Sekiro: Shadows Die Twice, i motivi del successo

Sekiro: Shadows Die Twice – Il Lupo con un braccio solo vince anche questa battaglia

La kermesse videoludica di ieri sera (che potete rivivere qui), ha finalmente un vincitore. Molte sono state le previsioni e altrettante le polemiche, dagli annunci inaspettati, come quello della nuova Xbox (nome in codice Series X) al mancato successo di titoli blasonati… qualcuno ha detto Death Stranding?

La serata di ieri, si è conclusa con la vittora di Sekiro: Shadows Die Twice, per chi non conoscesse il titolo, stiamo parlando dell’ultimo lavoro dei ragazzi di From Software e Activision, i quali sotto la supervisione del maestro del genere souls Hidetaka Miyazaki hanno presentato un titolo innovativo e di grande qualità.

Un piccolo ripasso…

Il gioco, uscito verso la fine di marzo, ci mostra le avventure di uno shinobi, meglio noto come “Lupo”, mentre cerca di salvare il giovane ragazzo a cui ha giurato la sua fedeltà.

L’avventura si svolge in Giappone durante il periodo Sengoku, approssimativamente attorno al 16esimo secolo. L’incipit ci mostra una battaglia iniziata per prendere controllo una parte del territorio in questione. Mentre sul campo di battaglia imperversava la morte, il Gufo, nome in codice di un altro shinobi, trova un giovane ragazzo che sembra non aver paura dell’oscuro destino che lo attende.

Allora, lo shinobi adotta questo giovane, e provvede ad insegnargli il Codice di Ferro degli Shinobi, che contiene due regole fondamentali, la prima prevede di obbedire sempre al padre, mentre la seconda parla di proteggere persino a costo della vita il giovane Kuro, ultimo erede divino del sangue di drago.

Il gioco inizia con il protagonista prigioniero di un pozzo nelle terre di Ashina, si trova lì a causa della recente sconfitta in battaglia durante il rapimento del suo giovane lord. Attraverso questo tutorial iniziale, lo shinobi giunge nuovamente dal suo signore e tenta la fuga, però un potente guerriero di nome Genichiro lo affronta e gli infligge un’altra cocente sconfitta, amputandogli il braccio.

Lo shinobi è inoltre conosciuto per il fatto di essere “immortale”, il tutto grazie al potere del sangue del giovane Kuro, suo signore, il quale lo salvò da morte certa facendogli tale dono.

Detto questo, Sekiro: Shadows Die Twice è un gioco che si presenta al pubblico come un Souls, infatti, molti giocatori verranno scoraggiati dalla sua difficoltà, a tratti quasi frustrante. Nonostante ciò, possiamo vedere il gioco come un’avventura dinamica in terza persona, lo distanzierebbe dal genere Souls, il fatto che molte dinamiche GdR sono del tutto assenti e che la narrazione stessa sia molto più potente ed interessante rispetto ad altri titoli dello stesso genere.

Il titolo infatti si mostra in maniera differente, presentandoci per la prima volta in un souls-like le dinamiche collegate alla verticalità, offerta da un’innovazione non di poco conto, la protesi shinobi. Tale strumento viene installato per sostituire il braccio mancante di Lupo, la protesi però non si limiterà a donarvi un “semplice” rampino, grazie ad essa i vostri attacchi saranno micidiali, difatti potrete annoverare tra le vostre armi: shuriken, asce e perfino un rudimentale lanciafiamme.

Amato da stampa e vidogiocatori

Sekiro: Shadows Die Twice è riuscito a colpire sia la stampa specializzata che i videogiocatori, anche quelli lontani dal genere souls-like, tanto da raccogliere una serie di recensioni positive.

La vera acclamazione arriva però dalla recente premiazione arrivata dei The Game Awards, il quale l’ha visto vincere il premio come Miglior Gioco Action/Adventure e come Gioco dell’Anno.

Tra gli avversari sono annoverati titoli di primo piano, da Death Stranding, ultima fatica del game designer nipponico Hideo Kojima al remake horror Resident Evil 2, senza dimenticare Control e The Outer Worlds.

Se non avete ancora provato Sekiro: Shadows Die Twice, potrete acquistarlo qui, sarebbe un bel regalo a voi stessi.

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Fateci sapere nei commenti se per voi la vittoria del titolo di Migliore Gioco dell’Anno è stata meritata o avreste preferito altro.

Andrea Bevilacqua
Andrea Bevilacqua
Nato nei magnifici anni '90 ed entrato in tenera età nel magico mondo dei videogiochi grazie ad un baffuto idraulico italiano ed un prode spadaccino in calzamaglia verde. Oggi, passata la soglia degli "enta", cerco nei moderni capolavori videoludici il titolo in grado di emozionarmi e di regalarmi un gameplay stimolante. Le mie altre passioni sono: musica (ex-chitarrista), calcio (irriducibile cuore rossonero) e cinema.

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