Recensione Still Wakes the Deep: Siren’s Rest, l’espansione che sfiora l’orrore, ma non lo cattura

Still Wakes the Deep è un videogioco horror psicologico sviluppato da The Chinese Room, noto per titoli come Dear Esther e Amnesia: A Machine for Pigs e pubblicato da Secret Mode il 18 giugno 2024 per Playstation 5, Microsoft Windows e Xbox Series X/S. Il titolo può essere descritto come “La cosa ambientato su una piattaforma petrolifera” (qui la nostra recensione di The Thing: Remastered). Caratterizzato da un’atmosfera inquietante e lovecraftiana- accompagnata da un ritmo piuttosto frenetico – si ispira a opere come Who Goes There? e film come Annihilation Midsommar e vede il giocatore “esplorare” una piattaforma petrolifera offshore degli anni ’70 assediata da forze soprannaturali nel mezzo di una tempesta devastante. Ora – a distanza di un anno – possiamo immergerci di nuovo e più a fondo che mai con l’episodio spin-off del DLC del gioco. Siren’s Rest mira a catturare l’inquietante senso di sventura imminente dell’originale, questa volta con un elemento aggiuntivo di claustrofobia subacquea, ma finisce per rappresentare una storia un po’ scarna (complice anche il fatto che Still Wakes The Deep è un’esperienza autoconclusiva) e, per dirla senza mezzi termini, assolutamente saltabile. Ma andiamo con ordine!


Versione testata: PlayStation 5


Un tragedia che non è stata dimenticata!

Anno 1986, sono trascorsi più di dieci anni dagli eventi della Beira D, e il tragico destino della piattaforma e del suo equipaggio continua a perseguitare le famiglie e i cari di coloro che persero la vita. Questa volta i giocatori assumono il ruolo di Mhairi, membro di un team di immersione sul fondo del Mare del Nord, per trovare la scricchiolante catacomba d’acciaio seppellita nelle buie profondità del Mare del Nord – insieme al suo collega Rob – ed esplorarne le profondità per documentare una volta per tutte il motivo della sua “scomparsa” così improvvisa e cosa abbia lasciato dietro di sé. Cosa successe davvero quel giorno di dicembre del 1975, quando le comunicazioni con la terraferma si interruppero e la piattaforma petrolifera affondò senza lasciare più alcuna traccia? Quali risposte possono essere date alle famiglie che, a dieci anni di distanza, sono ancora attanagliate dal dolore?

Sebbene non ci venga detto molto all’inizio, diventa subito evidente dai commenti di Mhairi e del suo team che c’è un secondo e personale fine che la spinge a partecipare a questa immersione, un legame più profondo con gli eventi accaduti di quanto inizialmente lasci trasparire. Non ci vuole molto perché il velo di mistero su questo particolare segreto venga sollevato (è figlia di un operaio della Beira D, purtroppo disperso nella tragedia). L’intero episodio dura tra le due e le tre ore, suddiviso in tre capitoli e abbiamo trovato il tessuto connettivo che li lega insieme privo di qualsivoglia impatto drammatico. Il gioco base si concentra così tanto sulla protagonista Caz che a malapena si riescono a ricordare i personaggi e i loro nomi. La maggior parte dei membri dell’equipaggio del Beira D ha un ruolo assolutamente marginale. Ciò ha portato – inevitabilmente – ad uno scarso attaccamento emotivo verso chiunque si trovasse al di fuori della cerchia ristretta di Caz; quindi un gioco su una misteriosa nuova arrivata che in qualche modo è collegata a uno dei membri di quel che fu l’equipaggio della Beira D o comunque alle vicende precedenti ha faticato – e non poco – a catturare la nostra attenzione. C’è una scena culminante di spessore, che riesce parzialmente a capitalizzare quanto vistosi nella tragedia accaduta all’equipaggio del Beira, ma nulla che – emotivamente parlando – ci abbia colpito così profondamente.

Giochi come Soma (che abbiamo recensito nel 2017 su Xbox One) hanno catturato con straordinario successo l’equilibrio tra la tensione del gameplay e una narrazione immersiva in un’ambientazione subacquea, ma ancora una volta, The Chinese Room ha spostato l’ago della bilancia troppo da una parte, concentrandosi più sulla storia che su tutto il resto. La narrazione e le interpretazioni sono senza dubbio i punti di forza di Siren’s Rest. Pur trattandosi di scoprire la verità e di trovare una conclusione, è anche un racconto sulla perdita e su quanto le persone siano disposte a sacrificarsi per i propri cari, e la scrittura e le interpretazioni fanno un lavoro notevole nel farvi sentire coinvolti nella discesa di Mhairi. Ma non si tratta solo della storia e del passato di Mhairi: esplorando i rottami e trovando corpi, scoprirà di più su di loro e sul loro passato. Li fa percepire come qualcosa di più di semplici corpi senza vita e persone che sono esistite in questo mondo. Tuttavia, sebbene la narrazione sia ben ritmata, molti, me compreso, potrebbero sentirsi un po’ delusi dal finale insoddisfacente e che quasi stravolge quanto accaduto nell’originale.

In fondo al mar …

Sebbene Siren’s Rest possa non essere all’altezza delle aspettative come estensione narrativa diretta di Still Wakes the Deep, il DLC funziona abbastanza bene come episodio a sé stante. Offre una buona dose di atmosfera malinconica e persino un po’ di tensione (fra blandi spaventi, rumori sinistri e piccole minacce) mentre Mhairi affronta le profondità schiaccianti del Mare del Nord per esplorare quella che è essenzialmente una struttura fantasma, che sappiamo già essere infestata da diversi orrori raccapriccianti. Mentre scende nell’alieno e inospitale ambiente sottomarino, si ritrova completamente in balia di un ambiente ostile che potrebbe ucciderla in svariati modi, da improvvise frane che si staccano e crollano nella struttura in via di corrosione, all’essere sepolta sotto tonnellate di macerie o intrappolata all’interno senza alcuna via d’uscita, per non parlare di tutte le creature che potrebbero o meno essere ancora in giro. Ma Mhairi non ne sa nulla… o almeno non ancora. Per quanto la riguarda, è in immersione per documentare (con prove fotografiche) la posizione dei corpi e recuperare oggetti di varia natura dal relitto e restituirli alle famiglie delle vittime. Dato che deve viaggiare leggera, ha solo un piede di porco per sfondare porte o armadietti bloccati, più una piccola fiamma ossidrica per scrostare la ruggine da grate o portelli metallici ostinati e – naturalmente – una macchina fotografica.

Per la maggior parte del gioco, ci ritroviamo a nuotare attraverso corridoi e stanze sommerse dopo essere entrati nella struttura. Ma che Mhairi sia sott’acqua o meno, la minaccia che qualcosa di esterno la accompagni è sempre presente nella sua mente e in quella del giocatore. Tuttavia, ancora una volta, la tensione non si trasforma mai in paura: non abbiamo mai provato un vero senso di paura per la vita di Mhairi, e l’unica sequenza principale in cui si può morire è facile da affrontare in sicurezza. Sebbene si tratti essenzialmente di un gameplay simile all’originale, in cui ci facevamo strada a piedi attraverso gli stessi luoghi, il fatto che ora avvenga sott’acqua cambia ovviamente il modo in cui ci muoviamo. Proprio come nei giochi ambientati nello spazio a gravità zero, si tratta semplicemente di puntare la telecamera in prima persona dove si desidera andare e premere un pulsante per spingersi in quella direzione. Certo, il raggio di movimento è maggiore, ma la naturale resistenza dell’acqua rende il processo più lento e faticoso, con scene d’azione frenetiche in gran parte assenti, sebbene ci siano alcuni appigli che Mhairi può usare per spingersi in avanti rapidamente in caso di necessità e alternando le fasi di immersione con brevi sezioni a piedi in camere di decompressione o stanze inspiegabilmente asciutte. Funziona abbastanza bene, anche se un’opzione per girare la telecamera intorno a Mhairi avrebbe aiutato ad affrontare meglio le angolazioni spesso innaturali della struttura.

C’è anche un ultimo, vitale pezzo dell’attrezzatura subacquea di Mhairi: l’ombelicale collegato alla nostra tuta e che si collega alla campana subacquea. Non solo è (presumibilmente) necessario per fornire ossigeno alla tuta stessa, ma anche – e cosa più cruciale per l’atmosfera del gioco – la mantiene in costante contatto radio con la sua squadra di supporto. Questo sta a significare che anche nei recessi più oscuri di questa potenziale tomba acquatica, si ha la certezza di non essere completamente soli nelle profondità oceaniche e offre a Mhairi qualcuno con cui confrontarsi durante le conversazioni che si svolgono automaticamente. L’ombelicale è ancora più evidente quando non c’è, dato che Mhairi è occasionalmente costretta a disconnettersi. (Non vi sveleremo il perché ma viene più volte abbandonato per ragioni per lo più narrative). Essere tagliati fuori da questa vera e propria ancora di salvezza e dalle ultime vestigia di compagnia umana, per quanto distante, ha un impatto immenso sulla psiche, aumentando la tensione dell’isolamento e costringendo a gestire da soli ciò che potrebbe nascondersi nelle profondità.

Purtroppo, l’ombelicale ci ha anche causato qualche momento di importante frustrazione. Innanzitutto, l’idea di un ombelicale incredibilmente lungo che si estende sul fondale marino e si attorciglia attraverso i passaggi della Beira D è poco sensata, tanto che c’è persino un intero scambio di dialoghi che solleva proprio questa “criticità”. Peggio ancora sono i problemi tecnici che derivano da questo “filo galleggiante lungo chilometri“, che ha la tendenza a tremare nello spazio o a penetrare attraverso i muri nel tentativo di tracciare un percorso per tornare indietro. Altresì, è tendente a glitcharsi, sparire improvvisamente (talvolta costringendo a riavviare il gioco), il che ha reso estremamente più caotica e meno immersiva l’esplorazione rispetto a quanto sarebbe dovuta essere.

Detto questo, la morte – qualora dovesse sopraggiungere – non è poi così fastidiosa: si ricomincia semplicemente da un checkpoint recente, con un ritardo di un minuto o due nella peggiore delle ipotesi. Ma buona parte di questi momenti di vita o di morte sembrano implementati in modo non propriamente realistico o comunque in grado di coinvolgere. Probabilmente perché il gameplay originale, basato sulla corsa e la fuga, è un po’ più complicato da riprodurre quando viene traslato in un ambiente acquatico. L’unico modo per muoversi rapidamente è passare – premendo un pulsante al momento giusto – attraverso degli appigli (menzionati in precedenza), e mancarne uno può facilmente portare Mhairi a morire in acqua. Verso la fine dell’episodio, c’è persino un nemico che pattuglia la zona: qualcosa è sopravvissuto all’affondamento della Beira e ha aspettato pazientemente che qualcuno ritornasse nelle profondità marine. Inseguirà Mhairi senza pietà e dovrà essere evitato a qualsiasi costo. In questa fase del gioco – per quanto tesa – è stato un po’ complicato capire quando la protagonista fosse effettivamente al riparo, e altrettanto difficile sapere quale direzione prendere per fuggire, il che non ci ha propriamente entusiasmati.

Grafica e tecnica

Sebbene Still Wakes the Deep non sia un capolavoro grafico, la Beira D è realizzata con cura e attenzione ai dettagli e trasmette la sensazione di essere un luogo reale: a tratti accogliente, altre volte industriale e letale. In confronto, in Siren’s Rest c’è ben poco che i vostri occhi possano ammirare. Sì, siete sott’acqua, al buio, e la vecchia piattaforma petrolifera crollata è ora arrugginita e ridotta in mille pezzi, ma questo significa anche che non c’è molto di visivamente impressionante. Sembra abbastanza realistico, ma in questo caso il realismo ha un prezzo da pagare in termini di colore e splendore. È tutto piuttosto artigianale, con in mente più l’utilità piuttosto che la bellezza. Non che dobbiate impegnarvi molto, dato che ci sono pochissimi modi per interagire con l’ambiente, a parte forzare porte e armadietti. Come l’originale, non ci sono enigmi, quindi di solito ci si limita ad affrontare e superare gli ostacoli. Fortunatamente, questo episodio mantiene un’esperienza audio eccellente e evocativa, soprattutto per quanto riguarda il cast vocale. Sebbene i personaggi siano pochi, gli attori offrono interpretazioni degne di nota, con un autentico accento gaelico scozzese. I sottotitoli – oltre al fatto che non è presente il doppiaggio in lingua italiana – sono praticamente obbligatori perché la maggior parte delle conversazioni avviene tramite trasmissioni radio a volte ovattate o con un rumore statico. La musica contribuisce a sostenere l’atmosfera inquietante (anche senza pericoli aggiuntivi, cercare cadaveri sul luogo di un disastro non è mai divertente), intensificandosi a sottolineare momenti atmosferici di pericolo o suspense. Il sound design include anche numerosi effetti che completano la scena subacquea, in particolare i numerosi rumori ambientali che ci si potrebbe aspettare in una tomba sommersa come la Beira D, anche se qui fanno lavorare a pieno ritmo la fantasia, decidendo se si tratti dello stridio naturale della struttura che si muove e si assesta o di qualche orrore lovecraftiano nelle vicinanze, in attesa di strapparci la faccia.

Commento finale

In conclusione, Siren’s Rest è un’espansione che riesce a evocare il fascino inquietante del titolo originale, ma non ne replica appieno l’intensità né l’originalità. L’atmosfera e il comparto audio restano d’eccellenza, ma vengono penalizzati da un gameplay poco rifinito e non esente da imperfezioni tecniche, ambientazioni ripetitive e un epilogo troppo vago per lasciare davvero il segno. È un ritorno sommesso alla Beira D: più contemplativo che terrificante, più nostalgico che necessario.

7.0

Still Wakes The Deep: Siren’s Rest


In conclusione, Siren’s Rest è un’espansione che riesce a evocare il fascino inquietante del titolo originale, ma non ne replica appieno l’intensità né l’originalità. L’atmosfera e il comparto audio restano d’eccellenza, ma vengono penalizzati da un gameplay poco rifinito e non esente da imperfezioni tecniche, ambientazioni ripetitive e un epilogo troppo vago per lasciare davvero il segno. È un ritorno sommesso alla Beira D: più contemplativo che terrificante, più nostalgico che necessario.

PRO

Comparto audio di prim'ordine | Ambientazione immersiva e atmosfera cupa | Narrativamente rievocativo...

CONTRO

...ma la storia è decisamente meno incisiva rispetto a Still Wakes the Deep | Gameplay davvero poco convincente | Qualche glitch di troppo in particolar modo con l'ombelicale | Durata breve |

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