Recensione Shadow of the Colossus

Una dura prova.

Shadow of the Colossus è uno di quei titoli che ti entrano nel cuore, che riesce a trasmettere emozioni e sensazioni come pochi altri giochi riescono a fare. L’opera di Fumito Ueda, originariamente pubblicata su PlayStation 2 nel 2006 e nel 2011 su PlayStation 3 in versione HD remastered, è finalmente disponibile anche su console PlayStation 4. Ci troviamo dinanzi ad un remake, curato dai ragazzi di Bluepoint Games, che già avevano lavorato alla versione PS3. Quindi cosa dobbiamo aspettarci? L’ennesima rimasterizzazione? Qualche aggiunta qua e là? Una trovata commerciale e nulla più? Assolutamente no.

L’obiettivo, che ha portato ad una nuova rivisitazione del gioco, a nostro giudizio è stato quello di preservare il capolavoro di Team ICO. Di fare quindi in modo che anche le nuove generazioni potessero apprezzare uno dei migliori titoli di sempre. Il lavoro di restyling non è stato di certo semplice. Se la versione PS3, ha visto la “semplice” aggiunta di qualche piccolo dettaglio in più e si concentrava prettamente a garantire un’esperienza di gioco in alta definizione, per quanto riguarda la versione PlayStation 4, non bastava l’aggiunta di qualche dettaglio grafico, di migliorare alcune lacune tecniche o di aggiungere ipotetici contenuti. Bisognava fare di più e garantire che l’esperienza proposta fosse la migliore possibile, addirittura superiore alla versione originale.

Se siete quindi curiosi, che siate fan storici del titolo o nuove leve che si avvicinano per la prima volta al gioco, di sapere se Shadow of the Colossus ha mantenuto le aspettative oppure no, continuate a leggere la nostra recensione!

Ai confini del mondo

Shadow of the Colossus è un’avventura dinamica in 3D/rompicapo davvero particolare. Wander, il nostro protagonista e il suo fedele destriero Agro, si recano al Sacrario del Culto. Un luogo misterioso, ai confini del mondo conosciuto. L’obiettivo? Riportare indietro l’anima di una stupenda fanciulla, Mono. Non si conosce nulla di lei, soltanto che è stata sacrificata per il suo “destino maledetto”. Arrivati al Sacrario, una misteriosa entità, Dormin ci svelerà che per riuscire nella missione, dovremo affrontare 16 colossi. Soltanto così la giovane Mono potrà tornare fra i vivi.

La caratteristica peculiare di Shadow of the Colossus è data dal fatto che non c’è un mondo vivo, città da esplorare, dungeon da affrontare e superare, persone che possano darti un’indicazione o semplicemente con le quali parlare. Ci sono soltanto enormi prati verdeggianti, aride praterie, montagne e burroni. Di tanto in tanto vedremo qualche animale di passaggio (lucertole, falchi, colombe) e nulla più. Cavalcheremo per le lande desolate per chilometri, a volte, apparentemente, ci sembrerà di girare a vuoto. Per via di questi elementi e dell’universo similare, Shadow of the Colossus, in parte richiama alla mente un altro capolavoro sempre targato da Ueda, ovvero ICO. Come ha affermato lo stesso Ueda, nonostante l’esperienza di gioco proposta sia diametralmente differente, Shadow of The Colossus è il predecessore di ICO.

I colossi che abbiamo precedentemente nominato, sono creature misteriose. Alcune di esse hanno l’aspetto umanoide, altre di giganteschi animali, quali: volatili, rettili e mammiferi. Sono accumunati dal fatto di avere resistenti corazze e di essere quasi impossibili da abbattere. Per sconfiggerli dovremo quindi identificare i punti deboli nascosti sotto alla loro pelliccia. Tali punti deboli, una volta individuati, brilleranno. Non dovremo fare altro che colpirli con dei fendenti ben assestati fino a quando l’energia vitale del colosso si esaurirà. L’arsenale a disposizione è limitato, è composto da spada e arco. La spada, oltre ad essere un’arma di offesa ha l’importante ruolo di guida. Sollevandola in aria, un raggio luminoso ci indicherà la strada da percorre per raggiungere il prossimo colosso.

Dopo aver affrontato il primo colosso, che rappresenta una sorta di grande tutorial, nel vostro errare per il magico mondo di Shadow of the Colossus, incontrerete “mostri” sempre più straordinari e difficili da sconfiggere. Dovrete spremere le meningi per capire come salire in groppa ad essi, tenere sotto controllo l’enorme sfera della presa, la quale si esaurirà piuttosto rapidamente e che se dovesse scendere a zero, vi farà spiccare un bel volo e fare attenzione ai movimenti improvvisi che ogni colosso avrà. Ad accompagnarci nella nostra avventura, ci saranno le note magistrali di Kô Ôtani. La colonna sonora del gioco è qualcosa di soave ed è fra le belle mai udite in un videogioco.

Innalza la tua spada nella luce

Per quanto riguarda il lavoro di rivisitazione fatto da Bluepoint Games, già autori come detto della versione PS3 del gioco, oltre ad aver lavorato alla versione rimasterizzata di Uncharted e di Gravity Rush, è stato a dir poco eccezionale. I problemi della versione originale erano caratterizzati da un frame rate poco stabile e un sistema di comandi che dire legnoso è dire poco. L’opera di rimasterizzazione, quasi completa, in quanto il codice del gioco è quello dell’epoca, ha portato i ragazzi texani a riscrivere l’interfaccia grafica, resa più snella e a rivedere il sistema di comandi. Ora al sistema originale si è aggiunto un sistema di comandi più moderno. Si percepisce un maggiore controllo del protagonista, un input lag più basso e una fluidità migliorata nei movimenti anche se persistono, come è gusto che sia, alcune piccole incertezze, quando si salta sulle sporgenze o quando ci troviamo in “sella” ai colossi.

Per le nuove leve comunque le difficoltà di adattamento restano. In Shadow of the Colossus l’arrampicata non è automatica, non basterà soltanto saltare e premere un tasto come accade in Uncharted, Tomb Raider o Assassin’s Creed. La presa è affidata a due tasti. Bisognerà prima saltare con il tasto X e poi tenere premuto R2 per aferrare la presa. Se per sbaglio lasciate il tasto R2, Wander automaticamente perderà la presa e tanti saluti. La situazione si farà ancora più ardua quando saremo aggrappati alla folta pelliccia dei colossi. Tenderanno a dimenarsi per liberarsi di noi e se calcolate male i tempi della sfera “grip” e questa dovesse esaurirsi cadrete con il rischio addirittura di morire e ricominciare dall’ultimo check-point. Per evitare dolorose dipartite, dovrete non soltanto essere veloci nel muovervi una volta agganciata la presa sul colosso, ma anche di lasciarla quando vi troverete in situazioni di “tranquillità” nella quale potrete stare semplicemente in piedi e ricaricare la sfera del grip. Vi garantiamo, per esperienza sia chiaro, che il feedback è migliorato di gran lunga rispetto alla versione originale, quindi avanzando nel gioco, riuscirete, senza problemi (o quasi?) ad assimilare il sistema di controlli.

Per quanto riguarda l’aspetto puramente grafico, siamo dinanzi alla migliore (come c’era da aspettarsi) edizione possibile. Sorprendente il quantitativo di poligoni aggiunti. L’erba, prima era soltanto caratterizzata dal colore verde, ma parliamo anche di 12 anni fa eh, crepacci, ruderi sparsi, laghi, cascate, sono stati finemente modellati. Il colpo d’occhio è davvero sensazionale, non sarà al pari delle produzioni più recenti ma capiterà spesso di fermarsi ad ammirare il panorama. Anche i colossi hanno beneficiato di un buon lavoro di restyling. La pelliccia è facilmente identificabile, si muove ad ogni movimento della creatura, alle folate di vento o quando Wander ci si arrampica sopra. Forse l’unico difetto, se di difetto si possa parlare è che l’alta definizione ha reso più “semplice” l’identificazione dei punti deboli. Anche a metri di distanza sarà piuttosto facile individuarli, cosa che invece ad una risoluzione 512×224 era leggermente più complicato.

Le uniche due note dolenti, riguardano la gestione della telecamera, a volte non in linea con l’azione di gioco e gli evidenti fenomeni di pop-up che si presentano nel passaggio da una zona all’altra della mappa, ad esempio quando attraversiamo i ponti o ci avviciniamo sempre più alle montagne o alle zone boschive caratterizzate da folta vegetazione che fatica leggermente a caricarsi.

Noi abbiamo provato il gioco su PS4 Slim. Per i possessori di PS4 Pro, è data però la possibilità di scegliere fra due modalità: la Performance a 60 fps e quella Cinematic che predilige un maggiore dettaglio grafico (UHD 4K) e riduce il frame rate a 30 fps. Tali opzioni, sebbene pensate per chi ha un TV UHD 4K, permettono di avere leggeri miglioramenti anche per i possessori di TV Full HD in quanto i 1440p vengono downscalati sui pannelli Full HD.

C’è altro?

Per terminare il gioco, sono richieste circa 12/14 ore. Possiamo esplorare liberamente la mappa, non vastissima, ma comunque di buone dimensioni. Sono presenti alcune piccole quest secondarie. Potremo raccogliere le lucertole, utili per migliorare la sfera della presa, frutti, utili per migliorare l’energia vitale o andare a pregare ai santuari, (se vi serve una mano c’è la nostra guida ai collezionabili). Completata la prima run di gioco, potrete cimentarvi in prove a tempo (Time Attack), potrete provare a sconfiggere i colossi entro un tempo stabilito, la modalità Ricordo, ritornando nei luoghi in cui avrete affrontato i colossi e “pregando” vicino ai loro resti avrete modo di combattere nuovamente contro di essi, utilizzando però il livello di salute e vigore attuali. Presente inoltre la modalità New Game+ più difficile da affrontare. Esistono poi alcuni collezionabili. Infatti il team di Bluepoint ha introdotto delle monete d’oro. Se raccolte tutte vi daranno accesso ad un bonus davvero niente male che lasceremo scoprire a voi.

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Shadow of the Colossus
8.9 / 10 4News.it
Acquista suAmazon.it
Disponibile suPS4
Pro
    - Una veste grafica nuova di zecca
    - Il remake rende il gioco ancora più magico ed evocativo
    - Un sistema di comandi migliorato
    - Colonna sonora senza tempo
Contro
    - Sistema di personalizzazione ricco e vario
    - Qualche pop up di troppo
    - Gestione della telecamera non sempre perfetta
Riassunto
I ragazzi di Bluepoint Games, hanno dimostrato ancora una volta di che pasta sono fatti. Hanno toccato i giusti punti, riuscendo addirittura a migliorare il capolavoro targato Fumito Ueda. È indubbio che quest’opera di rivisitazione sia stata pensata per chi non ha mai approcciato il gioco, ma farà sicuramente felici, grazie ad una veste grafica sbalorditiva, chi ha già avuto modo di apprezzare Shadow of the Colossus nella sua versione originale.
Gameplay
Grafica
Sonoro
Longevità
Giudizio finale

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PRO


CONTRO

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