei Tre Regni, il nuovo Dynasty Warriors non sarà granché appassionante o illuminante.

Lo sforzo degli sviluppatori tuttavia passa anche attraverso ad un inedito peso concesso alla sceneggiatura, laddove in passato la riproduzione delle battaglie finiva spesso per essere fine a sé stessa senza un’opportuna contestualizzazione. Adesso i personaggi hanno una migliore caratterizzazione, il protagonista può stringere rapporti ed approfondire relazioni, impegnarsi in incarichi secondari, concorrere al benessere della popolazione e fare scelte importanti in snodi cruciali dell’avventura. Tutto viene proposto in maniera più coinvolgente e dinamica, nonostante il prezzo da pagare sia stato quello di perdere l’opportunità di poter impersonare altri personaggi oltre a Ziluan. Esatto, Dynasty Warriors: Origins ha totalmente rinunciato all’aspetto gargantuesco dei personaggi giocabili in favore del solo protagonista. Una scelta che potrà terrorizzare alcuni fan della serie, ma che si motiva nel contesto generale del gameplay.

Si tratta del capitolo più cinematografico della serie.

Viandante sul mare di nemici

Dynasty Warriors: Origins ci mette dunque nei panni del vagabondo Ziluan, di fatto l’unico personaggio giocabile del titolo. Una scelta di questo tipo potrebbe sembrare una mossa kamikaze da parte di Omega Force, soprattutto se si pensa che negli anni proprio la varietà di personaggi giocabili è stato uno dei selling point della serie (e dei suoi spin-off). Al contrario, si tratta di una decisione ardita per permettere alla saga di ripartire con un nuovo piglio.

Nel corso del viaggio, il protagonista acquisirà nuove tecniche, armi e padronanza delle proprie abilità. Un senso di progressione costante che aprirà le porte non solo all’impiego di opzioni diversificate per affrontare le battaglie del titolo, ma che concede a Dynasty Warriors di abbracciare finalmente concept moderni. Parliamo della possibilità di dotarsi di equipaggiamenti specifici, di craftare accessori di potenziamento, di creare una propria build specifica per ogni occasione.

Esattamente come per la narrativa, non ci troviamo di fronte ad idee avveniristiche o stravolgimenti epocali. Anzi, agli occhi dei più critici queste integrazioni potrebbero sembrare la base fondamentale per proporre un action nel 2025. Ed in un certo senso è così. Le migliorie introdotte in Origins sono effettivamente una feature divenuta “di serie” nel panorama contemporaneo. Tuttavia bisogna pensare che era tremendamente complesso introdurle in una saga che, per sua natura e per desiderio di molti fan, era rimasta tendenzialmente inalterata da decenni.

Mosse possenti e nemici al vento: è un Dynasty Warriors.

Un ulteriore esempio, in questo senso, è dato dall’introduzione di avversari più possenti sul campo di battaglia per i quali le regole di ingaggio saranno diverse. Laddove dovrete affrontare tali figure, ecco che Origins proporrà un sistema di lock-on, un meccanismo di schivate e parry nonché difese da infrangere per permettere devastanti attacchi finali. Anche in questo caso, ci troviamo di fronte a novità in senso assoluto? Assolutamente no. Ma si tratta di una gustosa introduzione che rende più varia l’esperienza? Decisamente si.

Di base, l’esperienza sul campo di battaglie è fondamentalmente la stessa rispetti ai classici della serie, sia chiaro. La volontà degli sviluppatori non era quella di snaturare Dynasty Warriors. Bensì di integrarlo con modifiche ed aggiunte tali da svecchiare una formula che stava arrancando sotto il peso degli anni. Ed in questo senso, l’obiettivo può ritenersi raggiunto. Parte del merito va condiviso anche con il lavoro svolto sul versante tecnico. Il titolo risulta infatti ben ottimizzato su PlayStation 5. Il colpo d’occhio è intrigante, coadiuvato da una stabilità di prestazioni tendenzialmente affidabile (soprattutto considerando le centinaia e centinaia di truppe a schermo).

E se siete ancora interdetti dall’assenza dei personaggi sbloccabili, dopo aver considerato il quadro di insieme vi possiamo rassicurare. Non solo le armi utilizzabili dal protagonista sono sufficientemente varie e diversificate da cambiare de facto l’approccio alle lotte, ma sarà altresì possibile comandare alcuni guerrieri in particolari momenti dell’avventura. Magari non una soluzione che farà contenti tutti, ma credeteci: il sacrificio ha giovato nell’economia complessiva del game design.

Alcune armi sono molto utili per il crowd control ma dovrete gestirne anche i difetti.

La foresta delle sberle volanti

L’andamento delle battaglie, dal canto loro, segue il medesimo canovaccio della saga. Lotte contro ondate di nemici per conquistare punti sensibili delle mappe, per raggiungere determinati checkpoint o per sconfiggere nemici specifici. Tuttavia le cose sono leggermente diverse in Origins.

Anzitutto, l’andamento delle battaglie è stato realizzato in maniera più dinamico e fluido. Un risultato ottenuto grazie all’indicatore di morale delle truppe. A a seconda degli eventi nel corso delle lotte, esso potrà influenzare in tempo reale atteggiamenti, potenza ed aggressività delle forze in campo. Omega Force ha poi introdotto la possibilità di impiegare abilità legate a specifici gruppi di soldati, aumentando la stratificazione delle manovre tattiche. Il giocatore dovrà così, come sempre, correre da un punto all’altro delle mappe gestendo con priorità gli obiettivi più importanti. Tuttavia dovrà farlo con intelligenza e rapidità di pensiero, visto che tra l’altro anche la difficoltà è stata ritoccata.

A sorpresa, fa persino capolino una world map vecchio stile.

Gli sviluppatori hanno infatti compreso che in questa nuova impostazione, Origins aveva necessità di una sfida più intrigante. Qualcosa che si allontanasse dal mero button smashing del passato. Ad onor della cronaca, non serve l’acume di grandi strateghi per capire cosa fare e quando farlo. Soprattutto perché spesso le opzioni alternative son poche e le tattiche migliori sono decisamente incoraggiate. Tuttavia è richiesta una maggiore precisione rispetto al passato, con spazi di tolleranza meno ampi. Il risultato è che prendere troppo sotto gamba alcuni obiettivi o taluni boss potrebbe farvi incontrare spesso la schermata di game over.

Se poi la sfida non fosse sufficiente per i più abili, non temete. Omega Force ha pensato anche a questo, per ovviare alla diminuzione della replay value dovuta all’assenza di un roster giocabile. Una volta finita la campagna, sbloccherete infatti una nuova difficoltà decisamente più impegnativa. Essa aggiungerà, tra l’altro, altre sfide alle missioni principali. Inoltre ci sarà un sistema di potenziamento aggiuntivo per le armi e qualche ulteriore extra (soprattutto dal punto di vista degli atteggiamenti avversari). Il risultato finale porta il gioco ad oltre 60 ore complessive per vedere e fare tutto quanto preparato dagli sviluppatori. Un ottimo risultato.

Non sottovalutate alcune missioni di Origins, il game over è molto più frequente rispetto al passato.

Commento finale

Dynasty Warriors: Origins riesce in una missione quasi impossibile: scardinare le più radicate convinzioni e paradigmi relativi al genere musou, pur non sconfessandone le caratteristiche fondamentali e caratterizzanti. Il rilancio della saga firmato Omega Force combina il meglio della saga con intuizioni moderne che rendono l’esperienza finalmente più varia, fresca e stuzzicante. Alcuni sacrifici e compromessi potrebbero tuttavia far storcere il naso ai fan della serie, mentre chi non ha mai subito l’attrattiva di un genere così particolare non necessariamente verrà ammaliato dalle novità. Ad ogni modo, Origins rappresenta il punto più alto raggiunto dalla saga nonché un nuovo inizio che potrebbe regalare enormi soddisfazioni anche a chi non si è mai approcciato alle battaglie dei Tre Regni.

7.8

Dynasty Warriors: Origins


Dynasty Warriors: Origins riesce in una missione quasi impossibile: scardinare le più radicate convinzioni e paradigmi relativi al genere musou, pur non sconfessandone le caratteristiche fondamentali e caratterizzanti. Il rilancio della saga firmato Omega Force combina il meglio della saga con intuizioni moderne che rendono l'esperienza finalmente più varia, fresca e stuzzicante. Alcuni sacrifici e compromessi potrebbero tuttavia far storcere il naso ai fan della serie, mentre chi non ha mai subito l'attrattiva di un genere così particolare non necessariamente verrà ammaliato dalle novità. Ad ogni modo, Origins rappresenta il punto più alto raggiunto dalla saga nonché un nuovo inizio che potrebbe regalare enormi soddisfazioni anche a chi non si è mai approcciato alle battaglie dei Tre Regni.

PRO

Un nuovo inizio per Dynasty Warriors | Tante introduzioni a meccaniche e strutture che svecchiano la formula classica | Più stratificato ed impegnativo rispetto al passato |

CONTRO

Le migliorie introdotte potrebbero sembrare fuori tempo massimo | Di base, se non piace il genere musou, difficilmente Origins vi farà cambiare idea | La perdita di un roster giocabile potrebbe pesare come un macigno per alcuni fan |

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