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Graven è un prodotto misto, un gioco che richiama canoni nostalgici di una vecchia scuola, ma lo fa in modo innovativo e “diverso dal solito”. Con lo stile caratteristico di 3D Realms.
Graven e la “Vecchia Scuola”
Graven si inserisce nel contesto degli “sparatutto in prima persona vecchia scuola”, ovvero FPS caratterizzati da un ritmo estremamente veloce, difficoltà elevata (ma, di solito, scalabile), combattimenti frenetici e altamente punitivi.
In tali giochi la salute non si rigenera automaticamente evitando di essere colpiti, ma va rimpinguata con l’ausilio di medicinali e oggetti di cura trovati in giro per le mappe e raccolti camminandoci sopra; il giocatore è circondato da una soverchiante orda di mostri e nemici spaventosamente aggressivi, ma può contare su un diabolico arsenale capace di spazzare via centinaia, più che decine, di creature alla volta; e la trama solitamente si fa da parte, diventando un pretesto per dare il via ad un massacro indiscriminato, dinanzi al quale anche il design dei livelli, le porte chiuse di cui trovare le chiavi e gli sparuti “enigmi ambientali” passano in secondo piano. Mentre è lo scontro “1 vs tanti, ma proprio tanti” a rimanere il vero ed indiscusso protagonista.
In ambito moderno, 3D Realms ha deciso di mantenersi fedele a queste dinamiche “Old School”, ancorandole ad uno stile grafico basato su 2D e Pixel Art. L’obiettivo è fare leva a trecentosessanta gradi su un effetto “nostalgia” che rispedisca il giocatore dritto negli anni ’90: ai tempi in cui Doom, ma anche Duke Nukem 3D e i primi Serious Sam, furoreggiavano incontrastati.
“Nuovi” modi di reinterpretare il “vecchio”
Questo schema, però, non è destinato solo ai giocatori attempati: può servire anche a proporre ai più giovani questo stile di gioco in una veste più fresca e moderna rispetto agli ormai “legnosi” capostipiti degli anni ’90.
Ancora una volta, “pixel” e “2D” non sono sinonimo di grafica raffazzonata o di scarsa cura nei dettagli, anzi l’impegno riposto nella cura degli sfondi e degli ambienti è tangibile.
Questa formula, mantenuta nel corso degli anni, ha funzionato bene con Ion Fury, recente FPS della stessa 3D Realms, pubblicato nel 2019 in seguito ad una lunga gestazione. Ion Fury proponeva un’atmosfera cyberpunk, dialoghi intrisi di una forte e pungente ironia che si mescolava al sangue e alle budella distribuiti generosamente dall’ultraviolenza della protagonista. Questa poteva a buon diritto considerarsi “la versione femminile del Duca”, non solo per il suo linguaggio colorito e gli atteggiamenti canzonatori, ma anche per il devastante arsenale di cui si avvaleva e la sua totale assenza di remore nell’usarlo.
Le ispirazioni “differenti” di Graven
Se Ion Fury richiamava l’atmosfera moderno-futuristica e i dialoghi irriverenti di Duke Nukem 3D, Graven si ispira ad un altro, ben noto modello del panorama FPS Old School degli anni ’90: Heretic ed Hexen di ID Software. Questi erano una riproposizione in chiave Dark/Gothic Fantasy del gameplay dei primi Doom, condito con livelli più articolati, mostri che sembravano usciti da un “Compendium” di D&D e momenti di inquietudine assoluta, garantiti da giochi di luci e buio estremamente studiati e un level design arguto e ricercato.
Graven propone quindi una vicenda cupa, le cui tinte fosche si delineano già chiaramente nella breve (ma non per questo narrativamente sbrigativa) introduzione. Qui il protagonista, un sacerdote, dopo aver assistito al brutale sacrificio di sua figlia da parte di un “collega” seguace di un credo sanguinario e deviante, perde il controllo di sé e macchia le proprie mani del sangue dell’aguzzino.
La palude degli orrori
Processato e condannato, viene spedito in esilio in una palude dove l’unico insediamento umano, Cruxfirth, è afflitto da una grave pestilenza che trasforma gli umani in mostri aggressivi e affamati di carne. E dove la comparsa di altre bestie, creature letali e accoliti corrotti ha costretto gli abitanti nello spazio interno alle mura del villaggio, rendendoli prede della paura e dello sconforto.
Nel tentativo di indagare sulle origini della misteriosa malattia per assistere la popolazione e redimere se stesso, l’ex sacerdote si imbarca in un viaggio che lo porterà a combattere l’orrore armato solo del proprio bastone e di magie proibite (l’utilizzo delle quali lo condurrà più volte a mettere in discussione le basi della propria fede e l’integrità del suo stesso operato, anche se le utilizza solo per sopravvivere). Ma, per strada, si imbatterà in armi ben più potenti e letali, come balestre o anche rudimentali ordigni esplosivi, che lo aiuteranno a tenere testa agli orrendi e spietati abitanti della palude.
Stile Dark Fantasy
In piena coerenza con lo stile aspro della vicenda e con i toni macabri dei dialoghi e degli elementi di “lore” ricostruibili da diari e pergamene sparsi in giro, l’atmosfera di Graven è a sua volta cupa, opprimente, con colori scuri e un tema fortemente “gotico”.
Statue minacciose, portali, una città e delle torri medievali straziate dalle sanguinose battaglie, con le pareti imbrattate di sangue e le vie punteggiate dai mucchi di cadaveri accatastati per via della pestilenza: tutto ciò sembra richiamare molto da vicino le atmosfere oscure del Castello di Boletaria in Demon’s Souls o una parte del fascino notturno e decadente di Bloodborne. Solamente, in 2D.
Almeno in questo primo scorcio, i nemici appaiono caratterizzati da un design visivo altalenante. Se il dettaglio nelle espressioni contorte degli “zombie” e nelle armature degli scheletri appare estremamente convincente per essere realizzato tutto in 2D, non altrettanto può dirsi degli “occhi volanti” e delle “belve quadrupedi”.
Nemici che, oltretutto, sono distribuiti nell’ambito di poche specie che si ripetono un po’ spesso: anche se questo potrebbe cambiare notevolmente, dato che si tratta di un’opera ancora in evoluzione e, al momento, in Early Access. Si spera comunque in una maggiore varietà, nella produzione completa, sia per quanto riguarda i nemici (e non si parla solo dell’estetica, ma anche della caratterizzazione “combattiva” ) che in merito all’arsenale e alle armi a disposizione.
Un bilanciamento non impeccabile…
A questo riguardo c’è da dire che anche nel gamplay si notano dei problemi di bilanciamento e delle scelte incomprensibili, per quanto originali, che se non vengono ridimensionate possono rendere meno godibile l’esperienza per una parte del pubblico. Vediamo in cosa consistono.
Il mostro quadrupede è completamente fuori scala. La sua velocità e aggressività, insieme alla spaventosa potenza dei suoi attacchi rendono incredibilmente aleatoria, per non dire impossibile, la sopravvivenza se ci si lascia sorprendere o raggiungere. E la cosa può risultare alquanto frustrante anche se, come vedremo, il bizzarro sistema di salvataggio contribuisce ad impedire che diventi un vero e proprio ostacolo.
…e un curioso sistema di salvataggio
È proprio sulle curiose modalità del salvataggio di Graven che vale la pena spendere due parole. In Graven esistono dei checkpoint presso i quali si risorge, con una scarsa quantità di vita, ogni volta che si muore. I mostri che sono stati uccisi restano tali e così le risorse raccolte. Inoltre si mantengono tutti gli oggetti, le chiavi e gli elementi nell’inventario. Persino i mostri che sono stati feriti manterranno i danni subiti e richiederanno meno colpi per essere sconfitti. Seppur con poca vita, si riprende esattamente da dove si era prima, con l’unico “handicap” di dover ripetere la strada e cercare risorse di guarigione per non essere troppo fragili.
Il problema è quello che accade quando si chiude la partita e si ritorna al menu. A quel punto il gioco manterrà salvati solo l’inventario e le quest completate, ma “resetterà tutto il resto”. Le chiavi (e le porte già aperte con le stesse) torneranno al loro posto e così tutti i mostri sulla mappa e anche i contenitori, le munizioni e gli oggetti di cura o ripristino del mana.
Se si è quindi costretti ad interrompere una sessione a metà di un livello, si dovrà necessariamente ripetere quel livello daccapo e non sarà una cosa “veloce” perché i nemici sono implacabili e richiedono sempre un approccio ragionato. A differenza del “rush selvaggio” che contraddistingue, in genere, gli sparatutto Old School.
I pro e i contro del salvataggio di Graven
Da una parte, si tratta di un sistema piuttosto originale, che non punisce eccessivamente il giocatore in caso di morte, pur costringendolo a “dare importanza alla cosa” e non fare scelte troppo avventate. Dall’altro ha delle vistose pecche, che possono penalizzare troppo chi ha poco tempo da dedicare continuativamente al gioco, specie in alcune parti e specie se nella versione definitiva il gioco proporrà livelli articolati che richiedano sessioni lunghe per essere completati.
Questo aspetto potrebbe essere oggetto di revisione in molti modi: c’è ancora tempo per proporre, ad esempio, una modalità di salvataggio “classica” e una alternativa per chi non ha problemi di tempo ma desidera una sfida maggiore. O di venire incontro diversamente a chi non possa gestire sessioni di gioco troppo lunghe.
Fuori dagli schemi
Per tutto il resto, Graven propone una formula audace, leggermente fuori dagli stilemi dello sparatutto “vecchia scuola”, ma comunque efficace. Anziché puntare su numeri e varietà soverchianti di nemici, concedendo però al giocatore un arsenale quasi illimitato, Graven induce un combattimento ragionato, in cui il giocatore sappia di essere fragile, vulnerabile e con munizioni destinate ad esaurirsi rapidamente.
Lanciarsi a testa bassa contro un gran numero di nemici porta un risultato molto meno efficace che tentare di combinare gli effetti stordenti di un incantesimo con il bastone (che non consuma alcun tipo di proiettile), sfruttare la rapidità di movimento o gli ostacoli come lo stipite di una porta.
Malgrado questo, Graven è lontano anni luce dai canoni di una sparatutto “tattico” come può essere Far Cry o una campagna single player di Call of Duty. Siamo in piena “Old School”, con armi violente e devastanti, vita che non si rigenera da sola e un gameplay che ruota praticamente TUTTO intorno al combattimento.
Solo che questa volta la trama è un po’ più cupa e seriosa e gli scontri meno caciaroni.
Commento Finale
Graven porta in sè tutto ciò che di buono 3D Realms ha imparato a fare negli anni, ma con un tocco di innovazione che si impone persino sulla volontà (comunque forte e tangibile) di suscitare l’effetto “nostalgia” nei riguardi dei canoni di uno sparatutto “vecchia scuola”. Ispirato più alle suggestioni di Hexen che a quelle di Duke Nukem 3D, Graven è fresco, efficace e ben studiato nella struttura generale. Ma si porta dietro qualche pecca nel design e qualche difetto di bilanciamento che andrebbero corretti nel tempo ancora mancante alla pubblicazione definitiva.
Ciò che ci si augura di vedere, nel prodotto finale, è un’estensione di quanto mostrato in Early Access (che fa decisamente una buona impressione) ad una mappa davvero ampia e ad una campagna longeva. Una campagna che possa risultare godibile, magari anche difficile e capace di lanciare una vera sfida, ma non frustrante o carica di tempi morti. Per tutto il resto, Graven ha le premesse per essere una piccola perla di innovazione, anche nel contesto di qualcosa che pone nell’ “ispirazione ai classici” e nel “revival” le basi del suo successo.