Slave Zero X, forse pochi lo sapranno, è il prequel di un piccolo cult uscito ormai più di 20 anni fa su Dreamcast e PC. A differenza dell’originale Slave Zero, che era un action shooter in terza persona, questo nuovo capitolo si presenta come un hack ‘n’ slash ispirato ai grandi esponenti del genere action come Devil May Cry, seppure declinato in chiave 2.5D.
Un sistema di gioco profondo e brutale ed una presentazione audio-visiva che ricalca le suggestioni surrealiste e bio-punk di Hans Ruedi Giger basteranno a rendere il nuovo titolo di Poppy Works appetibile alla nicchia dei fan dell’originale, e magari ad affascinarne di nuovi? Non vi resta che continuare la lettura per scoprirlo!
Slave Zero X, edito da Ziggurat Games, è disponibile dallo scorso 21 febbraio 2024 su PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X|S e PC.
Versione testata: PlayStation 5
Bang bang bang, pull my Devil Trigger
La trama di Slave Zero X si svolge 5 anni prima del capitolo originale. Il Sovrano Khan (SovKhan) governa Megacity S1-9 con il pungo di ferro grazie al suo inarrestabile esercito di bio-macchine.
A difesa dei resti di un mondo putrescente e martoriato dalla bio-guerra troviamo i Guardiani, la più classica alleanza di ribelli che cerca di combattere e resistere alle brutalità del “falso dio”. Uno di questi, Shou, durante una missione, ha l’opportunità di rubare un prototipo di Slave, i letali biomecha dell’esercito di SovKhan. Entrato in possesso dell’arma, Shou scopre che X, questo il nome dello Slave, ha una propria volontà. Così inizierà la nostra avventura, insieme a Shou ed X. Insieme al Diavolo Rosso.
La trama orizzontale di Slave Zero X è ricca di cliché tipici proprio della fine degli anni ’90, l’epoca che vuole omaggiare. In tutta sincerità, però, non possiamo dire oltre. Perché? La maggior parte dei dialoghi che vanno a delineare gli eventi avviene via codec. Nulla di sbagliato, in fondo, starete pensando. Sì… se non fosse che si attivano sempre quando siamo nel bel mezzo degli scontri, nel delirio più totale. Parliamo di una grave pecca che di fatto fa perdere al videogiocatore l’80% dei “passaggi” della storia.
Molto più interessante il substrato narrativo meno evidente, caratterizzato da una serie di denunce satirico-sociali, sempre attualissime. Parliamo ad esempio di tematiche relative all’ossessiva corsa alla militarizzazione del governo statunitense. Merita un plauso anche l’approfondimento del background narrativo demandato alla ricerca e successiva uccisione di particolari biomecha dorati sparsi nei livelli di gioco.
Move fast baby, don’t be slow… I can’t seem to control
Il sistema di combattimento di Slave Zero X sulla carta è davvero tecnico e profondo. Oltre a combo, launcher, schivate, parry, affondi e addirittura jump e dash cancel, gli sviluppatori hanno perfino inserito una barra del meter che permetterà di eseguire delle mosse in versione EX, proprio come nei picchiaduro alla Street Fighter.
A questa barra è connessa una delle meccaniche più forti e importanti del gioco. Quando è piena, avremo la facoltà di attivare una sorta di modalità berserk chiamata Fatal Sync che permetterà di eseguire mosse EX di fila, eliminerà tutti i tempi di recupero e curerà il protagonista in base ai danni inferti agli avversari. Fondamentale anche la meccanica del Burst che permetterà di interrompere l’offensiva avversaria e ricaricare immediatamente la barra del meter. Tutto bello, se non fosse per due enormi difetti.
In primo luogo, il gioco non insegna nulla. Non ha una curva di difficoltà. Subito dopo il primo encounter, verrete travolti in combattimenti con un numero sempre più alto di nemici, mini-boss e boss che letteralmente vi tritureranno.
Pensate che è presente anche una modalità Training… che però non ha letteralmente nessuna utilità. Tutto ciò che gli sviluppatori si limiteranno a fare, sarà buttarvi tutti i concetti addosso a inizio gioco, con delle scritte a schermo e basta. Messaggi che poi non potranno mai più essere recuperati. Questa situazione renderà il primo impatto con Slave Zero X veramente traumatico e destabilizzante. Se non siete bravi con gli action game, statene alla larga.
Noi, che ce la caviamo abbastanza con questa tipologia di giochi, superate le prime ore di assestamento, lo abbiamo finito abbastanza in scioltezza in 6/7 ore riuscendo ad imparare tutti i fondamentali del combattimento. Ma nonostante tutto, molte cose restano fumose. E qui arriviamo al secondo enorme difetto. Il gioco purtroppo non sempre funziona come dovrebbe. Non sempre riesce a tener fede alle sue stesse regole. Non abbiamo ancora capito, ad esempio, perché l’attivazione del Burst a volte ricarica il meter, a volte no. O ancora, perché per entrare in modalità Fatal Sync dobbiamo allontanarci dall’azione. Capite bene che l’impossibilità di avere un controllo totale in questa tipologia di prodotti è parecchio penalizzante, soprattutto in ottica approfondimento post-prima run, quando si inizia a giocare realmente (S-Rank run, modalità e sfide opzionali, etc., tutte cose presenti anche qui).
Slave Zero X, dunque, è un titolo difficile, per alcuni potrebbe risultare addirittura estremamente frustrante. Anche imparare a muovere il personaggio risulterà difficoltoso per chi non gioca agli action game. Molti resteranno addirittura scioccati dall’apparente scarsa mobilità del protagonista. Però se amate questa tipologia di giochi e riuscite a chiudere gli occhi su quanto detto e su altre piccolezze, quali hitbox non sempre perfette, parry e schivate abbastanza scomode, potreste ritrovarvi tra le mani uno dei titoli più appaganti dell’anno.
Lifeless corpse as far as the eye can see
Come accennato nell’introduzione, il comparto audio-visivo di Slave Zero X è macabramente delizioso. Si percepisce la decadenza in cui è calata l’ambientazione di gioco da ogni inquadratura. Gli “slums”, ad esempio, sono dannatamente affascinanti nella loro fatiscenza. La direzione artistica, insomma, è d’altissimo livello.
Da sottolineare la scelta azzeccatissima del 2.5D che dona carattere alla produzione. L’azione si svolgerà su due dimensioni con sprite in 2D, tuttavia gli scenari di gioco sono sviluppati anche in profondità, con uno stile retrò che richiama addirittura un’epoca precedente a quella del Dreamcast. Senza rinunciare a sottigliezze moderne come un ottimo sistema di illuminazione. Il livello ambientato nel museo egizio, ancora, è visivamente spettacolare grazie ai giochi di luce.
Per finire, il doppiaggio, in inglese e giapponese (purtroppo il gioco non è nemmeno sottotitolato in italiano), è di buonissimo livello, così come la colonna sonora azzeccatissima. Un misto di tracce industrial e steampunk che riesce ad esaltare ancora di più l’anima della produzione.
Commento finale
Rispondendo alla domanda dell’introduzione, no, Slave Zero X non riuscirà a far breccia nel cuore del pubblico mainstream. Slave Zero X è probabilmente un titolo ancora più di nicchia rispetto al primo capitolo. Un gioco duro e cattivo, con parecchi difetti, che tuttavia i puristi degli action game potranno apprezzare. Solo loro e nessun altro, perché solo chi è bravo con questa tipologia di giochi riuscirà a scavare così a fondo e a godersi il titolo in pieno.