Recensione Medal of Honor


Missione in Afghanistan

La scena di introduzione anticipa i fatti che succederanno molto più avanti e subito dopo, riportando l’orologio a 6 mesi prima, il giocatore vive quello che è successo nel 2002 a Rabbit, un componente del Tier 1, un gruppo scelto di guerrieri delle Special Operations degli Stati Uniti, incaricati solo di missioni ad alto rischio. La cosa che colpisce subito è il senso di immedesimazione che percepisce il giocatore grazie ad una narrazione di buona fattura unita sia ai dialoghi maturi e d’effetto degli altri componenti che dall’aspetto visivo: non è presente infatti alcun dato fisso su schermo; l’HUD è disattivato e le informazioni relative alla posizione degli altri componenti, alle armi e al loro numero di munizioni compaiono per pochi secondi lasciando spazio totale ad uno sparatutto in soggettiva decisamente accattivante.

MOH2010_pic002_150_84_87Ogni missione non è dettagliata a priori. Le informazioni di base sono percepite da scene di intermezzo ma quelle importanti e basilari sono dettate via radio durante proprio lo svolgimento delle stesse. Anche questo aspetto va ad impreziosire positivamente l’esperienza in singolo giocatore. Portare a termine la prima missione è un ottimo campo di addestramento per prendere familiartià con i comandi ma soprattutto, come citato prima, con il sistema di acquisizione delle informazioni. Essere un membro di un gruppo di guerrieri temibili e professionali come il Tier 1 è reso evidente dalla presenza, quasi invadente della IA alleata. A differenza di altri titoli dove ci si sente spesso abbandonati dagli altri componenti del gruppo, qui potrebbe capitare addirittura di sentirsi rubata la scena. Gli altri membri del gruppo speciale non restano certo inermi sotto il fuoco nemico, ma sanno rispondere a dovere e sta quindi al giocatore andarsi a cercare la preda.

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Per smorzare queste fasi di scontro da corpo speciale ci sono altre nelle quali il giocatore impersona Dante Adams, un Army Ranger intento a ripulire una ampia zona infestata da nemici. Sotto una vera pioggia di proiettili, il giocatore deve fare la sua parte riuscendo a comprendere gli ordini impartitigli in mezzo ad un conflitto che ricorda a memoria lo sbarco degli Alleati sulle coste della Normandia durante la seconda guerra mondiale.

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La varietà delle ambientazioni che si incontrano già attraverso questi primi scontri aggiunge una buona dose di divertimento. Si passa da fasi come le infiltrazioni silenziose a raid con artiglieria pesante. Addirittura si deve imparare ad usare un congegno di puntamento a distanza per richiamare il bombardamento da parte di truppe alleate in volo. Alla fine il giocatore sembra respirare un piccolo alito di quello  che ogni giorno un soldato prova realmente mentre mette la propria vita a repentaglio nel tentativo di sconfiggere un avversario sul suo territorio. Purtroppo, seppur con tutti questi pregi, la campagna in singolo giocatore soffre di due problemi non di poco conto. Il primo è la durata di circa 4 ore al livello medio di difficoltà, che può arrivare a circa il doppio a Veterano. Il secondo è dovuto al fatto che in questo breve lasso di tempo l’avventura non tocca mai apici memorabili, non riesce ad essere spettacolare come alcune produzioni cinematografiche di Michael Bay più volte richiamate dai tanti FPS in giro di questi tempi, ne ad impensierire la bestia sacra dell’FPS di guerra moderno Call of duty. Resta comunque una storia avvincente che non passerà di certo inosservata come dimostrano anche gli ottimi numeri fatti incassare dal titolo in prevendita e nei primi giorni di commercializzazione.

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