Recensione Doom

Fight Like Hell!

Versione testata: PlayStation 4.

Doom rappresenta il nuovo capitolo sviluppato da id Software e pubblicato da Bethesda Softworks per PlayStation 4, XBOX One e Microsoft Windows. Per quanti non lo sapessero, si tratta di un First Person Shooter di stampo prettamente classico, fortemente influenzato, al pari di Wolfenstein: The New Order e The Old Blood, da elementi tipicamente rinvenibili negli sparatutto degli anni ’90, mescolati fra loro e “rivisitati” per adattarli alle odierne tendenze seppur mantenendo inalterate talune caratteristiche che hanno reso celebri giochi quali il primo Doom, rilasciato nel lontano 1993, che possiamo considerare il capostipite per eccellenza del genere.

Sebbene la programmazione e lo sviluppo del reboot di Doom siano stati molto travagliati – ricordiamo che nel 2008 era stato addirittura cancellato -, id Software è riuscita egregiamente a confezionare un prodotto che riesce, in un tutt’uno, a combinare elementi classici e moderni, regalando un’esperienza quanto mai viva e appagante sia nel corso della campagna in single player e sia per quanto concerne la modalità multigiocatore online proprio come da tradizione per quanto riguarda il franchise.

Ma bando alle ciance e andiamo a vedere quanto di buono (e non) è stato fatto in questo attesissimo capitolo/reboot di Doom!

Marte, abbiamo un problema!

Nel futuro ipotetico pensato e realizzato da id Software, il genere umano è riuscito finalmente nell’intento di stabilirsi su Marte attraverso una serie di enormi insediamenti, allo scopo di estrarre e utilizzare un elemento energetico denominato Argent finalizzato a soddisfare le richieste, sempre più crescenti, di energia da parte della Terra; putroppo, a seguito di un misterioso incidente, si è aperta una spaccatura nel Continuum Spazio-Tempo che ha creato un portale diretto fra il nostro Mondo e quello degli Inferi e dal quale sono fuoriusciti demoni e mostri di ogni tipo che hanno come unico obiettivo la conquista del Pianeta Azzurro.

Il nostro Doomguy (il tizio di Doom) si risveglierà legato ad una sorta di letto medico proprio nel bel mezzo dell’invasione, circondato da creature mostruose quasi come se fosse stato rapito dagli alieni in un simil “Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo”. Dopo essersi liberato dalle catene e aver massacrato un po’ di nemici prima a mani nude e poi con la pistola al plasma, indossata la sua ipertecnologica armatura e aver un attimo preso coscienza di quanto stia accadendo, dovrà indagare sui misteriosi eventi che hanno portato all’incidente, cercando nel frattempo di ricacciare le forze infernali proprio da dove sono venute.

E’ proprio così che inizia Doom: nudo e crudo, senza introduzioni di alcun tipo ma catapultandoci direttamente nell’azione più sfrenata e divertente che mai; una scelta voluta da parte di id Software e Bethesda Softworks, proprio perché l’obiettivo è quello di prediligere il gameplay frenetico che non lascia mai rifiatare neanche per un secondo il giocatore lasciando la storia un po’ in disparte, in una sorta di bozza che prende forma man mano che si progredisce nel corso della campagna. Non vi aspettate una narrativa profonda, straziante, che lascia spazio ai sentimenti come accaduto in Wolfenstein: The New Order e a tratti anche in The Old Blood, ma ad una trama sicuramente non banale ma molto meno “costruita” e ragionata.

Questo reboot è veramente un Doom autentico, dinamico quanto basta (forse troppo) e splatter e violento a livelli estremi, rifiutando proprio quella staticità che solitamente caratterizza gli sparatutto attuali, quei tatticismi che il più delle volte “rompono” il gameplay e quel “realismo” che nelle produzioni targate Electronic Arts e Activision risulta essere un elemento preponderante e del quale non è possibile farne a meno. Doom non è “reale”, è irreale, va al di là della logica umana e di quanto vistosi fino ad oggi. Anche in Wolfenstein c’erano elementi surreali, ma in qualche modo erano impregnati di una certa logicità che in Doom talvolta risulta essere quasi assente e inspiegabile. Basti pensare che non esiste una funzione di “ricarica dell’arma” ma si va avanti colpo dopo colpo, uccisione dopo uccisione fino a quando il caricatore della nostra arma è ormai vuoto, costringendoci a cambiare il nostro “strumento di morte”.

La violenza è l’elemento cardine della produzione: sin dal primo secondo di gioco si capisce quale strada prenderà il gioco e qual è stato l’intento degli sviluppatori. Non è un semplice “impugna l’arma e massacra i nemici”, bensì impugna l’arma e ad ogni uccisione efferata, ad ogni cranio spappolato, ad ogni braccio strappato con la forza, gioisci e divertiti per quello che stai facendo, perché ne vorrai sempre di più e non ti stancherai mai di uccidere i mostri anche grazie ad una varietà di armi davvero invidiabile. Ogni arma, infatti, ha delle caratteristiche precise e uniche, tralasciando la pistola a impulsi che ha colpi infiniti e in alcune situazioni potrebbe davvero salvarci la vita anche grazie al suo colpo speciale “caricato”, soprattutto contro i bersagli più deboli. Il resto dell’arsenale invece non fa altro che incrementare il nostro essere sadici a livelli altissimi.

Come da tradizione, c’è il Combat Shotgun, una delle prime armi disegnate e create per il gioco, efficace a medio-corto raggio e adatta ad ogni tipo di scontro. Lo Shotgun, oltre ad agevolarci negli scontri ravvicinati, ha come funzione speciale la possibilità di sparare ben tre colpi devastanti e proiettili esplosivi che vanno letteralmente a smembrare i nemici. Il design del Plasma Rifle (Fucile al plasma) deriva molto dai trascorsi capitoli, e con il suo fuoco ripetuto l’intento principale è quello di renderlo più odierno e accattivante. Con l’Hellshot (Colpo diabolico), invece, l’intento è quello di creare un look che ricordasse qualcosa di sperimentale, ovvero un’arma che prendesse l’energia da una fonte diabolica e permettesse di ripagare i nemici con la loro stessa moneta.

Il Gauss Cannon (Cannone Gauss) è stato ideato dal concept artist Bryan Flynn e, data la sua lunghezza, richiede molta attenzione nell’utilizzo in quanto va a sparare un colpo energetico (simile a quello del Plasma Gun). Lo Static Rifle (Fucile statico), un fucile fantascientifico, spinge l’energia dallo spazio circostante quando è in movimento e la rilascia sotto forma di “concentrato energetico” quando si spara. Un aspetto importante è stato far sì che il giocatore percepisse visivamente la fase di ricarica di quest’arma devastante. La Lighting Gun (Fucile a impulsi) è stata disegnata originariamente come un’arma con due distinte modalità di fuoco: usando il fuoco secondario dell’arma, infatti, la sua parte frontale si piega dando quindi un’impressione più aggressiva. Il look della Lighting Gun è qualcosa che ricorda maggiormente una creatura più che un’arma. La Chaingun, molto simile alla Gatling Gun, non ha bisogno di ulteriori approndimenti; poi c’è il Lanciarazzi classico che permette di “splattare” letteralmente i nemici; la Motosega si può estrarre in qualsiasi momento tramite un tasto dedicato rispetto alle altre armi e può essere utilizzata per fare a pezzi i nemici a patto, però, di avere a disposizione carburante a sufficienza.

Parlando del Vortex Rifle (Fucile a vortice), si tratta della prima arma da “cecchino” all’interno della saga di Doom ed è davvero potente. Lo stesso designer, Bryan Flinn, ha affermato che nell’inventare quest’arma ha aggiunto tanti dettagli che gli sono risultati divertenti da creare. Infine, l’arma di tutte le armi, lo strumento di morte più presente nell’immaginario collettivo dei videogiocatori, che rientra nella Top Ten delle armi migliori che si siano mai viste in un videogioco: signore e signori, la BFG (Big Fucking Gun)! Di aspetto futuristico, utilizza delle celle energetiche come munizioni (le medesime del fucile al plasma); dopo aver premuto il tasto per fare fuoco c’è una piccola pausa nella quale l’arma si “carica”, quindi viene rilasciata una sfera al plasma verde che esplode al contatto. Il nemico colpito viene in genere ucciso sul colpo (resistono solo quelli dotati di più punti vitali), ma vengono danneggiati (o addirittura uccisi) pure altri anche se non colpiti direttamente dalla sfera, in un’area di impatto piuttosto estesa.

Tecnicamente ottimo!

Il gioco è suddiviso in 13 capitoli e, come da tradizione, per poter progredire dovremo compiere una serie di sfide ambientali (trovando chiavi blu, rosse e gialle e bypassando computer) che ci apriranno la strada verso il completamento del livello. Sebbene rappresenti un “Action Game“, tra virgolette, presenta anche una sorta di progressione “RPG”, in quanto avremo modo di potenziare il nostro Doomguy incrementando i punti vita a disposizione, la sua destrezza nei movimenti, la potenza delle armi, l’armatura, la tecnologia di scansione delle aree e chi più ne ha più ne metta. Per poter “upgradare” il nostro protagonista dovremo conquistare dei punti, i quali potranno essere ottenuti anche dimostrando la nostra bravura in combattimento (numero, tipologia e modalità di uccisione).

Per quanto riguarda il gameplay, tutto funziona al meglio e il lavoro svolto è davvero eccelso, anche grazie all’evoluzione del motore grafico id Tech 6, che ha permesso una maggiore ottimizzazione d’insieme. Il titolo risulta essere graficamente davvero accattivante (salvo alcuni elementi di contorno non particolarmente curati), con una varietà di ambienti (sebbene inferiore a Wolfenstein) davvero buona, modelli poligonali che sanno il fatto loro e animazioni decisamente realistiche. Su console, forse, c’è un effetto di tearing un po’ troppo accentuato che va a sfocare leggermente alcune texture. Per il resto, comunque, il gioco è ottimizzato davvero bene per quanto riguarda PlayStation 4 e XBOX One, in quanto mantiene pressoché costante il frame rate sui 60 fps, con qualche calo a 50 nelle azioni più concitate del “normale”. Sebbene si adatti benissimo all’utilizzo del joypad, diciamo che la sua vera essenza viene sprigionata in tutta la sua maestosità su PC in quanto, con una configurazione ad Ultra, si sfiorano quasi i 200 fps.

La varietà di creature è più ampia rispetto a quanto vistosi nell’ultimo capitolo di Doom (il terzo, per intenderci), ritornando prettamente alle origini e ai fasti dei primi due episodi. Fra i nemici spiccano i Revenants, che hanno ispirato anche la realizzazione della statua per la Collector’s Edition del gioco, i Mancubus, i Barons of Hell, gli Hellknights e i Cacodemons, tutte vecchie conoscenze per chi come me ha giocato a tutti i capitoli della serie. Buona anche l’intelligenza artificiale, forse un po’ troppo poco bilanciata rispetto al livello di difficoltà prescelto, ma le sfide non guastano mai, anzi. In aggiunta alle varie difficoltà “tradizionali” I’m Too Young to Die, Hey Not to Rough, Hurt Me Plenty, Ultra-Violence e Nightmare, inoltre, vi sarà anche la modalità Ultra-Nightmare la quale, udite udite, non è stata completata neanche dagli sviluppatori del gioco e che, in caso di morte (improbabile non morire in Doom), ci obbligherà a ricominciare l’intera campagna dall’inizio (Permadeath). Documentata in un video, però, risulta essere stata completata con successo da un utente in circa 4 ore e 42 minuti (Impossibile is Nothing). E’ presente un sistema di salvataggi basato sui checkpoint, che rappresenta sicuramente una scelta vincente e più al passo con gli FPS moderni.

Comparto sonoro veramente strepitoso, proprio come in Wolfenstein se non addirittura superiore, con melodie quasi “soavi” alternate a suoni hard rock e heavy metal davvero da capogiro. Doppiaggio completamente in italiano, fortunatamente all’altezza di un titolo di tale portata e spessore, il tutto amalgamato al punto giusto andando quasi a sottolineare in un idillio di suoni la ferocia delle nostre carneficine.

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Un comparto multiplayer brutale

In questa “nuova” versione di Doom non poteva ovviamente mancare il multiplayer online (le cui sei modalità sono state approfondite nel nostro Speciale su Doom, che potete leggere cliccando QUI), che prevede sostanzialmente la possibilità di scontrarsi con altri utenti in differenti modalità, alcune del tutto nuove:

  • Mietitore D’Anime
  • Congelamento
  • Via Della Guerra
  • Dominazione
  • Deathmatch a Squadre
  • Arena Clan

C’è da dire che se la campagna in singolo è frenetica, il multigiocatore lo è ancora di più. L’unica regola da seguire è quella di non rimanere fermi in un posto, ma bensì muoversi in maniera a volte anche troppo frenetica alla ricerca di un bersaglio da eliminare, di una morte da evitare o di un punto da conquistare. Anche la ruota delle armi è stata appositamente pensata per la modalità online, con funzioni ed effetti di varia natura. Naturalmente, nel panorama videoludico attuale non c’è una modalità minimamente paragonabile a quella che id Software ha implementato in Doom: bisogna giocare per abituarsi al ritmo incessante e veloce e soprattutto prendere dimestichezza con le mappe di gioco per riuscire in qualche modo a prevalere sui giocatori avversari.

Anche in tal caso, però, la giocabilità  è immediata: la miglior difesa è l’attacco e spetterà a noi capire quale strategia e quale arma utlizzare. L’unico fattore “casuale” è dato dalla “Trasformazione Demoniaca“, ovvero a tot intervalli di tempo verrà generata una runa che permetterà, a chi la conquisterà, di trasformarsi in una creatura demoniaca che naturalmente andrà a mutare gli equilibri della battaglia. Chi dovesse riuscire ad uccidere il demone, potrà a sua volta tramutarsi in esso sino a quando l’effetto della runa non svanirà. Le mappe, un po’ come gli ambienti di gioco in single player, mancano di alcuni dettagli che avrebbero potuto darle una maggiore unicità e caratterizzazione.

Infine, ormai l’andazzo è quello, anche in Doom attraverso la Modalità SnapMap sarà data possibilità ad ogni singolo giocatore di realizzare mappe ad hoc, da convidere con la comunità online e/o con i propri amici per cimentarsi in mirabolanti sfide multiplayer che sicuramente aumenteranno ancora di più la longevità di un titolo la cui campagna offline, per essere portata a compimento, richiede circa 15 ore, senza contare la raccolta di collezionabili e senza andare a caccia di segreti. Il che è davvero una novità se paragonato agli altri FPS presenti sul mercato, che forse prediligono maggiormente il multiplayer rispetto al giocatore singolo.

Doom è questo: Doom è tutto e niente, Doom è semplicemente Doom!

Commento finale

Doom incarna perfettamente l’essenza degli sparatutto anni ’90, sebbene adattando il tutto in chiave moderna alle tendenze che il mercato richiede. Sicuramente, la preponderante componente gore unita a quella splatter fa sì che il gioco non sia adatto propriamente a tutti, in quanto è consuetudine vedere crani spappolati, braccia strappate e organi estratti che faranno felici tutti (me compreso) i fan del genere. Purtroppo, id Software e Bethesda qualcosa dovevano pur sacrificare e quindi la decisione è stata quella di “castrare” leggermente la trama, che sebbene non risulti essere banale, lasciando anche spazio ad eventuali sequel, manca di quella profondità e quella maestosità vistasi in Wolfenstein. Longevità e personalizzazioni, però, risultano essere i due fattori chiave e considerando anche il buon lavoro e la varietà data dal comparto online, l’acquisto è quanto mai d’obbligo. Il Re è tornato e a noi fa veramente tanto piacere.

 Pro Contro
– Longevo e divertente
– Personalizzazione e progressione del personaggio
– Un Doom tornato ai fasti dei primi capitoli ma in chiave moderna
– Bilanciamento dei livelli di difficoltà
– Qualche sbavatura per quanto riguarda la versione console
Voto Globale: 90
Riccardo Amalfitano
Riccardo Amalfitano
Videogiocatore sin dalla "tenera" età, amante anche di manga, cinema e serie TV. Ho dimenticato qualcosa? Sicuramente!

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