Recensione Elden Ring

Elden Ring un videogioco action RPG sviluppato da FromSoftware e pubblicato da Bandai Namco Entertainment. Diretto da Hidetaka Miyazaki, è stato realizzato in collaborazione con l’autore del “Trono di Spade”: George R. R. Martin.

Il titolo è attualmente disponibile per PC, PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X/S.


Versione testata: PS5


Narrazione

I Soulslike, come ormai tutti i fan, ma anche le persone meno esperte di questo sottogenere e derivati, sono famosi per due macro aspetti fondamentali. Il primo è il gameplay, punitivo, molto trial and error, che fa leva sulla bravura dei giocatori nell’applicare le migliorie a quella che è l’evoluzione del gameplay stesso, e la narrazione. La narrazione, quasi unica per come è strutturata, non si ritrova facilmente negli altri titoli, è stata portata avanti da FromSoftware in maniera fiera e convinta, partendo dal vecchissimo Demon’s Souls, passando per Dark Souls, che ha esteso e variato questo tipo di scrittura con una serie di novità che si sono poi evolute nel corso degli anni. Così come i vari prodotti della trilogia Dark Souls o Demon’s Souls Remake fino ad arrivare ai più recenti Bloodborne e Sekiro: Shadows Die Twice, la software house nipponica ha sempre portato avanti questa volontà di raccontare una storia senza prendere per mano il giocatore, creando così un universo narrativo tutto da scoprire, da ricavare ed esplorare, e capace di ripagare in maniera incredibile chiunque abbia la voglia di impegnarsi nel compito.

Non è un mistero che ancora oggi la community di fan e addetti ai lavori continui a cercare di esplorare l’universo narrativo che si cela dietro a Dark Souls. Questo titolo risulta quello che più ha messo in risalto la lore perché è quello che più di tutti ha avuto sin dall’inizio la capacità di inserire una serie di nozioni narrative da esplorare e da ricavare anche dai posti più impensabili e dagli oggetti più trascurabili, come ad esempio una descrizione di un oggetto di equipaggiamento. Chiaramente col passare degli anni l’azienda ha esplorato e perfezionato questo modo di raccontare la storia sperimentando tipologie diverse in base al capitolo di riferimento. Se nei vari Dark Souls è rimasta la fedeltà a questo tipo di narrazione, seppur col terzo FromSoftware abbia cercato un po’ di chiudere anche i discorsi rimasti aperti con gli altri capitoli, è con Sekiro in particolare che viene sperimentata una narrazione più aperta e meno criptica, cosa che si è vista, in parte, anche in Elden Ring.

Elden Ring cerca infatti di essere un prodotto più chiaro, più lineare nella narrazione e fin dall’inizio si ha un obiettivo che sembra preciso, senza in alcun modo snaturare quella che è sempre stata l’ossatura tradizionale dei titoli FromSoftware. In Elden Ring ci sono una marea di posti segreti, una marea di personaggi nascosti, da trovare, da aiutare, da “vivere”, che possono ampliare a dismisura un parco narrativo incredibile, il più ampio di quelli visto fino a questo momento nelle opere di FromSoftware. Definiremmo il comparto narrativo di Elden Ring una sorta di cupola nella quale si racchiude un’infinità di cose che sembrano nascoste ma che, una volta scoperte, si preoccupano di nascondere altre cupole, altri segreti, una sorta di camper Micro Machines in cui sono nascoste una moltitudine di macchinine. Questo lo abbiamo constatato assaggiando forse neanche il 50% di quanto l’Interregno ha da offrire, avendo portato avanti una run da circa 80 ore, per poi scoprire proseguendo che avevamo perso un’enorme quantità di cose. Da questo punto di vista il gioco ha una narrazione incredibile anche rispetto a quelli che sono i precedenti lavori di FromSoftware.

Proprio nel suo voler essere più chiaro Elden Ring riesce a portare sugli schermi una storia anche se vogliamo più fantasy, da cui tra l’altro si vede anche la mano di George R. R. Martin, che ha collaborato attivamente alla creazione del mondo di gioco. Quest’ultimo mette su schermo una quantità di figure, di personaggi, di storie, di sottostorie, che si intrecciano in un’enfasi narrativa impressionante. Banalmente, Elden Ring, da buon titolo fantasy nasconde un’infinità di forze in gioco, tantissime figure ognuna con un proprio arco narrativo, una propria identità tematica, che vanno a intrecciarsi con altre, creando di conseguenza un agglomerato di nozioni, di informazioni, di cose da percepire e assimilare a dir poco smisurato. Sin dalle primissime ore, senza chiaramente farvi alcun tipo di spoiler, si evince che quasi tutti questi personaggi, anche quelli apparentemente più marginali, hanno sempre qualcosa da dire. Elden Ring è dunque un gioco che pur volendo essere più chiaro nelle intenzioni si mostra ben più complesso e sfaccettato di quelli precedenti.

Il tutto si basa su un plot narrativo raccontano con la solita maestria della cinematica iniziale che è già entrata nel mio cuore e in quello, immagiamo, di tutti gli appassionati del gioco e del lavoro di Miyazaki in generale. La cinematica racconta di una storia di dei, di semidei, creature oscure e una serie di complotti molto “martiniana”, per così dire, in cui proprio la distruzione del celebre Elden Ring, l’oggetto del desiderio principale dell’avventura genera un’ondata di eventi che andranno a susseguirsi nel corso del gioco. Questi eventi affondano le radici principalmente nel desiderio degli eredi di Marika, ma non soltanto, di assimilare, di assorbire, di rubare un pezzo dell’Anello Ancestrale e sfruttarlo per i propri interessi di plasmare il mondo che ognuno di loro avrebbe voluto. Di conseguenza è chiaro che in Elden Ring il potere, la voglia di primeggiare, a differenza di quanto accade negli altri titoli targati FromSoftware, risulti l’aspettò più importante. E ognuno di loro, ognuno di questi semidei rimasti in vita, ha un suo modo di fare, una sua storia, e il giocatore può in qualche modo vivere in maniera totalitaria rutto ciò che offre questa struttura narrativa che si racchiude all’interno e all’esterno di ognuno di essi.

Gameplay e novità

Chiaramente, essendo un prodotto inedito, che vuole rappresentare il punto di partenza per un futuro che si preannuncia roseo, a dir poco, per la software house nipponica, Elden Ring non si ferma soltanto alla diversa gestione del comparto narrativo e del modo di raccontare la storia che si cela dietro a quello che il videogioco è, ma si differenzia anche nel gameplay, un altro aspetto fondamentale e che ha reso celebre il lavoro di FromSoftware. Non è un mistero che molti giocatori non hanno una particolare predilezione per il cercare risposte, segreti, “verità” celate dietro a quella che è la storia del gioco, ma si lasciano trasportare dal gameplay sublime che Miyazaki e il suo team hanno saputo confezionare capitolo dopo capitolo, partendo da Demon’s Souls, che aveva delle basi ludiche interessanti e rivoluzionarie fino ai vari Dark Souls, che hanno perfezionato sempre di più la formula, passando chiaramente per i più recenti Bloodborne e soprattutto Sekiro, che hanno ampliato in maniera, per così dire, definitiva quella che è un’ossatura ludica a tratti encomiabile e impressionante.

Elden Ring, come un buon sequel spirituale, si preoccupa di combinare in maniera sapiente tutte quelle che sono le influenze dei vari prodotti usciti fino a questo momento, quindi senza in qualche modo “buttare” quanto fatto nel corso degli anni, ma ereditando questi tratti e perfezionandoli o comunque ampliandoli in modo più che valido. Elden Ring è un prodotto che si è sempre presentato ai nastri di partenza un po’ con la nomea di Dark Souls 4, e di fatto definirlo un Dark Souls mascherato non è nemmeno così sbagliato. Infatti, pad alla mano, Elden Ring si presenta veramente come una sorta di Dark Souls 3 misto a Sekiro, a Bloodborne e Dark Souls 2. Questo non è un difetto, anzi, una sorta di “summa cum laude” di tutto il lavoro fatto da Miyazaki in questi anni, e proprio Elden Ring riesce a ereditare i tratti dei lavori precedenti e metterli insieme, funzionando alla grande. Basti pensare come Bloodborne sia stato un’evoluzione del primo Dark Souls, che è di fatto quello che più si stacca da tutti gli altri titoli targati FromSoftware, non soltanto a livello narrativo ma anche a livello videoludico. Sekiro ha fatto la stessa cosa, si è staccato nettamente dagli altri, introducendo delle novità molto apprezzate.

Tutte queste novità sono state ereditate da Elden Ring, che si presenta, pad alla mano, come un Dark Souls 3.2, perché comunque la base è quella, ma arricchito con le influenze di Sekiro. Troviamo dunque tra le novità principali il salto e lo stealth. Tutto funziona perfettamente. Certo, il livello di difficoltà è alto e, a dispetto delle fasi iniziali in cui risulta essere il Soulsborne più accessibile, in realtà è uno dei più complessi, soprattutto nelle fasi avanzate, indipendentemente dalla classe scelta, con un livello di sfida sempre tarato verso l’alto senza essere però mai sbilanciato.

Classi migliorate e non solo

Parlando di classi, anch’esse hanno subito un’evoluzione, per quanto non si tratti di nulla di clamoroso. Certo, sono state aggiunte molte classi interessanti e un po’ in rottura con quella che è la struttura “vecchia” di From, come il samurai, che fa la sua comparsa per la prima volta nelle opere di Miyazaki. Lo abbiamo provato un po’ di tempo e ci è piaciuto, anche se poi alla fine abbiamo optato per una build forza-intelligenza. Abbiamo notato in questi frangenti una personalizzazione impressionante, forse più che in passato: in Elden Ring è possibile creare tantissime build, con tantissime armi in grado di modificare anche pesantemente il gameplay del gioco. A livello di gameplay i problemi principali sono un po’ quelli storici dei titoli FromSoftware, come ad esempio hitbox, compenetrazioni poligonali, telecamera. Detto questo, ci troviamo comunque di fronte ad un titolo che a livello di gameplay e in particolare di combat system può veramente fare scuola.

Tra le novità più importanti, oltre al salto e allo stealth, troviamo anche due grosse novità veramente cardinali: l’introduzione della mappa di gioco, visitabile ed esplorabile sin da subito ma di cui parleremo più avanti, e la possibilità di utilizzare la cavalcatura, Torrente. Ormai li conosciamo tutti, Torrente è un destriero spettrale su cui si può viaggiare in lungo e in largo per l’Interregno e grazie al quale possiamo saltare più in alto, raggiungere luoghi apparentemente irraggiungibili, e via dicendo. Inoltre, su Torrente è anche possibile combattere, e alcuni scontri sono proprio pensati appositamente per essere affrontati con l’ausilio della cavalcatura. Pertanto, l’introduzione della mount non è marginale come potrebbe sembrare, non si lega solo al fattore esplorativo, ma modifica anche il gameplay. È infatti presente un sistema per potenziale gli attacchi del giocatore quando in groppa a Torrente, legato all’aggiunta di un talismano. Proprio i talismani sono un’altra novità introdotta con Elden Ring: questi vanno ad ampliare l’efficacia di alcuni bonus, risultando l’equivalente degli anelli presenti nei vari Dark Souls.

Oltre a queste novità, in Elden Ring troviamo anche un’altra interessante aggiunta, una delle migliori probabilmente, capace di modificare in modo radicale l’esperienza di gioco. Ci riferiamo all’introduzione delle Ceneri di Guerra, degli oggetti reperibili sia dai nemici sia dalla semplice esplorazione, che vanno ad applicare delle skill alle armi, delle weapon art, come ormai si suole chiamarle. Chiaramente, in base a ciò che aggiunge ogni Cenere sarà utilizzabile solo su determinati tipi di armi. Oltre a questo comunque le Ceneri di Guerra hanno anche un’altra funzione, molto più importante e in grado di rendere l’esperienza più interessante: esse sono in grado di alterare i modificatori delle armi. Ad esempio una spada scala C con forza e D con fede può subire un cambiamento allo scaling, magari diventando una D in forza e una C in fede applicando ad essa una Cenere di Guerra che sfrutta l’elemento fulmine. La costruzione delle build diventa così ancor più variegata, interessante e personalizzabile.

Come anticipato, il ritrovamento delle Ceneri di Guerra è una meccanica legata anche e soprattutto alla natura open world del gioco. Inoltre, ricollegandoci a quanto detto in apertura di recensione, e lo ribadiamo, Elden Ring è un prodotto smisurato, anche a livello fisico, esplorativo e di mondo di gioco. Esso si presenta come uno degli open world più ricchi, sia a livello di quantità sia a livello di densità mai visti nella storia dei videogiochi, nella storia recente e non. Di conseguenza, è possibile esplorare ricercando nuove zone, segreti, personaggi. Ciò risulta di fondamentale importanza sia per trovare oggetti quali le Ceneri di Guerra sia per scoprire nuove quest da portare avanti. L’esplorazione va a braccetto anche con un’altra delle novità introdotte in Elden Ring, ossia il crafting: è infatti possibile creare una gran quantità di oggetti differenti, utilizzabili sia in battaglia sia per agevolarsi il farming e quant’altro, una novità molto interessante che può sembrare marginale nelle prime fasi dell’avventura ma che assume un’importanza sempre maggiore man mano che si prosegue. Questa meccanica si sblocca praticamente subito: parlando col primo mercante itinerante, Khale, che troviamo alla Chiesa di Elleh, si ha la possibilità di acquistare il Kit di Creazione, che vi darà accesso agli oggetti più disparati, semplicemente trovando nel mondo di gioco o acquistando dagli altri mercanti degli specifici item.

Open World ed esplorazione

Gli oggetti che è possibile creare sono molteplici, tutti con differenti utilizzi, e la loro creazione richiede materiali via via più rari dunque più complessi da reperire. Il crafting risulta dunque strettamente legato alla natura open world del gioco che, per la prima volta nella storia dei Soulslike, permette di andare in giro in totale libertà, esplorando e raccogliendo tutto ciò che si vuole. L’esplorazione però, e lo diciamo senza girarci intorno, risulta spesso dispersiva: sia i veterani, sia i novizi, sia coloro che hanno un minimo di familiarità con gli open world possono ritrovarsi spiazzati davanti ad Elden Ring, soprattutto a inizio gioco, che offre una quantità di aree liberamente esplorabili a dir poco spropositata. Per fortuna, e questa era una mossa quasi obbligatoria, FromSoftware ha aggiunto un’altra importante novità: la mappa. Essa, liberamente consultabile sin dall’inizio, si riempie, si arricchisce di dettagli grazie al ritrovamento di frammenti di mappa sparsi in giro per il mondo di gioco.

Va da sè che la mappa diventa un’alleata fondamentale e preziosa già dalle battute iniziali. Possiamo assicurarvi che già all’inizio della vostra avventura potete raggiungere vari posti che noi, dopo oltre 100 ore di gioco, avevamo mancato. Di conseguenza, consultare la mappa diventa fondamentale per orientarsi nel vastissimo Interregno, con le sue molteplici caverne, alture, passaggi e via dicendo. A questo proposito assumono un ruolo importantissimo i Luoghi di Grazia Perduta (l’equivalente dei falò dei vari Dark Souls), che consentono di muoversi agevolmente da un luogo all’altro della mappa, e data la sua enorme vastità sono davvero necessari. Essi sono utilizzabili sin da subito, senza la necessità di sbloccare NPC di sorta o eseguire determinate azioni, e i tempi di caricamento durante il viaggio rapido (e anche negli altri frangenti) sono davvero molto bassi, grazie alla velocità degli SSD di PlayStation 5 e di Xbox Series X/S.

Ed è proprio la struttura dell’open world a cambiare pesantemente l’esperienza a livello sia esplorativo sia “di vita” all’interno dell’Interregno: i vecchi giochino targati FromSoftware ci avevano abituati ad aree più piccole ma sapientemente collegate grazie allo straordinario level design, che qui ci regala mappe molto più ampie e liberamente esplorabili. Risulta un world building differente rispetto al passato, non inferiore a livello qualitativo ma diverso. Questa volontà di differenziarsi si avverte sin dall’inizio, con la percezione che ogni area sia in grado di serbare un segreto, un boss, un mini boss, un’altra area persino, o più di una. Ed è proprio questa la forza maggiore del world building di Elden Ring, per quanto ci riguarda, capace di donare al giocatore una continua fame di esplorare.

Esplorare non risulta mai fine a se stesso: andare in giro premia e non si ha mai la sensazione di perdere tempo. Qualsiasi area si decide di setacciare nasconde qualcosa che vale la pena scoprire. Il mondo di gioco è gigantesco e traboccante di cose da scoprire, e questo è uno degli aspetti più riusciti di Elden Ring e, dato il suo essere comunque un Soulslike, viene sempre messa l’accento sul combattimento. Possiamo infatti dirvi che quest’ultima creatura partorita dalla mente di Miyazaki porta con sé un’enorme quantità di boss, tra principali e secondari, di cui molti sono trovabili che camminano liberamente per la mappa di gioco. Affrontarli poi regala sempre un oggetto unico, che sia un’arma, un talismano, una Cenere e quant’altro. Risulta ovvio pertanto che lasciarsi trasportare da quanto il gioco ha da offrire è la chiave principale per vivere l’esperienza nel modo migliore possibile. Basti pensare che all’inizio del gioco siamo finiti in una zona di livello molto più alto, in cui ci siamo trovati per puro caso e abbiamo trovato, altrettanto per caso, un’altra area con un boss opzionale che poi abbiamo scoperto essere uno dei boss più importanti a livello di lore del gioco e che dunque non era così tanto opzionale, non a livello narrativo almeno.

La grande vastità si manifesta anche con una grande qualità dal punto di vista stilistico del gioco. Tralasciando qualche riciclo di asset e via dicendo dai vecchi capitoli, abbiamo potuto constatare quanto il mondo di gioco sia ispirato. In Elden Ring troviamo Gargoyles animati di pietra, draghi, demoni, cavalieri, fantasmi, stregoni, per una varietà davvero incredibile, che si ripercuote anche sul gameplay. La tanta diversità di creature e le novità introdotte in materia di gameplay regalano un’esperienza di gioco differente ogni qual volta si affronta un boss. Quello che li accomuna tutti è la possibilità di trovare un particolare oggetto, ossia le Rune Maggiori. Ogni boss principale, ogni Araldo per meglio dire, una volta sconfitto dà al giocatore una Runa Maggiore che, una volta ottenuta, va portata a un determinato altare per renderla utilizzabile e per usufruire dei boss che essa è in grado di fornire, sempre diversi e tutti con una loro utilità. Di conseguenza anche qua vediamo una grossa differenziazione, grazie all’impatto che le Rune Maggiori sono in grado di avere sul gioco. Siamo sicuri che queste idee, per quanto siano derivative, non originali dunque, abbiano una buona influenza sul gioco e gettino le basi per un futuro molto ispirato per quello che è l’intero ecosistema creato da FromSoftware.

Tecnica e direzione artistica

L’aspetto su cui Elden Ring vince e convince e, anzi, stravince, è senza dubbio quello relativo all’art direction, ancora una volta come da tradizione per la compagnia nipponica semplicemente sbalorditiva. Oggi e ancor più di ieri, FromSoftware ha saputo realizzare un prodotto tanto smisurato quanto affascinante, che non smette mai di stupire, per tutta la sua durata. Elden Ring è infatti un vero e proprio trionfo cromatico e artistico, un inno all’immaginazione fuori scala del director Miyazaki-San, che ha saputo, partendo dalle forti basi dei suoi lavori precedenti, coniare un universo semplicemente incredibile. Il gigantesco Interregno non smette mai di stupire, nemmeno dopo decine e decine di ore, ed è capace di nascondere una quantità di scorci, luoghi e posti nascosti di una bellezza indescrivibile. Dalle colorate lande di Seplocride alla fatiscente decadenza di Caelid, dalla solenne magnificenza del castello di Lyndell fino alle oscure strade di Selia, ogni zona, ogni posto, tutto è sorretto da una direzione artistica che trasmette stile da ogni poro e lo si avverte con una facilità a tratti spiazzante. In questo contesto si affaccia con fierezza anche il design di nemici e NPC vari, tutti attorniati da uno stile incredibile, per quanto in diverse occasioni si è avvertito parecchio il rimando ad alcuni volti già noti negli universi di Miyazaki & co. In Elden Ring c’è davvero di tutto: draghi, cavalieri in scintillanti armature, stregoni, umani trasformati in bestie gigantesche e creature strambe di ogni sorta, che portano avanti con fierezza l’ormai tradizionale lavoro della software house nipponica, che sembra essersi veramente sbizzarrita parecchio a questo giro.

Cotanta beltà, però, si sposa con una realizzazione tecnica decisamente meno performante. La natura cross generazionale del gioco si palesa in maniera molto evidente e per quanto i modelli poligonali e le texture in generale risultino certamente più pulite e rifinite rispetto a quanto visto in passato è evidente quanto la natura del gioco, il cui sviluppo è iniziato nel lontano 2017, sia fondamentalmente ancorata a una generazione di console diversa da quella attuale. Elden Ring offre su PS5 una doppia modalità grafica, qualità e prestazione: la prima si preoccupa di tenere la qualità grafica più vicina ai 4K e in generale con una pulizia maggiore, sacrificando però il frame rate che si blocca sui 30fps; la seconda invece sacrifica la pulizia generale dell’immagine a favore del frame rate, decisamente più alto e con un target di riferimento che punta con decisione ai 60fps. Pur senza riuscire a tenerli sempre fissi su questo indice di riferimento, il gioco si mostra comunque sempre molto fluido e non ha mai dato problemi in tal senso, per quanto comunque la magagne di natura tecnica siano sempre presenti. Parliamo di texture che ricaricano in maniera lenta in alcune aree, modellazione poligonale di alcuni ambienti sottotono, bug vari e della telecamera, come sempre il nemico numero dei giocatori contro diverse tipologie creature, specialmente quelle di dimensioni più generose. Sia chiaro, qualche passo avanti in tal senso è stato fatto, ma c’è ancora molta strada da percorrere.

Molto buono è il comparto sonoro: la OST che accompagna il viaggio è di pregevole fattura e anche il doppiaggio ci è parso di buon livello nella maggior parte dei casi, con gli attori (Khale su tutti) che ci sono sembrati sempre molto calati nella parte e credibili nella loro “gestualità”. Peccato, infine, per la localizzazione italiana, molto imprecisa e in alcuni casi veramente terribile. Certo, non siamo ai livelli catastrofici del primo Dark Souls, ma in ogni caso la situazione non è sicuramente delle migliori.

Commento finale

Elden Ring è il titolo definitivo (lo definiremmo quasi “glorioso”) di FromSoftware. Grazie ad un sistema di combattimento raffinato che racchiude nuove idee e un open world a dir poco perfetto per l’esplorazione, l’opera di Miyazaki stabilisce un nuovo punto di riferimento per i titoli di questo genere. Sebbene si avverta la natura cross-gen, Elden Ring è un titolo essenziale da non lasciarsi assolutamente sfuggire; che siate fan o meno dei Soulslike vi garantiamo che Elden Ring vi immergerà in mondi sublimi dai quali non vorrete più uscirne.

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9.5

Elden Ring


Elden Ring è il titolo definitivo (lo definiremmo quasi “glorioso”) di FromSoftware. Grazie ad un sistema di combattimento raffinato che racchiude nuove idee e un open world a dir poco perfetto per l’esplorazione, l’opera di Miyazaki stabilisce un nuovo punto di riferimento per i titoli di questo genere. Sebbene si avverta la natura cross-gen, Elden Ring è un titolo essenziale da non lasciarsi assolutamente sfuggire; che siate fan o meno dei Soulslike vi garantiamo che Elden Ring vi immergerà in mondi sublimi dai quali non vorrete più uscirne.

PRO

L'esperienza FromSoftware definitiva, Sistema di combattimento migliorato ed incredibilmente appagante, Design artistico e direzione eccezionali

CONTRO

Il framerate non è dei migliori, Alcune texture potevano essere curate meglio, Vari e fastidiosi bug
Riccardo Amalfitano
Riccardo Amalfitano
Videogiocatore sin dalla "tenera" età, amante anche di manga, cinema e serie TV. Ho dimenticato qualcosa? Sicuramente!

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