Recensione Danganronpa Another Episode

Ultra Despair Girls

Versione testata PlayStation Vita.

Chunsoft ha negli anni conquistato la fiducia degli amanti delle visual novel di tutto il mondo e, se sei responsabile della creazione di una serie come quella di Zero Escape, è difficile che avvenga il contrario. Dall’altra parte, invece, l’esperienza di Spike nel genere era pressoché sconosciuta agli occidentali (di certo non ai giapponesi, sia chiaro). Dopo la fusione delle due compagnie nell’aprile del 2012 però qualcosa è cambiato e, un po’ in sordina, è giunto tra le nostre mani un titolo originale e con una trama malata ogni oltre immaginazione: Danganronpa.

Il porting su PS Vita di questo gioco dal titolo impronunciabile è stato un successo di nicchia anche in occidente e, dopo due anni di clausura nella madre patria, anche il sequel è arrivato da noi, con un’ottima localizzazione in inglese (inutile lamentarsi della mancata traduzione italiana, è già tanto non doverli comprare oltreoceano questi giochi). Tra manga, anime e visual novel, in Giappone i Monokuma sono ormai un fenomeno di culto e, pur non nelle medesime proporzioni visto lo scarso successo di PS Vita, anche in America ed Europa questi “graziosi” orsacchiotti hanno raggiunto una certa popolarità. Tanto da meritare la localizzazione anglofona del primo spin-off action della serie.

Ma è possibile conciliare una visual novel con un gameplay a metà tra un tps ed un musou? La risposta di Spike Chunsoft non ci ha convinto del tutto.

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Che la caccia al demone abbia inizio!

In Danganronpa Another Episode: Ultra Despair Girls, il mondo è in preda ad una crisi senza precedenti: un manipolo di ragazzini provenienti dalla Hope’s Peak Academy, che si fanno chiamare Warriors of Hope, ha preso il controllo su un vero e proprio esercito di Monokuma robot e ha deciso di utilizzarli per il divertimento della “maga” del gruppo, la capricciosa Monaca. Cosa diverte questa graziosa bambina? Beh, semplicemente sterminare gli adulti per dar vita ad un mondo per bambini. L’eroina del giorno è invece tale Komaru Naegi, un’adolescente senza alcun talento particolare, il cui nome non può non essere familiare ai fan della saga.

Komaru, dopo una cattività lunga oltre un anno, si trova così in mezzo a questa spaventosa guerra e, in seguito ad un primo incontro con le piccole pesti, diventa il bersaglio per quello che è senza dubbio uno dei loro giochi preferiti: il Demon Hunting. Senza addentrarci in troppi dettagli per evitare anche spoiler minori, la storia prosegue da questo punto in poi tra tonnellate di dialoghi perfettamente realizzati, superbe interazioni tra personaggi ed un gusto per il macabro e gli argomenti scabrosi che non intacca mai la leggerezza generale con cui viene affrontata anche la situazione più disperata. Sarà difficile abbandonare la lettura, anche quando questa sarà per forza di cose sospesa da quel gameplay action ibrido che è la verà novità di questo spin-off.

Una poltrona per due

Il ritmo della narrazione parte dunque più lento rispetto agli standard action, mentre nei panni di Komaru ci troviamo nel mondo esterno in balia degli attacchi di centinaia di Monokuma. A questo punto, deus ex machina, fa la sua comparsa una vecchia conoscenza, nonché seconda protagonista del gioco: Genocide Jack (o Toko, se preferite). Dopo un turbolento primo incontro, le due ragazze decidono di collaborare per un obiettivo comune ed in ben che non si dica il giocatore si trova a fare i conti con una doppia tipologia di combattimento: da una parte Komaru, armata di un megafono in grado di hackerare il sistema degli orsi assassini, ci mette di fronte ad un tps con telecamera ravvicinata, che pone le sue basi sul corretto utlizzo dei potenziamenti del sistema di hacking in funzione della tipologia di nemico e sullo sfruttamento dell’ambiente di gioco per superare situazioni critiche (con passaggio a visuale dall’alto). Dall’altra, invece, Genocide Jack ci permette di colpire pesantemente i nemici per un breve periodo di tempo, con attacchi corpo a corpo limitati però dal progressivo scaricamento della “batteria” che regola le trasformazioni di Toko. In queste fasi il titolo si trasforma in una sorta di musou, dove l’obiettivo è quello di sfoltire il più possibile le schiere dei nemici che ci si parano di fronte, oppure di salvare Komaru da morte certa quando la distanza tra lei e i Monokuma non è più sufficiente a prendere la mira con sufficiente calma.

Non ci sono altri aspetti importanti del gameplay con cui prendere confidenza, se non la scarsa precisione dello stick analogico destro di PS Vita. Nelle circa 20 ore di gioco durante le quali ci ha tenuto impegnati l’avventura, questo sistema non ci ha però convinto del tutto, alternando fasi di frustrazione ad altre in cui tutto sommato è stato capace di divertire.

A margine, segnaliamo l’interessante il focus posto sull’evoluzione del rapporto tra le due protagoniste femminili, che si traduce in una serie di dialoghi aggiuntivi davvero ben scritti.

Bomber

Spigoli, spigoli ovunque!

Se sul lato artistico Spike Chumsoft ha fatto ancora una volta centro, realizzando personaggi carismatici, ambientazioni assolutamente originali e un mondo dettagliato fin nei partiolari, è il comparto prettamente tecnico a presentare i maggiori problemi del titoli. La modellazione poligonale di personaggi ed edifici è scadente e cozza pesantemente contro le sezione animate in cui sembra quasi di avere a che fare con un gioco differente. Lo stesso dicasi del sonoro, con musiche non insufficiente ma comunque poco originale e memorabili. Da sottolineare l’assenza dei sottotitoli inglesi in alcune sezioni animate, così come l’utilizzo di un linguaggio che richiede una dimestichezza superiore alla media con la lingua anglosassone. 

Commento finale

Danganronpa Another Episode: Ultra Despair Girls è un prodotto che sicuramente piacerà ai fan della serie, ma non riesce a tenere il passo con le esigenze di ritmo richieste dal genere action. Il problema è da ricercarsi probabilmente sia nei sistema di combattimento, che non brilla per profondità e precisione, sia nella struttura stessa del titolo, che tenta di far convivere un tipo di narrazione romanzesca con l’azione in terza persona.

Per questo superare la stasi delle prime ore di gioco non sarà facile ma, una volta immersi abbastanza a fondo titolo, sarà difficile anche solo pensare di voler riemergere per prendere una boccata d’aria fresca.

Pro Contro 

– Storia matura, dalla quale è davvero difficile prendere una pausa
– Ottimo comparto artistico
– Gameplay semplice e poco preciso
– Tecnicamente da rivedere
– Completamente in inglese (con cutscene senza sottotitoli)
  Voto Globale: 75
 
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PRO


CONTRO

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