Recensione in pillole Titan Station

Un pò in sordina, scoperto per caso, Titan Station debutta su Steam in un periodo tremendamente affollato, ma è riuscito a destare l’attenzione di quell’utenza (come il sottoscritto [ndr]) che tanto si appassionò alle vicende raccontate in Firewatch, un piccolo romanzo thriller sotto forma di videogioco che ci metteva nei panni di una guardia forestale. Titan Station prende spunto dal titolo dei Campo Santo e lo trasla 1,4 miliardi di chilometri più in alto, precisamente su Titano, uno dei satelliti di Saturno.

Se non avete capito di che genere stiamo parlando ve lo possiamo riassumere con due parole che ad alcuni forse faranno venire i brividi lungo la schiena: Titan Station è un walking simulator.

La struttura ludica è ridotta all’osso, gli enigmi e gli oggetti con cui interagire pure, il suo fascino risiede esclusivamente nell’intreccio narrativo e nella sua messa in scena. Beh, in questa recensione proveremo a spiegarvi perché abbiamo apprezzato il titolo prodotto da Joakim Larsen, sviluppatore solitario, come il protagonista di Titan Station (forse…).


Versione testata: Steam


titan station
Big Shell….no pardon. Titan Station.

Che gioco è?

Come scritto poc’anzi, Titan Station è un’avventura prettamente narrativa ambientata in un retro futuro distopico nell’anno 1999, su una stazione spaziale di rifornimento in orbita su Titano, il più grande e massiccio satellite di Saturno. David Miller, il nostro sfortunato protagonista, decide di accettare un lavoro come tecnico manutentore su questa stazione di rifornimento con un contratto di cinque anni, scappando dai debiti e dalla vita grama che conduceva sulla Terra, sperando di risolvere ogni suo problema con il lauto stipendio che questa corporazione è in grado di offrirgli.

Una volta arrivato, viene munito di una keycard di livello 1 (Metal Gear Solid vibes…) ed una ricetrasmittente. Nessun membro dell’equipaggio però è lì ad attenderlo, soltanto una voce, quella di Jack, direttore della stazione spaziale, che attraverso la radio lo guiderà al lavoro di manutentore che dovrà fare da qui ai prossimi anni. La totale (presunta) assenza di vita nella stazione fa sì che il giocatore abbia subito un imprinting con la radio che gli viene fornita, unica mezzo con il quale poter comunicare con qualcuno.

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Ma che bella radiolina.

Perché giocarlo?

Pur non essendo un gioco horror, Titan Station riesce a creare una sottile ed inquietante atmosfera, dettata dagli infiniti corridoi che si ripetono, i suoni meccanici, analogici e delle tubature presenti sulla stazione, ed in generale la sensazione di essere perennemente osservati.

Il tutto è accompagnato da un impianto grafico dall’impatto fenomenale, e poco male se dopo qualche minuto ci accorgiamo che l’illuminazione è pre-renderizzata, o che si può interagire con pochissimi oggetti, (generalmente notepad o fogli dai quali è possibile carpire i misteri che attanagliano la stazione spaziale).

Lo scopo di Titan Station viene ampiamente raggiunto nonostante queste semplificazioni tecniche, e più di una volta vi fermerete ad osservare il fumo uscire da qualche valvola di sfogo, l’attrezzatura retro futuristica con tutti i loro led lampeggianti o semplicemente Saturno da un oblò. Titan Station è bello, davvero bello da vedere. Limitato, ripetitivo, semplicistico, ma bello, e riesce a restituire la sensazione di impotenza e di vastità che una stazione spaziale dovrebbe dare.

Non staremo a disquisire sull’impianto narrativo, poiché fulcro principale della breve esperienza (circa 3/4 ore per terminarlo) e non vorremmo spoilerare i vari plot twist che ribalteranno le previsioni che via via faremo quando verranno a galla tutti i tasselli del puzzle, vi basti sapere però che il tutto è raccontato con un pacing ben delineato, che non porta alla noia e tiene alto l’interesse e la tensione. E per un walking simulator, oltretutto sviluppato da una sola persona, questo è un traguardo molto importante.

Di tanto in tanto finiremo nel Cyberspazio attraverso un casco che ricorda più il Virtual Boy di Nintendo (tante sono le influenze stilistiche degli anni 90′ percepibili in Titan Station), nel quale dovremmo risolvere alcuni semplici enigmi con dei cubi colorati, in un ambiente molto Tronesque. Gli enigmi non vi porteranno via più di due minuti per essere risolti ma spezzano bene il ritmo del vostro vagare.

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La tecnologia a bordo della stazione ricorda quella di Star Wars. E di Austin Power.

Perché no?

Titan Station presenta alcune problematiche che purtroppo non lo fanno brillare come vorremmo.

Rimanendo sull’impianto ludico, è difficile non citare l’estrema limitatezza di tutta l’offerta, che si regge in piedi grazie al solo plot narrativo. C’è poco da fare a parte interagire con alcuni oggetti per scoprire le password dei terminali, risolvere gli enigmi coi cubi e rispondere ai dialoghi a scelta multipla (che non portano a nessuna variazione degli avvenimenti). Il prepotente backtracking poi potrebbe indispettire qualcuno, nonostante comunque sia una gioia per gli occhi girare per i corridoi della stazione.

Altre piccole sbavature è possibile ritrovarle nel doppiaggio, non sempre ben recitato, ma per fortuna sono pochi i momenti che stridono. C’è però il finale, tra questi momenti, che a nostro avviso è risultato un pò anticlimatico sia nella recitazione che nel mera scrittura, a fronte del brillante incidere che aveva sapientemente montato la nostra sete di risposte alle vicende di David Miller. Un peccato, perché invece di esplodere, Titan Station implode un pò nel cercare di abbracciare tematiche forse un pò troppo ambiziose. In bocca ci è rimasto comunque un buon sapore, ed è quello che conta, alla fine.

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Gli enigmi del Cyberspazio invece ricordano Tron.

Commento Finale

Quotando uno scambio di parole in Titan Station, “Non conta se è reale o meno, conta l’esperienza”. La nostra esperienza con Titan Station è stata più che positiva, e poco importa se la natura di progetto indie sviluppato da una singola persona sia ben visibile dalle limitazioni ludico/tecniche, o dalla superficialità estetica dei menù, o dal finale un pò anticlimatico. Tutti questi difetti devono essere benzina per Joakim Larsen, perché siamo genuinamente interessati al suo prossimo progetto. Se siete amanti dei walking simulator e delle ambientazioni retro futuristiche avete la nostra benedizione per dare un’onesta possibilità a Titan Station, magari a prezzo di sconto.

7.2

Titan Station


Quotando uno scambio di parole in Titan Station, "Non conta se è reale o meno, conta l'esperienza". La nostra esperienza con Titan Station è stata più che positiva, e poco importa se la natura di progetto indie sviluppato da una singola persona sia ben visibile da alcune limitazioni ludico/tecniche, o dalla superficialità estetica dei menù, o dal finale un pò anticlimatico. Tutti questi difetti devono essere benzina per Joakim Larsen, perchè siamo genuinamente interessati al suo prossimo progetto. Se siete amanti dei walking simulator e delle ambientazioni retro futuristiche avete la nostra benedizione per dare un'onesta chance a Titan Station, magari a prezzo di sconto.

PRO

Impatto visivo potente | Bell' intreccio narrativo che si svela con un buon ritmo | Come in Firewatch, svilupperete attaccamento al vostro walkie-talkie | Dura il giusto

CONTRO

Finale anticlimatico | Il backtracking è un pò troppo accentuato | Qualche basso nella recitazione | Se non vi piace il genere lo odierete
Silvio "Mr. Jim Oak" Salza
Silvio "Mr. Jim Oak" Salza
Sono un ultra trentenne che ha sempre sofferto della "Sindrome della Belle Epoque": adoro le auto d'epoca, il Jazz, i vinili, i pianobar giapponesi, le locandine al cinema, le vecchie barche a vela ed i videogiochi vintage. Passo il mio tempo diviso tra il mare aperto e il microscopico attico in cui vivo, dilettandomi nella degustazione di Pixel Art, Thelonious Monk e Linguine alle Acciughe. Credo in un unico Dio, Hideo Kojima.

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