Il genere dei Twin Stick Shooter, sparatutto in cui si muove il protagonista con una levetta e si spara con l’altra, ammette molte particolari declinazioni. E quasi tutte si sposano bene con l’impostazione “Roguelite”, ovvero proporre un gioco in cui se si muore si riparte da zero, ma conservando significativi avanzamenti e migliorie conseguiti nella partita precedente. Underzone ci propone questa formula con una veste grafica elegante e con un tema che potremmo considerare quello di una sorta di “Choplifter Sci-Fi”. Ma, perché no, anche un po’ “Resogun sotto terra”.
Versione testata: PC
Il sottosuolo di Londra nel ventiduesimo secolo
La prima cosa che colpisce di Underzone è che, per essere un prodotto indie, si presenta estremamente curato nell’estetica “di contorno”. La presentazione ci introduce ad un interessante contesto fantascientifico, in cui l’Umanità si sta espandendo nel sistema solare. Questo avviene grazie alla confederazione nota come Solar Reach, che ha unito le nazioni dopo il crollo degli Stati Uniti nel ventunesimo secolo, coordinando tutti gli sforzi internazionali per la “corsa alle stelle”. Solar Reach si occupa anche di operazioni minerarie nello spazio e di gestire i rapporti con gli extraterrestri, la cui presenza nel sistema solare è accertata, anche se nascosta ai più.
Nel 2123 un disastro nucleare colpisce Londra, provocando venti milioni di vittime e obbligando i superstiti a rifugiarsi sotto terra, in una complessa struttura sotterranea chiamata Underzone. Mentre il sistema solare trema, sull’orlo di un potenziale conflitto, la Solar Reach indice un’operazione di soccorso per tirare fuori i superstiti del disastro londinese dal sottosuolo e, per farlo, utilizza un ritrovato tecnologico d’avanguardia: un mech noto come “talpa”. Comandato da remoto, il mech-talpa è in grado di scavare e perforare le pareti con una trivella, ma può anche ospitare al suo interno fino a cinque passeggeri ed essere dotato di scudi e armamenti per contrastare varie forme di minaccia armata.
Nei panni del pilota che comanda il mech da remoto, il giocatore è chiamato ad esplorare cunicoli e ambienti sotterranei di un “Underzone” generato proceduralmente ad ogni partita, combattendo contro droni di origine sconosciuta che infestano le camere, recuperando i superstiti e portandoli in salvo verso le zone di estrazione. Nel contempo, dovrà anche raccogliere e mettere insieme informazioni sulle origini del disastro e sul suo potenziale collegamento ad un’operazione mineraria segreta che sta avendo luogo nello spazio.
Missione di soccorso nell’Underzone
Il gameplay di Underzone punta ad uno schema semplice ed efficace, intuitivo ma accattivante, cercando di ispirarsi a quello che solitamente avviene nei titoli di Housemarque. Nel farlo, come vedremo, il gioco di Sixth Realm centra l’obiettivo solo in parte, anche se quello che ne viene fuori è comunque un’esperienza abbastanza gradevole.
Bisogna anzitutto dire che il gioco è privo di un vero e proprio tutorial e il giocatore si ritrova un po’ abbandonato a se stesso nella comprensione delle dinamiche e dei vari aspetti che risultano essenziali per la conduzione di una “run”. Ad esempio, anche se i comandi vengono sinteticamente spiegati all’inizio, l’uso della mappa e il modo in cui ci si sposta all’interno di essa non vengono chiariti esplicitamente ed è necessario impararli su campo, a prezzo di tentativi ed errori che possono risultare un po’ frustranti.
Il gioco si articola in una successione di stanze (la mappa è generata proceduralmente e cambia di partita in partita, anche se alcuni elementi sono fissi), alle quali accedere scavando e aprendo brecce nelle pareti. All’interno delle camere ci sono dei nemici da sconfiggere, superstiti da trovare o anche semplicemente rottami e informazioni da raccogliere. I rottami, recuperabili anche uccidendo i nemici, sono una sorta di valuta che può essere spesa per acquistare, in apposite officine (workshop) munizioni per le armi, kit di riparazione e altri potenziamenti di cui siano stati sbloccati i progetti. Raccogliendo i superstiti e portandoli in salvo, si guadagneranno invece dei punti esperienza, che possono essere spesi a fine partita per potenziare alcune caratteristiche del mech (come la solidità dello scafo o l’armatura) in vista della partita successiva. Anche il meccanismo di progressione, pur essendo semplice, non viene correttamente spiegato ed è necessario impararlo per strada.
Battaglia nell’Underzone
Il combattimento con i nemici avviene con le dinamiche di un twin stick shooter: il mech può muoversi in orizzontale e verticale, sparare ai nemici con diversi tipi di armi (più o meno efficaci) e ripararsi con uno scudo dai loro attacchi. L’integrità dello scafo può essere riparata con dei kit acquistati presso le officine in cambio di rottami, ma il processo di riparazione impiega qualche secondo, durante il quale si è vulnerabili agli attacchi dei nemici.
I droni avversari si presentano in differenti varietà, dai semplici “kamikaze” che cercano di esplodere nelle vicinanze del mech, arrecandogli danno, a quelli capaci di lanciare missili o di “convocare” altri droni. Al termine di ciascuna zona e all’inizio della successiva è possibile che vengano introdotte nuove varietà di droni o che quelle preesistenti si “evolvano”, diventando più forti, resistenti o aggressive.
Quello che compromette un po’ la godibilità dell’esperienza è la relativa “lentezza” con cui si procede nelle prime zone, la vastità degli ambienti e la sostanziale ripetitività del tutto anche se la mappa è sempre diversa e l’impatto degli avanzamenti da una partita all’altra è tangibile. La durata di una run può variare da qualche decina di minuti a diverse ore e, a differenza di quanto accade in altri giochi simili, non è possibile interromperla a metà senza perdere i progressi acquisiti.
Tecnologia più o meno d’avanguardia
Da un punto di vista grafico il gioco è abbastanza curato. L’interfaccia è elegante, le sequenze di intermezzo sono ben realizzate e anche gli ambienti che compongono l’Underzone e il design dei droni nemici non lasciano affatto a desiderare per un prodotto d’esordio. Quello che maggiormente colpisce, dato il tipo di produzione, è la profondità della “lore”, dell’ambientazione, la rilevanza delle informazioni da scoprire mentre si va in giro per il sottosuolo a prelevare i superstiti.
Che siano dati storici volti a ragguagliare sull’evoluzione delle cose nel ventunesimo secolo e sugli eventi che hanno portato alla situazione attuale, oppure veri e propri indizi che aiutino a scoprire l’origine del disastro e la provenienza dei nemici che popolano l’Underzone, tutte le informazioni sono ordinatamente raccolte in un database che può essere liberamente consultato in qualunque momento. La robotica voce interna al mech reciterà i corposi stralci di informazione riportati nelle varie sezioni del database, che oltre alla storia e all’ambientazione, descrivono anche dettagli sulle tecnologie e gli armamenti impiegati. Il resto del doppiaggio e del sonoro, purtroppo, appare piuttosto limitato, con frasi dei superstiti ai limiti del fastidioso (dato che si ripetono spessissimo e sono tutte uguali), rumori della battaglia adeguati ma non eccezionalmente ispirati e una colonna sonora nella media, adatta allo scopo ma non particolarmente incisiva.
Malgrado questo, è palese la cura posta nel fornire all’ “idea centrale” del gioco una veste estetica interessante, sia dal punto di vista grafico che per quanto attiene alla storia di contorno. Il motore di gioco è fluido e anche se ogni tanto qualche bug visivo corrompe le sequenze filmate (ad esempio non facendo apparire i superstiti che salgono e scendono dal mech) e i dettagli dello scenario non appaiono poi così esaltanti quando inquadrati in modo “ravvicinato”, si può dire che Underzone supera l’esame tecnico con più di una semplice sufficienza. Una cosa che non capita tutti i giorni, in ambiente indie; e meno ancora nei titoli che costituiscono il primo lavoro di uno studio.
Commento Finale
Underzone è un onesto roguelite che cerca di ispirarsi alle fastose produzioni di Housemarque. Pur riuscendoci solo in parte, non manca di proporre una struttura di gioco solida e divertente, con un impatto estetico decisamente curato (anche se non impeccabile), specie per una produzione di esordio. La storia e la “lore” alle spalle del contesto puramente ludico sono abbastanza intriganti da generare interesse verso l’esplorazione progressiva e motivare il giocatore ad andare sempre più avanti.
Sfortunatamente anche l’anima “roguelite” e la generazione procedurale dei livelli non salvano il gioco da una ripetitivtà di fondo, che si manifesta prevalentemente sulle medie e lunghe distanze, laddove nel brevissimo termine una quasi totale assenza di un tutorial non aiuta il giocatore ad ambientarsi correttamente. Bisogna dire, comunque, che il gioco sa ricompensare la perseveranza di chi si impegna a comprenderlo e a superare la monotonia dei livelli con un gameplay relativamente accattivante e una progressiva e appagante rivelazione dei misteri della vicenda.