Recensione Master Detective Archives: RAIN CODE

Master Detective Archives: RAIN CODE è un progetto che ci ha intrigato fin dal momento dell’annuncio, grazie al palmares sfoggiato dai suoi sviluppatori. Too Kyo Games è infatti una software house nata da una costola di Spike Chunsoft, composta dai principali responsabili della serie Danganronpa. Per chi non la conoscesse, è un peculiare mix tra avventura investigativa, visual novel e dating simulator contraddistinto da una personalità estremamente forte. Un scrittura imprevedibile, una colonna sonora estrosa ed un character design ispirato sono stati il biglietto da visita, rispettivamente, di Kazutaka Kodaka, Masafumi Takada e Rui Komatsuzaki. Un’opera di nicchia dall’alto valore capace di ritagliarsi uno spazio nel cuore dei giocatori fin dagli esordi sulla lontana PSP. Inevitabile dunque interessarsi al vero e proprio successore spirituale di una serie che, con i suoi cinque milioni di copie vendute nel mondo, ancora oggi rappresenta uno dei maggiori successi della compagnia giapponese.

Sviluppato col supporto della stessa Spike Chunsoft, RAIN CODE eredita l’impianto generale da avventura investigativa nonché le migliori caratteristiche della serie Danganronpa, tuttavia in un nuovo contesto narrativo tendenzialmente meno brutale, ma non per questo meno affascinante.

Master Detective Archives: RAIN CODE è disponibile dal 30 Giugno in esclusiva per Nintendo Switch (potete trovarlo in sconto su Amazon a questo link).

Il primo incontro con Shinigami sarà spiazzante… ed ancor di più, il secondo.

Versione testata: Nintendo Switch


Yuma, super detective col bucket

RAIN CODE inizia in maniera insolita. Il protagonista giace infatti, privo di conoscenza, all’interno di un magazzino oggetti smarriti di una stazione ferroviaria. Al suo risveglio, una sconcertante verità lo travolge: non ha idea della propria identità e di cosa stia facendo in quel posto. Curiosando tra le tasche trova un documento, intestato col nome di Yuma Kokohead, che gli rivela di appartenere all’Organizzazione Mondiale dei Detective e che è atteso sul treno diretto a Kanai Ward. Consapevole di non poter far altro che assecondare i pochi indizi a sua disposizione per risolvere il proprio mistero, si precipita sul treno. Sarà solo l’inizio di un susseguirsi di incredibili rivelazioni… ed omicidi efferati da risolvere.

Yuma è piuttosto spaesato ma… quale sarà la sua storia e perché soffre di amnesia?

Yuma si ritroverà dunque a risolvere i misteri della città governata dalla multinazionale Amaterasu Corporation, che sembra nascondere più di qualche scheletro dentro l’armadio. Quello che colpisce del titolo è, fin dalle prime fasi, l’eccellente lavoro svolto da Masafumi Takada e Rui Komatsuzaki. La colonna sonora del primo, frizzante ed estrosa, si coniuga perfettamente con la direzione artistica del secondo, capace di tratteggiare con maestria l’intera opera (con chiari echi autoriali dei capolavori ATLUS come Persona). Se i personaggi rievocano il medesimo tratto autoriale reso famoso da Danganronpa, il setting palesa un’ispirazione che fonde il noir con il cyberpunk tra atmosfere di realtà cittadine asiatiche ed occidentali.

Impossibile non subire il fascino estetico di RAIN CODE (salvo avere una naturale repulsione verso il tratto artistico orientale), anche al netto di un comparto tecnico non sempre impeccabile. L’Unreal Engine 4 mostra, in questo senso (complice anche una non eccelsa ottimizzazione sull’hardware di Nintendo Switch), qualche limite: un’immagine a tratti un po’ troppo blurrata, texture in bassa definizione, qualche rallentamento nelle situazioni più articolate. Nulla di drammatico, ma la console della casa di Kyoto ci ha abituato, negli anni, a piccoli miracoli: si poteva dunque fare qualcosa di più.

Kanai Ward è un posto al contempo noir e cyberpunk.

Parole, parole, parole

Una cosa deve essere chiara, a scanso di equivoci: RAIN CODE è un titolo estremamente verboso e piuttosto prolisso. Non in senso negativo, si badi bene. Tuttavia è un dato di fatto inoppugnabile, figlio di una paternità che vuole far coesistere l’avventura investigativa alla visual novel, senza disdegnare parentesi più estroverse. RAIN CODE, per sua stessa struttura ludica, può infatti essere paragonato ad una articolata avventura grafica scandita in sequenze piuttosto metodiche.

All’inizio di ciascun capitolo, Yuma si troverà a vagare più o meno liberamente per aree specifiche di Kanai Ward (il titolo non è un free roaming, attenzione), per approfondire la storia principale attraverso le relazioni con i personaggi oppure scavare nella lore di una società in difficoltà (tristemente sempre più familiare). In questo senso, il giovane detective potrà infatti affrontare missioni secondarie che, se dal lato narrativo son piacevoli per spezzare il ritmo, dall’altro prestano il fianco ad una eccessiva linearità e povertà ludica. Anche il recupero di particolari collezionabili (a cui è affidato il compito di arricchire ulteriormente la trama del titolo), seppur piacevoli da trovare, non costituiscono una grande novità. Insomma, la parte più “aperta” di RAIN CODE non è altro che un piacevole divertissement a latere, non privo di smagliature. Prima o poi, tuttavia, il buon Yuma incapperà in un nuovo caso da risolvere. E lì la situazione cambierà radicalmente.

Un omicidio ed una camera chiusa dall’interno. La soluzione c’è.

Yuma dovrà quindi ispezionare le scene del crimine, raccogliendo indizi utili e ricostruendo man mano la verità parlando anche con potenziali sospetti e testimoni. Nel corso della sua avventura a Kanai Ward, il giovane si troverà inoltre ad intrecciare relazioni con i suoi colleghi Master Detective per smascherare i veri responsabili degli omicidi. Il loro apporto non si limiterà al mero scambio di opinioni professionali, bensì alla possibilità di utilizzare le capacità speciali innate di ciascuno: i cosiddetti Forte. Si tratta di abilità che trascendono la realtà per posizionarsi nell’ambito di veri e propri super poteri investigativi. Halara Nightmare, ad esempio, potrà farvi vedere la scena del crimine al momento del ritrovamento del primo testimone. Desuhiko Thunderbolt, invece, sarà capace di effettuare incredibili travestimenti. E così via.

Nel corso delle indagini vi ritroverete dunque a sfruttare le peculiari caratteristiche dei vostri colleghi per raccogliere indizi nascosti o trovare una svolta nel caso. Ma sono i casi stessi ad essere uno degli highlight della produzione. Non che ci fossero dubbi, vista la capacità dimostrata da Kazutaka Kodaka negli intrecci di Danganronpa, ma RAIN CODE offre una selezione di casi affascinanti ed intricati che spesso omaggiano l’immaginario della grande tradizione giallistica cara ad Arthur Conan Doyle ed Agatha Christie. Il prologo, ad esempio, è un vivace omaggio ad Assassinio sull’Orient Express, mentre il primo vero caso si sofferma sul topos dei misteri della camera chiusa. Casi dunque affascinanti che si intrecciano, con risvolti sorprendenti, con i misteri più nascosti di Kanai Ward e della Amaterasu Corporation. Kodaka dimostra dunque di essere una delle penne più interessanti del panorama giapponese. E, abbastanza sorprendentemente rispetto a Danganronpa, Spike Chunsoft ha deciso di adattare completamente i testi in italiano: una traduzione di ottimo livello, che sicuramente permetterà al titolo di poter essere maggiormente apprezzato dal nostro pubblico.

Desuhiko è un maestro del travestimento.

Le vie della Shinigami

Abbiamo sorvolato su un piccolissimo dettaglio della storia, quasi trascurabile. A quanto pare, prima di perdere la memoria, Yuma ha stretto un contratto con una dea della morte barattando i propri ricordi per i servizi eterni di un essere ultraterreno. Una inezia, insomma.

Oltre all’ovvio shock che tale notizia provoca nel giovane ragazzo, apprenderà ben presto di dover condividere la sua vita investigativa con Shinigami. La presenza si manifesterà (rigorosamente solo ai suoi occhi) come una fantasmina porpora dai modi dirompenti, al tempo stesso saccente e servizievole, prepotente e maliziosa. Una tortura per il povero Yuma, fonte di battibecchi e siparietti di dark humor… ma con un risvolto pratico piuttosto singolare. Shinigami permetterà infatti ad Yuma di entrare all’interno dei metasifici Labirinti dei Misteri. Non senza aver prima rivelato la sua vera forma… molto meno eterea.

All’interno dei Labirinti, Shinigami assume l’aspetto di un’avvenente ragazza armata di falce.

I Labirinti non sono altro che una dimensione metafisica in cui i misteri legati ad un omicidio assumono una specifica materialità tangibile. Quando le indagini di Yuma saranno concluse e gli indizi in suo possesso, sarà dunque possibile accedere a questa realtà parallela per smascherare il colpevole.

Shinigami ci guiderà dunque attraverso sezioni variegate, a metà tra enigmi ambientali e mini giochi (anche ammiccanti, ma sempre pacati), sezioni QTE ed inedite battaglie contro le manifestazioni di coloro che si oppongono alla verità. Una dimensione piuttosto pericolosa, in cui Yuma potrà difendersi con una lama speciale e le Chiavi Soluzione, manifestazione metafisica degli indizi raccolti nel mondo reale. Esse saranno fondamentali per superare gli ostacoli più imponenti e per controbattere gli avversari in tenzoni logiche (che ci hanno ricordato Phoenix Wright) al fine di raggiungere la verità nuda e cruda… qualsiasi essa sia. Sbagliare troppe volte all’interno dei Labirinti (sia nella scelta delle Chiavi giuste, sia nel corretto percorso logico da seguire) comporterà un rischio per l’incolumità di Yuma, che perderà progressivamente salute ed otterrà un magro punteggio alla fine del capitolo. Segnaliamo, al riguardo, che non esiste mai un reale pericolo di game over: RAIN CODE è infatti estremamente permissivo ed anche le abilità potenziabili di Yuma non fanno che accrescere la morbidezza della curva di difficoltà. Una scelta forse inevitabile per non rendere troppo tediosi alcuni passaggi, ma che poteva essere gestito diversamente per trasmettere una maggiore tensione ai giocatori.

Commento finale

Master Detective Archives: RAIN CODE realizza pienamente quanto auspicato dai propri creatori, le stesse geniali (e un po’ contorte) menti dietro la saga di Danganronpa. Nel raccogliere tale eredità, l’avventura di Yuma e Shinigami è un avvincente racconto giallo, ricco di fascino e spunti di riflessione, coadiuvato dall’eccentricità di alcune (parecchie) sue idee. Il risultato finale è una miscela affascinante e peculiare che attinge tanto da Phoenix Wright quanto da Persona, pur preservando un’identità ben specifica anche al netto di qualche incertezza tecnica ed una verbosità a tratti significativa. Un raro e fulgido esempio della creatività e dell’estro squisitamente giapponesi: probabilmente non un prodotto per tutti, ma inestimabile proprio per la sua fiera unicità.

8.4

Master Detective Archives: RAIN CODE


Master Detective Archives: RAIN CODE realizza pienamente quanto auspicato dai propri creatori, le stesse geniali (e un po' contorte) menti dietro la saga di Danganronpa. Nel raccogliere tale eredità, l'avventura di Yuma e Shinigami è un avvincente racconto giallo, ricco di fascino e spunti di riflessione, coadiuvato dall'eccentricità di alcune (parecchie) sue idee. Il risultato finale è una miscela affascinante e peculiare che attinge tanto da Phoenix Wright quanto da Persona, pur preservando un'identità ben specifica anche al netto di qualche incertezza tecnica ed una verbosità a tratti significativa. Un raro e fulgido esempio della creatività e dell'estro squisitamente giapponesi: probabilmente non un prodotto per tutti, ma inestimabile proprio per la sua fiera unicità.

PRO

Scrittura attenta, gratificante ed affascinante | La traduzione in italiano è un valore aggiunto considerevole, visto il genere | Presentazione ricca di personalità, dalla direzione artistica alle musiche |

CONTRO

Perlopiù si legge e si usa la logica, non vi aspettate molto altro | A livello tecnico il titolo ha alcune incertezze | Le sidequest potevano dare di più |

4News.it è una fonte di OpenCritic.com, il più grande aggregatore internazionale di review dedicato al mondo dei videogames.

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