Recensione Vampyr: benvenute anime dannate

“Benvenuti nella mia casa. Entrate e lasciate un po’ della felicità che recate”

Versione testata PlayStation 4

Dontnod è uno di quei developer che sanno sorprenderti. La prima volta perchè non li conosci, la seconda volta perchè ti toccano il cuore, la terza volta perché capisci che lo studio non è una meteora destinata a scomparire nell’arco di una generazione di console, ma, anzi, è uno di quei team di cui sentiremo a lungo parlare negli anni a venire.

Dopo Remember Me e Life is Strange, lo sviluppatore francese infatti propone un titolo estremamente ambizioso con una ambientazione di cui sentivamo decisamente la mancanza. Sia chiaro, di giochi ambientati nella Londra cupa e pericolosa della fine dell’800 e degli inizi del ‘900 ne abbiamo avuti tanti. Eppure è mancato un titolo che sapesse affondare i denti, letteralmente, in quella copiosa narrativa vampiresca tanto amata nella letteratura, nel cinema e in TV. La cifra stilistica di Dontnod inoltre, decisamente intimista e più vicina ai racconti e alla cinematografia d’autore con protagonisti i vampiri tormentati, che non a quella action dei Castlevania o di Legacy of Kain, ha suscitato in chi vi scrive un fascino irresistibile. Le aspettative altissime sono state però soddisfatte solo in parte: Dontnod è riuscita infatti a creare una lore di gioco strutturata e credibile, che attinge a piene mani dalla sconfinata letteratura sul mondo dei vampiri, anche per quanto riguarda i villains e gli altri vampiri che incontreremo nel corso della nostra avventura, ma è rimasta un passo indietro dal punto di vista tecnico, come vedremo nel corso di questa recensione.

“Un nosferatu non muore come un’ape dopo che ha punto. Diviene solo più forte, e così più forte, ha ancora più potere per operare male.” 

Vampyr racconta la storia di Jonathan Reid, un dottore che ha servito nella prima guerra mondiale e che, tornato nella sua Londra infestata dall’influenza spagnola, si risveglia improvvisamente trasformato in un vampiro.  Nel tentativo di comprendere cosa stia accadendo a lui e alla sua città natale, si troverà a dover bilanciare la sua nuova natura oramai sdoppiata: da una parte la sua umanità mortale, dall’altra la sua natura dannata e immortale. Proprio da questo conflitto interiore nasce una delle intuizioni più riuscite del gameplay di Vampyr. Il team francese, grazie ad un gameplay che si basa essenzialmente sulle scelte dei giocatori, pone continuamente un interrogativo morale che attanaglia il protagonista e il giocatore stesso: seguire la via “del bene” o abbandonarsi all’abbraccio sensuale della morte e ai suoi enormi poteri e possibilità?

Vampyr, a volerne trovare una classificazione, potremmo inserirlo negli action RPG story driven. Tuttavia a differenza di tanti altri titoli, uno su tutti Mass Effect, in cui le vostre scelte da paladino o rinnegato influenzano essenzialmente solo il vostro finale e qualche dialogo qua e là, in Vampyr le scelte che farete influenzeranno in maniera sostanziale la vostra intera avventura, incidendo in maniera notevole sul gameplay stesso.

Durante la sua ricerca, Reid si troverà ad interfacciarsi con 60 influenti personalità facenti parte della comunità di Londra e che nel gioco vengono definiti “leader” del proprio quartiere. Ciascuno di essi è dotato della propria personalità, della propria backstory e della propria cerchia relazionale. Il giocatore avrà la possibilità di approfondire ciascuna di queste storie e decidere poi se “abbracciarne” il protagonista nella morte, acquisendo nuovi poteri vampireschi, oppure aiutarlo nel suo scopo o nella sua malattia, rinunciando a nuovi potenziamenti ma tenendo fede al proprio giuramento di Ippocrate. Da questa scelta dipenderà, in fondo, la vostra esperienza ludica. La vita o la morte di ciascuno di questi personaggi, proprio in virtù delle relazioni che questi hanno nella comunità, influenzerà notevolmente il prosieguo dell’avventura, conducendovi poi ad esiti e finali differenti, uno dedicato a chi ha scelto di non uccidere nessuno, l’altro a chi invece ha accolto sino in fondo la propria anima dannata.

Il nostro Reid guadagnerà certo esperienza utile al progresso del nostro personaggio sconfiggendo nemici e portando a termine quest principali e secondarie, ma è nell’abbraccio, ovvero uccidendo i leader di queste comunità, che guadagneremo il maggior numero di punti esperienza, acquisendo potenzialità insperate (per la verità solo una ventina dei 60 personaggi influiranno notevolmente sugli sviluppi della trama). L’enorme incentivo a scegliere la via più facile e malvagia, costituito dallo sblocco di nuove abilità, tuttavia, entra in crisi ben presto poichè se è vero che più approfondiremo la storia di ognuno di questi personaggi più punti esperienza avremo possibilità di guadagnare abbracciandoli nella morte, allo stesso tempo entreremo in empatia con essi, risultando ancora più difficile operare la nostra scelta.

Le scelte morali che il gioco ci costringe a compiere, in definitiva, ci mettono di fronte ad uno specchio: chi vogliamo essere? Chi vogliamo diventare? Probabilmente alla fine del gioco ci ritroveremo diversi, cambiati, incapaci di guardarci allo specchio, proprio come i vampiri, nell’immaginario comune, non riescono a vedere la propria immagine riflessa o, forse, non riescono più a riconoscerla.

Dal punto di vista strettamente ludico ci sono sicuramente luci e ombre. Londra è divisa in quattro distretti/quartieri, ciascuno dei quali con il proprio indice di salute. Se, anche in ragione delle vostre scelte, tale indice di salute scende al di sotto di un certo valore, tutti gli abitanti di quel quartiere moriranno e voi non solo non sarete più in grado di trovare cittadini con cui “dissetarvi”, ma non avrete nemmeno più accesso alle side quest disponibili per quel quartiere.

Come le storie dei vampiri buoni ci insegnano (qualcuno ha detto Regis?), il tutto sta nel raggiungere un certo equilibrio tra le vostre due nature. Pensare di poter rinunciare del tutto ai vostri istinti omicidi forse è impensabile, anche perché nel corso del gioco alcuni nemici potrebbero avere vita troppo facile con voi, ma come detto, anche dare libero sfogo ai vostri istinti animali potrebbe essere controproducente, facendovi perdere numerosi punti esperienza determinati dalle side quest perse. Così ad un certo punto del gioco proverete a darvi delle regole, uccidendo solo i cittadini cattivi. Ben presto però vi renderete conto che, proprio come voi, non tutti i cattivi sono poi così cattivi (nessun pazzo è pazzo se ci si adatta alle sue ragioni, scriveva Garcìa Marquez) e nessun buono è così buono. O nella peggiore delle ipotesi, vi renderete conto che la vostra sete di potere è più forte di qualsiasi anelito di umanità e comincerete a fare stragi. Come abbiamo detto, maggiori saranno le relazioni che instaureremo con gli NPC, maggiore sarà il numero di punti esperienza che potremo guadagnare. In alcuni di questi frangenti, quando grazie alle nostre investigazioni potremo sbloccare nuove opzioni di dialogo e approfondire la conoscenza di alcuni di questi personaggi, Vampyr ci ha ricordato alcune dinamiche investigative già viste in L.A. Noire. Tuttavia proprio in queste fasi sono emersi alcuni dei bug più fastidiosi del gioco, come ad esempio quelli che sbloccano dialoghi cui non avreste potuto avere accesso senza completare alcune parti di gioco e viceversa, altre che non risultano sbloccate nonostante le informazioni siano in vostro possesso.

Se dal punto di vista narrativo e nell’analisi dell’animo umano Dontnod ha davvero pochi rivali al momento, diverso il discorso per quanto riguarda il combat system, che abbiamo trovato piuttosto macchinoso e un po’ troppo old style. Il nostro personaggio, così come i nostri avversari, si muovono in maniera un po’ legnosa e siamo ben lontani dalla fluidità del sistema di combattimento di altri titoli più blasonati come The Witcher III.

Ciononostante, i combattimenti si rivelano sufficientemente divertenti, soprattutto sbloccando le abilità vampiresche più avanzate.  Il nostro Reid avrà a disposizione un vasto armamentario che spazia dalle armi dalla distanza alle armi bianche a una o due mani, oltre naturalmente alle skill che potrete sbloccare salendo di livello.  La progressione del personaggio non è lineare. Una volta guadagnati i nostri punti esperienza, infatti, potremo scegliere di spenderli sfruttando abilità d’attacco o curative, in questo modo personalizzando il nostro alter ego e la nostra esperienza di gioco. Il livello di sfida offerto da Vampyr è variabile. Come abbiamo detto, il giocatore ha la possibilità di scegliere se abbracciare quanti più cittadini possibile per aumentare le sue abilità o risparmiarli. In tale ultimo caso, il livello di sfida cresce a dismisura e affrontare nemici particolarmente potenti potrebbe rivelarsi più difficile del previsto. Le armi possono inoltre essere potenziate per aumentarne il danno, lo stordimento, l’assorbimento di sangue, la velocità di ricarica o il rateo, raccogliendo oggetti sparsi per la mappa di gioco o disassemblando quelli non più utili e persino acquistandone dai mercanti di zona.  Il crafting possibile in Vampyr è insomma particolarmente articolato e in alcuni casi sin troppo, risultando piuttosto spiazzante se si cerca una esperienza di gioco più immediata.

“La vita in fondo cos’è? Solo l’attesa di qualcosa d’altro. E la morte è l’unica cosa della cui venuta possiamo essere certi”

Dal punto di vista tecnico non si può di certo gridare al miracolo, perlomeno nella versione PS4 da noi provata. Se Londra è sicuramente ben caratterizzata dal punto di vista dell’ambientazione, non altrettanto si può dire dal punto di vista visivo. Il gioco sembra riportarci indietro di almeno un lustro, con una modellazione poligonale davvero basilare e texture davvero poco realistiche e dettagliate. A gravare ulteriormente sul comparto tecnico già non propriamente al top, ci si mette anche una ottimizzazione davvero approssimativa, percepibile nelle schermate di caricamento interminabili, spesso anche solo per entrare in un’area o un distretto. Per non parlare dei tempi di respawn, decisamente eccessivi. Dal punto di vista sonoro, invece, la situazione è diversa: pur non essendoci un doppiaggio in italiano, il doppiaggio in inglese è decisamente ben realizzato e credibile ed è accompagnato da una colonna sonora piacevole, che alterna pezzi originali ad opere di musica classica.

Commento finale

Vampyr per certi aspetti assomiglia ad una meravigliosa opera incompiuta. L’ambizione del progetto, il più grande mai messo in cantiere dagli studi francesi, forse avrebbe avuto bisogno di qualche mese in più prima di arrivare sulle nostre console, tempo che avrebbe potuto essere speso per affinare quelle parti che appaiono, rispetto all’ottimo comparto narrativo e ludico, bisognose di una decisa revisione come appunto la fluidità del combat system e l’aspetto grafico. Ciononostante, Vampyr è una esperienza che ci sentiamo comunque di consigliare a tutti gli amanti delle storie videoludiche ben raccontate, a chi sa guardare oltre la grafica e soprattutto a chi da tempo cercava una storia di vampiri capace di mettere a dura prova il nostro senso della morale. Quello che troveremo guardandoci allo specchio alla fine del gioco sarà soltanto merito o colpa nostra.

(P.S.: I titoli dei paragrafi di questa recensione sono tutti tratti da Dracula, di Bram Stoker, un classico che vi consigliamo assolutamente di leggere, anche magari in questa edizione economica al costo di poco superiore ad una spremuta di arancia… rossa naturalmente).

Vampyr PS4
7.9 / 10 4News.it
Acquista suAmazon.it
Disponibile suPS4, XBOX One, PC
Pro
    - Lore di gioco coerente e approfondita
    - Gameplay divertente
    - Buona longevità
Contro
    - Combat system un po' legnoso
    - Grafica datata
    - Alcuni glitch possono compromettere l'esperienza di gioco
Riassunto
Vampyr per certi aspetti assomiglia ad una meravigliosa opera incompiuta. L’ambizione del progetto, il più grande mai messo in cantiere dagli studi francesi, forse avrebbe avuto bisogno di qualche mese in più prima di arrivare sulle nostre console, tempo che avrebbe potuto essere speso per affinare quelle parti che appaiono, rispetto all’ottimo comparto narrativo e ludico, bisognose di una decisa revisione come appunto la fluidità del combat system e l’aspetto grafico. Ciononostante, Vampyr è una esperienza che ci sentiamo comunque di consigliare a tutti gli amanti delle storie videoludiche ben raccontate, a chi sa guardare oltre la grafica e soprattutto a chi da tempo cercava una storia di vampiri capace di mettere a dura prova il nostro senso della morale. Quello che troveremo guardandoci allo specchio alla fine del gioco sarà soltanto merito o colpa nostra.
Gameplay
Grafica
Sonoro
Longevità
Giudizio finale



PRO


CONTRO

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