Una software house fedele alla sua filosofia
Platinum Games si è affermata come studio giapponese dall’alto valore creativo, soprattutto negli ultimi anni. Giustamente considerati degli specialisti degli action in terza persona, sono diventati un baluardo dello sviluppo nipponico, anche negli anni più bui in cui tutto ciò che arrivava dal Sol Levante non riusciva ad attecchire in occidente. In concomitanza con l’uscita di Astral Chain, nuova IP del team prodotta da Nintendo, vogliamo ripercorrere le tappe attraversate dallo studio e analizzarne il filo conduttore.
Per parlare di Platinum Games, bisogna per forza di cose partire dal Clover Studio, un piccolo team interno a Capcom nato nel 2004 attorno a tre figure chiave: Atsushi Inaba, Shinji Mikami e Hideki Kamiya. Assieme a loro tanti sviluppatori talentuosi dell’azienda di Osaka, al lavoro con l’obiettivo dichiarato di sviluppare con maggiore libertà nuove proprietà intellettuali, piuttosto che seguiti di serie già esistenti. Il nome stesso del team sta per Creativity Lover. Questa stessa filosofia animerà anche Platinum Games, successivamente.
Dream Team
Ma chi sono questi tre signori sopracitati? Il primo, Inaba, è uno sviluppatore che ha collaborato a Resident Evil – Code: Veronica X, Phoenix Wright: Ace Attorney e soprattutto Devil May Cry. Questo diretto da, guarda un po’, Hideki Kamiya. Un nome che dovrebbe far accendere una lampadina (e scendere una lacrimuccia) a ogni videogiocatore di una certa età, quest’ultimo. Dopo aver lavorato al primo Resident Evil, il buon Hideki inanella tre colpi enormi da direttore: Resident Evil 2, Devil May Cry e Viewtiful Joe, contribuendo nel mentre anche a Resident Evil 0.
L’ultimo, che è anche l’ultimo dei tre ad unirsi a Clover Studio, ha un altro nome che dovrebbe suonarvi familiare. Shinji Mikami tra il 1996 e il 2004 ha contribuito a quasi ogni gioco prodotto da Capcom, e in particolare ha diretto Resident Evil, Dino Crisis e Resident Evil 4. Nel frattempo ha curato o prodotto tutti i titoli delle due saghe survival horror che hanno fatto la fortuna del publisher giapponese in quegli anni.
Insomma, tre personalità di un certo valore, con attorno un team di talentuosi sviluppatori e un’idea chiara in testa: creatività. E in effetti questo piccolo studio ha realizzato uno dei giochi più acclamati del nuovo millennio.
Pochi titoli, idee chiare, talento da vendere
Okami è un titolo meraviglioso, che sfruttando il cel-shading ha dipinto nella mente dei giocatori un quadro indelebile. Ambientato in un Giappone classico e senza tempo, il gioco combina miti, leggende e folclore della terra del Sol Levante e racconta di come il dio del sole Amaterasu salvò questa terra dall’oscurità, assumendo le sembianze di un lupo bianco. Okami è ormai più simile a una leggenda che a un gioco, ed è disponibile in varie versioni per quasi ogni piattaforma esistente. Consigliatissimo.
Mentre Kamiya si dedicava al titolo sopracitato, Mikami lavorava a God Hand, un gioco action beat ’em up pieno di richiami al mondo dei fumetti. Il titolo, pensato per giocatori hardcore del genere, presentava una certa sfida e non ebbe lo stesso successo di Okami, ma fu comunque apprezzato dalla critica e negli anni è diventato un cult con una sua community di appassionati.
Con le buone recensioni non si porta il pane a tavola
Purtroppo già il primo non soddisfò le aspettative commerciali di Capcom e ancor peggio fece God Hand, portando il publisher a una certa riluttanza verso le rischiose idee dei capi di Clover Studio. Non volendo sottostare alle imposizioni, le tre figure chiave del team abbandonarono la casa di Osaka, che poco dopo chiuse lo studio.
Ed è a questo punto che nasce Platinum Games. Si chiama ancora Seeds Inc., prende vita l’1 agosto 2006, ed è fondata proprio dai tre simpatici amici di cui abbiamo parlato fino ad ora. Passano pochi mesi e la compagnia si fonde con Odd Inc., un altro piccolo studio fondato da Tatsuya Minami, anche lui ex dipendente Capcom. Quest’ultimo ha lavorato per anni a vari giochi legati a franchise dell’editore, come Mega man, ma stanco di sviluppare seguiti ha deciso di abbandonare la ditta e mettersi in proprio. Una figura perfetta per seguire la filosofia di Clover Studio, adesso Seeds Inc., adesso, finalmente Platinum Games.
Con Minami come capo e amministratore delegato, già simpatizzante per quell’idea di sviluppo che muoveva gli altri tre, e Inaba, Mikami e Kamiya nei ruoli di produttori o direttori, i leader del team sono pronti a darsi da fare. A ottobre 2007 nasce Platinum Games. Per dir la verità, sul sito ufficiale della software house si scopre che loro stessi identificano la loro data di nascita nel febbraio 2006. Dunque prima dell’uscita dei due giochi di punta di Clover Studio, Okami e God Hand, e prima anche che le figure chiave di Platinum Games abbandonassero Capcom. Come a suggerire che i leader del team avessero pianificato da tempo l’abbandono di una compagnia che vedevano ossessionata dai sequel e restia a finanziare nuove IP.
Alla faccia di Capcom
Leggendo tra le righe degli eventi, viene fuori un aspetto interessante della direzione di Platinum Games. Dopo un anno dalla nascita, la software house ha annunciato una partnership con Sega, uno tra i principali competitor di Capcom. Inoltre il team di sviluppo si stabilisce a Osaka, dove tuttora ha sede, città dov’è situato anche il colosso da cui si sono appena staccati. Infine i primi titoli su cui lo studio si mette al lavoro appartengono a generi in cui Capcom è maestra.
Quasi un guanto di sfida, lanciato all’editore giapponese che voleva tarpare la loro creatività. Lo stesso Minami dichiarò che i progetti erano unici e creativi, e lodò il coraggio di Sega di pubblicare giochi rischiosi. In più aggiunse che fu solo grazie al producer se poterono portare questi titoli anche sul mercato occidentale.
Va sottolineato anche che dopo la chiusura di Clover Studio Capcom si è effettivamente arenata nella produzione di seguiti sottotono, trascinata anche lei nella crisi creativa del mercato videoludico giapponese. In effetti solo negli ultimi anni il publisher nipponico sta tornando alla ribalta, riuscendo a rimettere in carreggiata i suoi franchise maggiori, Resident Evil e Devil May Cry, e riportando Monster Hunter su console casalinghe.
I primi passi
Nel frattempo, i ribelli di Platinum Games lavorano per Sega, e sfornano nel 2009 ben quattro titoli! Il primo di questi è MadWorld, un beat ’em up hack and slash uscito in esclusiva Wii, che seppure avesse uno stile particolare ed elementi interessanti, è finito nel dimenticatoio. Il gioco ricordava per alcuni aspetti God Hand, citandolo anche, ma era più accessibile e con una grafica comic-style che strizzava l’occhio a Sin City, di cui proprio in quegli anni era uscito il film. Fu prodotto da Inaba e diretto da Shigenori Nishikawa, altro ex dipendente di Capcom alla prima esperienza a capo di un progetto.
Un caso emblematico: uno dei tanti giochi third party di qualità che non hanno sfondato sul mercato perché usciti in esclusiva su Wii o Wii U. Il titolo fu apprezzato dalla critica, ma vendette molto poco, anche a causa delle controversie legate alla violenza. Quest’esperienza porterà Sega a rinunciare a produrre opere così mature per piattaforme Nintendo, anche se Platinum Games ha dichiarato nel 2010 che gli sarebbe piaciuto realizzarne un seguito. È molto interessante che guardandolo con il senno di poi, MadWorld era un manifesto di ciò che avrebbe contraddistinto lo studio negli anni a venire. Ossia uno stile estetico distintivo e qualità realizzativa sopra la media, soprattutto sul gameplay, il tutto accompagnato da soundtrack accattivanti.
Il secondo titolo di Platinum Games è ancor meno conosciuto, almeno da noi, ed è Infinite Space. Un gioco di ruolo di esplorazione spaziale per Nintendo DS. Un sistema di combattimento originale e una galassia pressoché infinita non sono bastati a far sfondare il titolo, che ha venduto discretamente in giappone, ma poco in occidente. Probabilmente anche a causa dell’uscita in ritardo di quasi un anno e della difficoltà elevata.
Il successo
A questo punto arriva il primo grande colpo di Platinum Games. Sale in cattedra Kamiya e sforna un gioco che nelle intenzioni vuole rivoluzionare il genere per cui lui stesso ha gettato le fondamenta, con il primo Devil May Cry. Con Bayonetta, la provocazione lanciata dal director è grossa e rischiosa. Anche perché il team che ha sviluppato il titolo sulla Strega ha preso il nome di Team Little Angels, contrapponendosi al Team Little Devils che aveva sviluppato il primo gioco su Dante.
La prima opera in alta definizione di Platinum Games è una pietra miliare degli action in terza persona, ancora oggi una punta di diamante del genere. Innovativo e carismatico, fu la riaffermazione del talento della software house, adesso sotto gli occhi di tutti. Nonostante ciò, lo sforzo del team nello sviluppo fu enorme, e più voci dall’interno si dissero insoddisfatte, sia dell’ottimizzazione della versione PlayStation 3, sia delle vendite in generale. Sul making of di Bayonetta è possibile trovare su YouTube un’interessante e dettagliato documentario.
Esperimenti e addii
E infine, il quarto e ultimo gioco prodotto dalla collaborazione tra Sega e Platinum Games è Vanquish, diretto da Mikami. Spostandosi su tutt’altro genere, sulla scia del suo Resident Evil 4, il director sviluppa uno sparatutto in terza persona. Il gioco prende e migliora molti elementi dell’ultimo horror di Capcom, ma anche e soprattutto del grande successo di Gears of War. Anche Vanquish fu estremamente apprezzato dalla critica, acclamato come titolo innovativo per il genere di appartenenza. Ma anche questo è un titolo che da noi, purtroppo, è passato un po’ in sordina. In ogni caso, dopo aver ultimato il progetto, Mikami lascia Platinum Games per mettersi in proprio, fondando Tango Gameworks. Stando alle parole di Minami, la rottura con il director di Vanquish è stata pacifica e tutt’altro che inattesa.
Ormai affermatisi nel panorama videoludico, i ragazzi del team firmarono un accordo per un quinto titolo in collaborazione con Sega. Arrivato in Occidente con il titolo di Anarchy Reigns nel 2013, quello che è di fatto il seguito di MadWorld, ma senza lo stile fumettoso, fu vittima di una pessima campagna pubblicitaria, oltre a soffrire di svariati difetti oggettivi. E difatti fu indiscutibilmente un insuccesso, nonché l’ultimo titolo (ad oggi) prodotto da Sega e sviluppato da Platinum Games. Non stupisce, visto le cattive vendite, ma anche il pessimo porting su PlayStation 3 di Bayonetta, che entrambe le parti fossero felici di recidere il legame.
Giochi su licenza
Ma ormai i creativi di Osaka sono un team affermato, soprattutto se si parla di action in terza persona. E così un signore giapponese, tale Hideo Kojima, li contatta nel 2011 per continuare i lavori sullo spin-off di Metal Gear Solid, Rising. Addirittura Kojima li definì l’unico studio in grado di lavorare su un gioco action con combattimenti basati su spade. Già questo un riconoscimento abbastanza importante. Quindi nel 2013 uscì anche Metal Gear Rising: Revengeance, che seppure non sia riuscito a mettere d’accordo tutti i fan del franchise, fu comunque un successo di critica e pubblico. Oltre a essere stato il primo gioco sviluppato su licenza, per Platinum Games.
Produzioni Nintendo
Ma il buon Hideo non fu l’unico a notare la bravura dello studio di Osaka. Fu niente meno che la grande N di Kyoto a contattarli per firmare un contratto per due titoli esclusivi. Il primo di questi giochi prodotti da Nintendo fu The Wonderful 101, diretto da Kamiya e prodotto da Inaba. Nel gioco si comandava un gruppo di supereroi in visuale isometrica che, sfruttando le funzionalità del controller di Wii U, si potevano combinare in varie forme. Ma la cosa davvero interessante di The Wonderful 101 era il suo setting e il suo stile unico: sobborghi futuristici fatti di supereroi e alieni cattivi. Il gioco ebbe un buon successo di critica, ma non di pubblico, nemmeno in Giappone. Il motivo? Quasi sicuramente la piattaforma. La sfortunata Wii U fu la tomba di molti giochi validi, confinati ad una base installata di giocatori estremamente limitata.
L’altro titolo finanziato da Nintendo fu il seguito di Bayonetta, in esclusiva. Cosa che fece molto discutere, in quanto il primo capitolo era multipiattaforma. Stando alle parole di Inaba, il seguito era in sviluppo su produzione Sega, ma i lavori furono interrotti. Fu a quel punto che Nintendo subentrò, finanziando il titolo senza interferire con lo sviluppo. Il gioco venne diretto da Yusuke Hashimoto, mentre Kamiya si limitò alla supervisione. Bayonetta 2 si limita a essere un seguito iterativo, un apprezzabile more of the same. Il che non è un problema se la base su cui si costruisce è il primo Bayonetta. Anche in questo caso comunque, le vendite non furono soddisfacenti, probabilmente sempre a causa di Wii U.
Licenze non sempre ben sfruttate
Da questi insuccessi di vendite, dovuti anche a una generale sfortuna della software house, deriva la decisione di dedicarsi ad alcuni sequel su licenza, per fare cassa. Contemporaneamente a dei titoli pubblicati da Activision, tra Transformers e serie animate, arriva un’altra prestigiosa collaborazione, di nuovo con Nintendo. Nel 2013 infatti, Kamiya affermò che gli sarebbe piaciuto continuare una serie storica come Star Fox e Miyamoto, padre della serie (ma anche di Mario e Zelda), si disse felice dell’idea.
Così nel 2016 arrivò Star Fox Zero, un titolo solo in parte sviluppato da Platinum Games, che non ottenne il successo sperato. L’uso del paddone di Wii U era scomodo, i controlli obsoleti e il gioco in generale troppo poco innovativo rispetto agli altri capitoli della serie. In effetti su Metacritic il gioco ha un non esattamente lusinghiero 69/100. Anche le vendite, seppur non troppo contenute, non furono all’altezza delle aspettative.
Il più grande flop
È un periodo di transizione per Platinum Games, quello a cavallo tra il 2016 e il 2017. Da un lato Minami abbandona la sua posizione di presidente e CEO e viene succeduto da Kenichi Sato, già produttore esecutivo. Dall’altro, un titolo annunciato in pompa magna e attorno cui si era già creata grande attesa, viene improvvisamente cancellato. Scalebound era un gioco diretto dal solito Kamiya e prodotto da Microsoft per uscire in esclusiva sulle sue piattaforme. Era in sviluppo fin dal lontano 2013 e atteso per il 2017 sugli scaffali, ma nel gennaio di quell’anno la stessa casa di Redmond annunciò che il gioco era stato cancellato.
Una pagina triste quella riguardo Scalebound, un titolo che sembrava una potenziale killer application per Xbox One, con un protagonista carismatico a cavallo di un drago in un’ambientazione fantasy, una grafica da urlo ed elementi da gioco di ruolo. La sua cancellazione ha lasciato delusione e dubbi nella community, che non ha mai trovato una reale spiegazione, se non che il titolo fosse troppo al di sotto delle aspettative per essere pubblicato.
Un peccato che un progetto così ambizioso, tra le idee di Platinum Games fin dalla fondazione e posticipato per ben due volte, non abbia mai visto la luce. Infatti il concept di Scalebound venne scartato in favore di quello di Bayonetta: il progetto era in cantiere già nel 2007-2008. Proprio di recente Inaba ha risposto ad alcune domande al riguardo, sostenendo che la colpa era tanto di Microsoft quanto del team di sviluppo, anche se il grande pubblico se l’è presa soltanto con il publisher.
E adesso, di nuovo alla ribalta
Lo stesso Kamiya ha detto di recente che Yoko Taro ha salvato Platinum Games, che dopo la cancellazione di Scalebound era sull’orlo del fallimento. Nier: Automata, prodotto da Square Enix, è stato forse il più grande successo di Platinum Games. L’action-RPG uscito nel marzo del 2017 è stato acclamato all’unanimità dalla critica, e premiato dal pubblico con oltre 2 milioni di copie vendute. Cifre mai viste prima per un gioco sviluppato dal team.
Il titolo era un connubio degli elementi action marchio di fabbrica dello studio, con altri tipicamente ruolistici, in un mondo aperto abbastanza variegato. Il tutto accompagnato da una narrazione profonda e matura, incentrata su temi tipici del genere sci-fi e cyberpunk, con una colonna sonora semplicemente meravigliosa. Un successo meritato e indiscusso, a cui probabilmente verrà presto dato seguito, come vari rumor hanno suggerito.
Per quanto riguarda gli ultimi anni, Platinum Games risulta al lavoro su Babylon’s Fall, di cui conosciamo soltanto un teaser, e su Bayonetta 3, di cui invece non si sa nulla. Nel frattempo lo studio ha sviluppato il recentissimo Astral Chain, di cui potete leggere qui la nostra recensione. Un’altro titolo coraggioso e azzeccato, prodotto ancora una volta da Nintendo.
Rischiare come filosofia di sviluppo
Platinum Games è una software house con un’identità chiara e inconfondibile. Indipendenti a costo di fallire, i ragazzi di Osaka vogliono continuamente rischiare e mettersi in gioco, provando a sviluppare qualcosa di nuovo, di diverso, di innovativo.
Non sono mancanti, negli anni, grossi fallimenti e titoli dimenticabili. Bisogna però dire che probabilmente il team di sviluppo non è stato in grado di vendere i suoi migliori giochi, non riuscendo a raggiungere grosse fette di pubblico che avrebbero potuto apprezzarli. In questo senso è comprensibile che i migliori successi del team siano arrivati quando alle spalle c’era un grosso publisher, che si è potuto occupare della campagna di marketing. Va anche detto che il legame con Nintendo negli anni bui della Wii U ha sicuramente limitato molto il potenziale successo della software house.
L’importante è che dopo oltre 15 anni di lavoro, Platinum Games è ancora lì, indipendente e creativa, coraggiosa nell’affidare progetti di spessore a sviluppatori giovani: uno dei baluardi dell’industria giapponese. Speriamo che il team continui sempre a proporre nuove idee e a sviluppare giochi di qualità, all’altezza del motto che campeggia sulla porta principale della loro sede: Il platino non perde mai il suo lustro