Recensione Dead Space 3

Action, horror, meno survival

Pad alla mano, già dalle prime battute si intuisce la nuova strada intrapresa dal franchise con questo terzo capitolo della serie. Dead Space 3 mette subito i puntini sulle “i”, con una certa varietà di situazioni, fornendo al giocatore un modo sempre nuovo di scoprire l’universo sci-fi horror che tiene le fila della produzione.

Tornano i soliti mostri che si ha avuto modo di incontrare nei precedenti capitoli ma ne fanno parte ora una nuova specie, quelli più veloci e tenaci e quelli addirittura indistruttibili con le armi di primo pelo. Gli scontri si fanno serrati e i riflessi per prendere la mira e sparare sono molto sollecitati, un pò meno la sensazione di solitudine e abbandono che incalzava nel primo e secondo capitolo. Ma non è un male, statene certi.

Il taglio cinematografico, talmente ben delineato, ricco di dettagli e rifinito, accresce l’interesse del giocatore a seguire gli eventi e lo tiene incollato allo schermo. Per venire incontro alla nuova veste action, il team di sviluppatori ha pensato bene di rinnovare alcune meccaniche del sistema di gioco. Innanzitutto ora è presente la capriola attivabile con il grilletto analogico sinistro. La pressione della leva analogica destra (R3) ha una duplice funzionalità: con la pressione leggera il protagonista si abbassa riuscendo così ad avere migliore copertura dietro qualche oggetto e sporgenza delle strutture offerte dall’ambiente, con la pressione prolungata si attiva il solito indicatore di obiettivo. Ma qui viene il bello. Ora non è più il solito marker del percorso da seguire. Tramite le frecce direzionali si possono scegliere tra Traguardo, Tuta, Terminale, portando il giocatore a poter scegliere in ogni momento quale strada percorrere per giungere al luogo desiderato.

Il crafting, metodo di raccolta degli oggetti, cambia quasi totalmente. Se ora le armi non sono più già belle e pronte, necessitano infatti di essere progettate ad hoc tramite pezzi e oggetti disseminati in giro per lo spazio e composti poi dal Terminale, la loro possibilità di essere potenziate è stata ulteriormente ampliata con un focus su sei distinte parti (grilletto, sparo primario, secondario, ecc.) e ben otto tipologie di upgrade (mira, ricarica, danno, resistenza, ecc.). La necessità di potenziarle o di trovarne di nuove diventa quanto mai importante visto che gli avversari non cadono giù facilmente, a volte neanche un caricatore basta a vederli stramazzare per terra. E qui entrano in gioco le tanto chiacchierate micro-transazioni. Il videogioco infatti permette di poter acquistare le armi già belle e pronte senza evitare così di girare in lungo in largo, a volte serve ripetere il gioco per poter vedere un arsenale potenziato e allestito al massimo. Ma ciò non toglie che è possibile comunque terminare la avventura senza spendere nemmeno un centesimo. Non siamo quindi nella situazione del “pay-to-win”. Meno male.

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A ciò si aggiunge una particolarità che rende il titolo decisamente non più survival. Si può raccogliere qualsiasi cosa senza avere alcun problema di spazio, o dosare quindi le riserve di medi-kit, in quanto se ne trovano con una certa agilità durante l’avanzamento dei livelli. Inoltre, se per puro caso capita di non riuscire ad avanzare perché sconfitti ripetutamente, il videogioco fa amgicamente apparire casse contenenti proprio gli oggetti che servono, tra cui munizioni, medi-kit, pack di stasi. Va sottolineato che ciò accade al livello di difficoltà Normale mentre aumentandolo si riducono queste opportunità e al livello massimo, sbloccato solo dopo aver finito il gioco, si ha una curva di salute e resistenza veramente minima e scarseggiano i rifornimenti, nonché si deve ricominciare tutto un livello se si viene uccisi.

Ottimo il sistema di checkpoint che non penalizza mai il giocatore, mentre buona anche la possibilità di poter tornare sui propri passi per poter raccogliere ciò che serve oppure andare ad un terminale.

Quest’ultimo non serve solo per assemblare le armi, potenziaarle e così via come detto in precedenza. Durante il proseguio delle missioni si scopre un interessante robot che raccoglie per noi materiali utili per creare nuovi oggetti e quindi potenziare la tuta e le armi.

Il titolo, durante tutto l’arco narrativo che impegna per non meno di 15 ore, ci ha visti impegnati attraverso situazioni sempre diverse che hanno miscelato il vecchio stile “da paura” con un approccio decisamente d’azione, anche se è bene specificare che questo secondo aspetto risulta più presente rispetto al primo, e nelle quali abbiamo preso a parte a non poche missioni secondarie, molto ben strutturate e che aggiungono una sana e appagante longevità al titolo nonché fornire informazioni sulla storia più dettagliate.

Non esistono veri e propri boss di livello a parte qualche mostro particolarmente ostico o grande per cui bisogna impegnarsi molto ma molto di più. Lo scontro finale, per quanto sia perfettamente inserito secondo il contesto narrativo, poteva forse essere meglio strutturato in quanto non sorprende come i precendeti capitoli.

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