Non è sicuramente semplice sviluppare un gioco e la sfida è ancora più ardua quando si tratta di un titolo di debutto. Basti guardare ai ragazzi di Invader Studios e al loro Daymare: 1998, un titolo dal grande potenziale creativo, ma che – complice diversi passi falsi – non fu realizzato propriamente come ci si aspettava ma gettò le basi per i lavori futuri dello studio, che ha perseverato e migliorato quanto c’era da migliorare, lanciando sul mercato Daymare: 1994 Sandcastle, il secondo capitolo del franchise che abbiamo davvero tanto apprezzato (qui la nostra recensione).
Detto questo, probabilmente la creazione di un videogioco, è resa ancora più difficoltosa – complice aspettative elevatissime – quando lo studio si chiama Ascendant Studios – è nato da poco (nel 2018) – ma è pieno zeppo di sviluppatori che hanno lavorato su titoli del calibro di Dead Space e Call of Duty annoverando fra le proprie “schiere” personalità del calibro di Bret Robbins (director creativo di Dead Space, Call of Duty: WW2, Call of Duty: Advanced Warfare, Call of Duty: Modern Warfare 3). Insomma, un nome storico dell’industry. Il primo progetto di Bret & Co si chiama Immortals of Aveum; si tratta di un FPS in prima persona concepito per essere allo stesso tempo “divertente e stimolante da giocare con una trama forte e personaggi memorabili“. Ma sarà davvero così? Scopritelo nella nostra recensione completa.
Versione testata: PlayStation 5
Una guerra … eterna!
I regni del mondo fantastico di Aveum sono coinvolti in una guerra magica, brutale e incessante soprannominata “Sempiguerra“. I cinque regni che compongono il mondo di Aveum sono stati ridotti a due: Lucium e Rasharn. Tra di loro c’è lo Squarcio, un abisso senza fondo le cui crepe dividono i regni. I giocatori controllano Jak, un ragazzo cresciuto per strada la cui vita apparentemente normale viene stravolta completamente dall’improvviso attacco di Rasharn che – ATTENZIONE SPOLER – stermina tutta la sua famiglia. Il dolore e la rabbia per gli scioccanti eventi, però gli salvano la vita. Infatti, Jak è un Advenuto, ossia una persona che manifesta abilità magiche nel corso della propria vita (e sono state proprio tali abilità a salvargliela). È un raro Triarca, dotato di tutti i tipi di magia e, con questo nuovo potere, decide di unirsi agli Immortali e a Lucium con l’unico obiettivo di porre fine alla Sempiguerra.
Un incipit interessante e che inizialmente ci ha anche tenuto incollati allo schermo. Il problema principale del plot narrativo è che ogni personaggio, si sente in dovere di fare battute. Battute spesso anacronistiche e sopra le righe e quasi sempre fuori contesto. Questa strampalata scelta non fa altro che danneggiare la storia. E con così tanta “comicità” gratuita, risulta davvero difficile prendere sul serio gli eventi che sono accaduti e che accadono in Aveum. Anche titoli come Marvel’s Guardians of the Galaxy (qui la nostra recensione) sanno quando è il momento di evitare battute fuori contesto e darsi un certo tono di “serietà”. Ci sono alcuni momenti più seri nel gioco, ma non si riesce a raggiungere il giusto equilibrio portando il prodotto ad essere troppo scanzonato e spensierato.
E anche se si volesse soprassedere a quanto detto nel paragrafo precedente, Immortals of Aveum è pieno di cliché e di situazioni viste e riviste (e pertanto prevedibili) e stereotipate che rende impossibile lasciarsi coinvolgere dalla storia.
Gameplay
Fortunatamente le infelici scelte narrative sono controbilanciate da un gameplay a tratti strabiliante. Con scelte che funzionano e che divertono. Nello specifico, più di un Call of Duty “magico” ci ha dato più la sensazione che la produzione si sia ispirata ad uno dei recenti capitoli di DOOM di Bethesda e id Software (qui la recensione di DOOM del 2016 e qui di DOOM Eternal). Il grosso del combat system si basa essenzialmente su tre colori della magia, ognuno dei quali ha degli effetti differenti. In parole povere, il blu non è altro che una sorta di fucile a lungo raggio, il rosso funziona benissimo a corto raggio e il verde permette di sparare raffiche di colpi dalla media distanza. Ovviamente per massimizzare al meglio gli attacchi ed evitare cocenti sconfitte, è necessario capire che tipologia di nemico si sta affrontando, carpendone punti di forza e debolezza, e conseguentemente, utilizzando l’attacco giusto. Oltre ai colpi normali, il giocatore ha anche accesso a incantesimi speciali e più potenti, come ad esempio un’esplosione che permette agevolmente di respingere i nemici. Man mano che si andranno a sbloccare le abilità nell’albero delle abilità/talenti, ogni colore/magia diventa più complesso; alcuni attacchi verdi possono accumulare veleno, mentre alcuni attacchi rossi possono applicare corrosione, rendendo temporaneamente più deboli i bersagli. Con un albero dei talenti così variegato è possibile potenziare tutto ma proprio tutto del proprio arsenale. Ciò rende il sistema di combattimento molto personalizzabile oltre che solidissimo, dall’inizio alla fine.
Incantesimi di Furia: Gli attacchi Furia sono attacchi speciali potentissimi. Presentano la loro barra del mana, che viene consumata dopo il lancio e richiede l’uso di un materiale di consumo o di possedere precipui aggiornamenti per ricostituirsi. Vi permettono di eseguire diversi attacchi: lanciare una gigantesca onda d’urto energetica, lanciare missili a ricerca o creare un’esplosione. Sono utili quando si affrontano nemici di un certo livello. Alla fine sarà possibile anche combinare tutti e tre i colori della magia scagliando un enorme raggio laser mortale.
Tuttavia c’è da dire, che man mano che si avanza nel playthrough, ed entrano nell’arena nemici sempre più forti e preparati, il combattimento diventa un po’ troppo caotico. Lo schermo si riempie di una quantità incredibile di effetti luminosi che rendono difficile vedere cosa sta succedendo sul campo di battaglia, con gruppi di nemici che circondano il giocatore da tutti i lati e attaccandolo in tutti i modi possibili, fra attacchi violenti ed opportunistici, sebbene scudo e schivata (i principali sistema per difendersi dai nemici anch’essi potenziabili) funzionino egregiamente (forse il primo si rompe piuttosto facilmente e rapidamente), ci si ritrova a morire in modo travolgente ed il più delle volte … inaspettatamente.
C’è dell’altro?
Al di fuori dei combattimenti, Immortals of Aveum offre una leggera esplorazione in salsa Metroidvania. E’ possibile infatti sbloccare portali che riportano alle aree precedenti del gioco alla ricerca di nuovo equipaggiamento ed incantesimi bonus.
Grafica e tecnica
In termini grafici, Immortals of Aveum è un vero spettacolo per gli occhi. L’Unreal Engine 5 è in grande spolvero offrendo un livello di dettaglio davvero buono, dai cristalli, passando per le rune luminose, fino ad arrivare a torri e strutture splendidamente realizzate. I modelli poligonali dei personaggi sono buoni ma – a nostro giudizio – potevano essere curati ulteriormente. Alcune incertezze le abbiamo riscontrate in termini tecnici, con cali di framerate e bug (in particolar modo nemici che sparivano o elementi con cui dovevamo interagire impossibili da azionare e che ci hanno costretto a ricominciare la sezione) che un po’ inficiano sull’esperienza di gioco complessiva.
Infine, per quanto riguarda il sound design è di prim’ordine con ogni elemento del gioco che presenta suoni ben realizzati. La musica è eclettica, alternando melodie soft e incalzanti a seconda della situazione di gioco. La recitazione vocale è anch’essa superba; tutto sembra così naturale e scorre bene fino ai titoli di coda (che per essere raggiunti chiedono circa 20/25 ore).
Commento finale
Immortals of Aveum rappresenta il primo tentativo di Ascendant Studios di proporre ai videogiocatori il proprio universo fantasy in cui la magia sostituisce i proiettili. Il buonissimo gameplay (anche se in svariate occasioni i combattimenti si sono rivelati piuttosto caotici), pieno zeppo di magie e stregonerie, non viene adeguatamente sorretto da un plot narrativo solido (l’incipit interessante finisce letteralmente per crollare su se stesso) e più di qualche glitch e bug inficiano negativamente sull’esperienza. Detto questo, il potenziale c’era tutto e data l’esperienza di gran parte del team di sviluppo, ci saremmo aspettati sicuramente un lavoro migliore. Incrociamo le dita per il futuro!