Dopo un anno di attesa rispetto alla release per PC (via Steam), anche i giocatori console possono affrontare il viaggio della dannazione di Darkest Dungeon 2. Il team di Red Hook Studios, dopo aver creato un vero e proprio cult game con il primo capitolo del 2016, si è lanciato nuovamente in una nuova avventura, non senza prendersi qualche rischio.
Lungi dal proporre infatti una versione bigger and better del successo di Darkest Dungeon (riconosciuto da critica e pubblico), lo studio operante a Vancouver ha scelto di giocarsi carte audaci. Invece di una omogena campagna epica con un gruppo di sventurati che tenta di sopravvivere tornando di volta in volta ad una base centrale, Darkest Dungeon 2 abbraccia un concept puramente roguelike pur non dimenticando l’affascinante e complessa impostazione dei combattimenti da CRPG. Saranno riusciti gli sviluppatori canadesi a creare tuttavia un titolo migliore?
Oltre che per PC, il titolo è disponibile dal 15 Luglio anche per PlayStation 4, PlayStation 5, Nintendo Switch, Xbox One ed Xbox Series.
Versione testata: PlayStation 5
Carovana nel deserto
In un mondo scivolato nell’oscurità e nella disperazione, sarete incaricati dall’anima dannata di un accademico di custodire e salvaguardare l’ultima fiamma di speranza del mondo. Un vero e proprio oggetto fisico, che dovrete difendere in un periglioso viaggio tra selve oscure e luoghi dannati verso l’enigmatica Montagna, che potrebbe nascondere in sé l’unica ancora di salvezza per il genere umano… o della sua eterna perdizione.
Questa è l’affascinante premessa narrativa di Darkest Dungeon 2, un titolo che inizia con pochi cenni, centellina rivelazioni e affascina con informazioni tanto sulla trama principale quanto sulla storia e sul fato dei vostri compagni d’arme. Perché la vostra diligenza sarà sorvegliata sempre da quattro di dodici personaggi, ciascuno rappresentante una classe specifica espressione di ben precisi playstyle. Proprio il cast è il principale modo attraverso cui avrete interazione col mondo creato dal team di sviluppo, con le sue turbe, con le sue oscurità, con la sua devianza e con la sua spietatezza. Un universo che vi metterà in soggezione, a disagio nei confronti della sua oscurità quasi eterna, atterriti di fronte ad ostacoli così elevati da risultare inumani.
Se il passaggio dalla città del primo capitolo alla carovana di Darkest Dungeon 2 ha comportato molte conseguenze sul piano ludico (anticipiamo, non tutte positive) è tuttavia evidente che il senso di precarietà in un mondo così ostile e malato è qui reso in maniera molto più palpabile. Il tutto è reso possibile grazie alla caratteristica direzione artistica della serie, che si esalta non solo nella rappresentazione di personaggi e scenari, ma anche nella composizione delle musiche (di Stuart Chatwood) e dei suoni (di Power Up Audio). Positivamente tremende e deprimenti.
Armata delle tenebre
Darkest Dungeon 2, come anticipato, varia un po’ l’impostazione tanto apprezzata nel predecessore, in cambio di un approccio strutturalmente diverso.
Addio dunque all’hub centrale al quale tornare, un porto franco nel quale migliorare il proprio gruppo e proseguire in una campagna tendenzialmente coesa e ben orchestrata. Benvenuto approccio spudoratamente roguelike in cui ogni partita equivale ad un viaggio della Carovana, composta di volta in volta con personaggi differenti e variabili inedite. Le locande fungono da fugaci punti di ristoro in cui rifocillarsi, placare gli spiriti ed acquistare miglioramenti per il proprio party, in vista di un nuovo percorso tra le tenebre al quale sopravvivere per avvicinarsi alla Montagna.
In questo senso, la struttura di Darkest Dungeon 2 è quanto di più schematico possibile in ambito roguelike. Dovrete di volta in volta scegliere un percorso tra diverse opzioni, raccogliere quanto seminato dalla vostra scelta, tentare di sopravvivere il più possibile per arrivare, alternativamente, ad un upgrade perpetuo da importare nelle prossime run o direttamente alla fine del vostro pellegrinare.
Viceversa, il sistema di combattimento torna in tutta la sua affascinante stratificazione. Mutuato da una classica infrastruttura a turni, gli scontri si basano su uno strategico posizionamento in campo che determina non solo l’area degli attacchi ma anche la possibilità di interagire con alleati ed avversari. Posizionare in prima linea un tank permette di assorbire gran parte dei colpi dei nemici più inetti, ma fornire una giusta man forte dalle retrovie (offensiva e difensiva) è la chiave di volta per affrontare i difficilissimi incontri durante il tragitto. Oltre a gestire la disposizione in campo, che può cambiare dinamicamente in ogni scontro, dovrete infatti apprendere una vasta quantità di status alterati che dovrete apprendere, saper curare e maneggiare alla svelta… perché le armate delle tenebre non vi aspetteranno, questo è sicuro.
A ben vedere dunque, la differente impostazione di Darkest Dungeon 2 da un lato perde la personalità e caratterizzazione del primo indimenticabile capitolo, sebbene il sistema di combattimento torni in tutto il suo oscuro splendore. Dall’altro lato però, comprendiamo la ratio della scelta per fornire al pubblico uno schema ludico più familiare. Perché sia chiaro, questo titolo non fa sconti a nessuno.
Non è un paese per vecchi
Darkest Dungeon 2 è un titolo difficile. Parecchio.
Inutile indorare la pillola e paventare una situazione diversa. Il nuovo titolo di Red Hook Studios è sensazionalmente complesso, talmente luciferino nelle sue impostazioni da risultare quasi ansiogeno nelle prime ore.
Verrete infatti travolti da un mare magno di tutorial che tenteranno di spiegarvi in poche righe un numero assurdamente elevato di meccaniche, feature e caratteristiche, tanto fondamentali da apprendere quanto sfuggenti e fumose nell’impatto iniziale del titolo. Non che gli sviluppatori non abbiano fatto il massimo possibile per introdurre correttamente alla complessità di Darkest Dungeon 2. Semplicemente, si possono alleggerire determinate cose fino ad un certo punto. Dovrete sbatterci la testa, chiaro e semplice.
Che sia per il numero pesantemente elevato di oggetti a disposizione (oltre 250), per l’ermetismo delle infinite icone presenti (tra simboli, status alterati e molto altro), per la difficoltà ben sopra alla media o per l’imbarazzante numero di peculiarità del titolo, Darkest Dungeon 2 sa essere spiazzante per ogni giocatore.
Non si tratta di un titolo impossibile, sia altrettanto chiaro. Superata (con difficoltà e testardaggine) la ripida salita iniziale, il titolo si apre ad una governabilità che saprà regalare gioie immense agli stakanovisti. Potrete apprezzare l’adorabile complessità dei sistemi ludici, le sinergie tra i membri del party, il tatticismo delle scelte nei punti di ristoro. Peccato però che dovrete mettervi nella forma mentis di adottare la proverbiale Santa pazienza per arrivare a questo punto. Perché, tra le altre cose, Darkest Dungeon 2 ha altresì la simpaticissima abitudine di essere spietato nella randomizzazione, al punto da farci domandare se in alcuni momenti la CPU non avesse già deciso di farci capitolare a prescindere dal grado di preparazione della nostra spedizione. Una sensazione che non dovrebbe mai essere suscitata nel player, che potrebbe realmente sentire come “scorretto” l’equilibrio generale della produzione.
Commento finale
Dopo l’esordio su PC, Darkest Dungeon 2 arriva su console segnando il ritorno di uno dei roguelike più interessanti del panorama indipendente. Red Hook Studios non si accontenta tuttavia di migliorare le ottime basi del primo capitolo, bensì ne prende le migliori caratteristiche per rivoluzionarne altre mettendoci alle redini di una carovana impegnata in un vero e proprio viaggio della speranza tra tenebre e dannazione. Il risultato finale, benché di altissimo livello, deve fare tuttavia i conti con una difficoltà elevata, un importante grado di casualità ed un mare quasi infinito di possibilità tattiche tra oggetti, status alterati e molto altro. Una sommatoria di elementi che lo rendono, paradossalmente, meno accessibile del predecessore e forse anche meno godibile. Per tutti coloro che non si spaventano di un’esperienza ruvida, complessa ed impegnativa, qui troverete pane per i vostri denti.