Sea of Thieves – la nostra recensione

Il simulatore di vita pirata definitivo?

Mari calmi e limpidi, isole solitarie e misteriose, incantevoli tramonti a pelo d’acqua, l’odore della salsedine e il vento fra i capelli. E poi, improvvisamente, questa magnifica e rilassante visione viene interrotta da stonati canti imbastiti da una chiassosa ciurma allietata da litri e litri di grog. E’ da un po’ di tempo che non si assiste a scene simili nel panorama videoludico, vuoi anche perché mancano giochi che si concentrino completamente e degnamente sulla vita dei pirati. Potremmo citare Assassin’s Creed IV: Black Flag, ma non è propriamente il genere di esperienza piratesca pura che intendiamo noi, tra tesori da rinvenire, decine e decine di isole da esplorare e arrembaggi per rubare i bottini dalle navi altrui. In sostanza, calarci nella parte di tizi armati di brutte maniere e spavalderia disposti a tutto pur di depredare qualsiasi cosa sia depredabile.

I ragazzi di Rare hanno voluto dedicarsi alla realizzazione di un titolo che ci permettesse proprio di vivere virtualmente ciò che abbiamo appena descritto: è indubbio che Sea of Thieves abbia stuzzicato la curiosità di moltissimi giocatori sin dal suo annuncio all’E3 2015, generando un hype tale da mettere lo sviluppatore nella posizione di tirar fuori un prodotto di alta qualità per non deludere le aspettative.

Finalmente, abbiamo potuto mettere l’uncino (per restare in tema) sulla versione definitiva del gioco per valutare se il lavoro di Rare possa meritarsi gli onori di Barbanera oltre ai nostri. O quelli di Jack Sparrow, come preferite.

Corpo di mille balene!

Il primo passo da fare prima di poter salpare verso isole ignote è quello di creare il proprio alter ego pirata, sebbene il sistema risulti abbastanza inusuale: non potremo infatti personalizzare i tratti somatici del nostro personaggio, bensì avremo a disposizione otto modelli fra cui scegliere e dei quali potremo generare delle varianti casuali fino a trovare quello che più ci si addice. Dopodiché tocca alla nostra nave, scelta anche qui vincolata dal numero di giocatori con cui decideremo di affrontare la partita: lo sloop, più piccolo e veloce ma fragile, è destinato ad un massimo di due giocatori, mentre una compagnia più ampia (fino ad un massimo di 4 giocatori) potrà governare un galeone. A questo punto saremo pronti ad iniziare la nostra avventura.

Di per sé, Sea of Thieves si rivela abbastanza intuitivo in termini di gameplay, tanto da non avere quasi un tutorial se non per darci giusto una lieve infarinatura. Mossi dalla voglia di esplorare ogni anfratto e dall’emozione di avere finalmente tra le mani un gioco che permetta di vivere in modo ironicamente realistico la vita dei pirati, cominciamo a girovagare per comprendere le meccaniche di gioco. Innanzitutto, nei cosiddetti Avamposti sono presenti rivenditori di diversa tipologia da cui possiamo acquistare (o vendere) nuove armi, vestiti, accessori e componenti per la nostra nave. Sin da subito, però, salta all’occhio un particolare che non convince: tutti gli oggetti acquistabili, armi incluse, differiscono fra di loro semplicemente per l’aspetto estetico e non offrono bonus al danno o alla resistenza, giusto per citare un paio di esempi. Nonostante la varietà di personalizzazione complessivamente buona, quindi, non c’è un reale motivo che spinga a farsi in quattro per racimolare quanto più oro possibile solo per impugnare una sciabola dorata, un moschetto reale o per sfoggiare una nuova e lucida polena. A farci storcere ulteriormente il naso, poi, è la mancanza di uno skill tree o di un sistema di livelli che permettano al nostro personaggio di migliorarsi nel corso del tempo, acquisendo nuove ed utili abilità di navigazione, combattimento o esplorazione. Questa totale assenza di un sistema di progressione, di conseguenza, va ad inficiare in modo abbastanza pesante l’esperienza di gioco in un open world come Sea of Thieves, in quanto riduce sensibilmente la voglia di proseguire dopo alcune ore.

Nel gioco sono presenti tre fazioni dalle quali ricevere, sostanzialmente, tre tipologie di missioni definite viaggi: l’Alleanza del Mercante prevede spedizioni commerciali in cui dovremo recuperare provviste; i Cacciatori d’Oro, come suggerisce il nome stesso, ci chiederanno di fare ciò che un pirata sa fare meglio, ovvero dissotterrare tesori individuando l’isola ed interpretando la posizione della classica “X” su una mappa; l’Ordine delle Anime, invece, ci invierà a caccia di gruppi di scheletri da eliminare per ragioni ancora da capire (politiche di espansione fittizia forse, chi lo sa). Ecco, gli unici progressi che potremo fare riguardano un sistema di reputazione connesso a queste fazioni, che aumenta ogni qualvolta porteremo a compimento dei viaggi e permette di sbloccare ricompense esclusive ed encomi abbastanza fini a sé stessi.

Non è tutto oro ciò che luccica

Ed è proprio qui che sopraggiunge un altro neo che attanaglia Sea of Thieves, ovvero la ripetitività delle missioni e il senso di piattezza generale che cresce esponenzialmente a seconda del numero di giocatori: è evidente come già dopo un paio di ore di partita in solitaria la noia e la monotonia comincino a farsi sentire, diventando quasi oppressive. I continui viaggi in mare (talvolta lunghi) per spostarsi da un’isola all’altra e l’idea di dover ripetere praticamente gli stessi obiettivi decine e decine di volte non allettano sicuramente i lupi di mare solitari. Oltretutto, gestire il vascello completamente da soli è abbastanza snervante, e in una eventuale battaglia navale contro un galeone governato da almeno due giocatori le probabilità di uscirne vittoriosi sono praticamente nulle. La situazione, per fortuna, migliora già in compagnia di un altro amico: con la suddivisione dei ruoli sulla nave, elemento ben realizzato in quanto dovremo sempre ricordarci di levare/gettare l’ancora, spiegare le vele, regolare la loro angolazione e via discorrendo, le traversate si fanno più piacevoli, magari canticchiando simpatiche canzonette e sorseggiando qualche pinta di buon grog fino ad ubriacarsi e vomitare (sì, accade per davvero). Ne beneficia anche l’esperienza complessiva, il che porta rapidamente a capire come il titolo sia stato principalmente pensato per essere giocato insieme ad un gruppo di amici, grazie ai quali è più difficile avere quella sensazione di noia sopra citata, ma che non tarderà comunque a fare capolino dopo una decina di ore. Perché? Perché, purtroppo, Sea of Thieves offre pochi contenuti per il genere a cui vuole appartenere, quello di uno pseudo RPG MMO open world.

Se vi aspettate accesi conflitti a fuoco sulla terraferma per reclamare un tesoro o in mare per affermare il vostro dominio, sappiate che i vostri sogni non saranno come ve li siete immaginati, almeno secondo la nostra esperienza nella settimana di lancio. In ogni sessione di gioco, raramente abbiamo incontrato dei giocatori contro cui combattere o, come speravamo, stringere qualche alleanza, ma a quanto pare i pirati non erano aperti al dialogo per reclutare nuovi membri ed espandere la propria flotta. Il che riduce ogni incontro ad un mero e relativamente veloce scambio di palle di cannone, fendenti o proiettili con i perdenti che vengono spediti sul Traghetto dei Dannati, che altro non è che una nave nell’aldilà adibita alla funzione di respawn dopo un breve periodo di tempo. Abbiamo provato a riporre fiducia nel PvE ma anche qui ci è rimasto l’amaro in bocca, poiché gli unici nemici presenti nel mondo di gioco, che tutto sommato vanta dimensioni generose seppur non sia particolarmente ricco di arcipelaghi, sono scheletri e squali. Nessun altro bucaniere pronto a farci la pelle o boss da sconfiggere rintanato in qualche “roccaforte” con tanto di succoso forziere come ricompensa.

La componente esplorativa, inoltre, è sviluppata in modo superficiale ed è troppo legata alle missioni: la curiosità di visitare un’isola per svelarne eventuali misteri e portare a bordo forzieri contenenti monete, gioielli e oggetti unici porta, nella stragrande maggioranza delle volte, a fare una semplice passeggiata, perché se volete i tesori vi toccherà per forza rivolgervi ai Cacciatori d’Oro. Tradotto in soldoni, il gameplay manca esageratamente di profondità, non riesce a catturare a pieno l’attenzione del giocatore e a suscitare continuo interesse nel proseguimento dell’avventura. E ci si accorge, forse troppo tardi, che il titolo abbia un prezzo decisamente elevato in rapporto ai contenuti offerti in-game.

Non possiamo di certo negare che le buone premesse c’erano tutte e che Sea of Thieves avesse (ed ha ancora, per chi ci crede come noi) tutte le carte in regola per aspirare ad essere un capolavoro nel suo genere, ma sembra che la bussola di Rare, nel corso dello sviluppo, sia improvvisamente impazzita deviando, di fatto, la rotta iniziale e portando il vascello ad arenarsi su un lembo di terra lontano da quello previsto.

Per la benda di Barbanera!

Fortunatamente, c’è una cosa su cui Rare ha saputo lavorare in modo magistrale: l’atmosfera. Visivamente, Sea of Thieves è uno spettacolo per gli occhi ed è praticamente impossibile non soffermarsi spesso ad osservare un tramonto sull’acqua o gli affascinanti paesaggi che ci verranno posti dinanzi. Il livello di dettaglio, qui, non è un elemento di spessore, in quanto lo stile cartoonesco tipico dei titoli targati Rare si concentra maggiormente sulla resa cromatica, con colori vivaci e brillanti che trasmettono molto bene una calda atmosfera caraibica. Chapeau, poi, per quanto riguarda la realizzazione delle onde e del mare: per quanto ci riguarda, uno dei migliori mai visti in un videogioco, e l’elogio si estende anche alla cura riposta nei fondali marini. L’Unreal Engine 4, insomma, sa farsi valere anche senza puntare al fotorealismo e Sea of Thieves ne è la prova sia su PC che su XBOX One, comportandosi egregiamente su entrambe le piattaforme nonostante qualche piccolo problema di compenetrazione poligonale o caricamento delle texture, nulla che comunque mini l’esperienza di gioco.

Dal punto di vista del comparto audio, le musiche presenti risultano perfettamente azzeccate e i momenti in cui ci ritroveremo a cantare classici pezzi pirateschi con i nostri compagni di viaggio sanno strappare più di un sorriso.

Infine, trattandosi di un titolo always online, abbiamo notato che i server soffrono di una latenza leggermente elevata in quanto non è mai scesa sotto gli 80 ms durante le nostre partite, ma siamo certi che si tratti di un piccolissimo inconveniente che verrà presto risolto.

Noi vogliamo dare ancora un’occasione a Sea of Thieves e sperare che le critiche costruttive della recensione possano essere un importante spunto per i ragazzi di Rare per migliorare sensibilmente la loro ultima fatica. Il potenziale c’è ed è proprio lì, sotto la punta dell’iceberg, bisogna solamente affinare la tecnica e tirarlo fuori nel miglior modo possibile per dare vita ad un qualcosa di fenomenale sotto tutti i punti di vista.

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Sea of Thieves
7.6 / 10 4News.it
Acquista suAmazon.it
Disponibile suPC, XBOX One
Pro
    - Interessante sistema di gestione della nave
    - Visivamente davvero affascinante
    - Un'idea dall'enorme potenziale...
Contro
    - ... purtroppo tradotta in poca sostanza
    - La monotonia e la noia possono farsi sentire presto
    - Componente esplorativa non sviluppata a dovere
Riassunto
Sea of Thieves è un discreto titolo nato da ottime idee purtroppo non sfruttate a dovere. Il potenziale è immenso e lo riconosciamo, ma pare che Rare si sia adagiata sugli allori durante lo sviluppo, sfornando un prodotto che potrebbe essere molto valido ma che, invece, comincia a scemare in interesse e gameplay già dopo una manciata di ore, in particolar modo se si gioca in singolo. L’atmosfera è a dir poco perfetta e si addice a pieno ad un titolo piratesco, ma non basta a mantenere a galla il vascello. L’unica soluzione per riportarlo sulla rotta giusta è sperare che Rare non tiri i remi in barca e che offra un ottimo supporto post lancio, che può ancora salvare un concept brillante e di spessore non modellato in modo perfetto come ci si sarebbe aspettati.
Gameplay
Grafica
Sonoro
Longevità
Giudizio finale

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Simone Rinaldi
Simone Rinaldi
Meglio conosciuto come "Ping" per gli amici e online, gioco dall'ormai lontano 2000. Cresciuto a pane e videogiochi a partire dalla prima PlayStation, nel tempo ho esteso i miei interessi anche all'ambito della tecnologia in generale, scoprendo un certo feeling con l'hardware PC. Le mie grandi passioni si sono poi trasformate in qualcosa di più concreto con l'entrata in 4News, grazie a cui ho avuto modo di vedere il mondo videoludico-tecnologico da una nuova prospettiva ed affrontarlo in modo più serio e professionale.

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