Recensione White Night

Oscurità e misteri nel primo lavoro dello sviluppatore indipendente OSome Studio.

Versione testata: PlayStation 4.

Se Activision ha deciso di sponsorizzare e rilasciare la prima opera di uno studio indipendente, un motivo valido deve pur esserci. E difatti, in un certo senso, White Night riesce a distinguersi dalla massa per la sua natura classicheggiante, lo stile in bianco e nero che richiama in maniera preponderante il genere noire e soprattutto effetti audiovisivi davvero coinvolgenti che in taluni momenti hanno quel pizzico di scenograficità che non guasta mai. Gli ingredienti per una buona ricetta ci sono tutti, ma avranno dato il risultato sperato?

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Un mistero da risolvere… 

Dopo essere sopravvissuto ad uno “strano” incidente d’auto nella Boston degli anni ’30, caratterizzata dalla Grande Depressione Americana, il Proibizionismo e naturalmente le prime manovre del “New Deal” di Roosevelt, il nostro protagonista si ritrova a dover spalancare i cancelli di una magione in cerca di aiuto e di assistenza. Naturalmente nulla è come sembra e ben presto dovrà lottare per sopravvivere.

Entrati nella casa (dall’aria cupa e malmessa), ci accorgiamo immediatamente che c’è qualcosa di sinistro e di malvagio e la nostra unica ancora di salvezza è data da un pacco di fiammiferi attraverso cui sarà possibile farsi luce nell’immensa oscurità che racchiude il luogo. Fate ben attenzione a non consumare rapidamente i fiammiferi a vostra disposizione poiché risultano essere molto preziosi e non facilmente reperibili durante il prosieguo dell’avventura. A differenza della definizione assegnatagli dai produttori del gioco, l’esperienza è molto più vicina ad un thriller piuttosto che ad un horror vero e proprio, favorendosi la narrazione, l’esplorazione degli ambienti e la risoluzione di enigmi.

Bianco e nero è il giusto mix per “terrorizzare”

Naturalmente, ciò che si coglie all’istante è la dicotomia esistente fra i due colori scelti per rappresentare ogni aspetto del gioco, ossia il bianco e il nero che, in qualche modo, enfatizzano la contrapposizione fra il bene e il male. Questi contrasti sono evidenti per tutto il gioco e non potremmo in alcun modo avanzare nell’avventura senza avvalerci della preziosa luce dei fiammiferi e accendendo le lampade e le luci presenti nelle varie stanze in cui dovremmo avventurarci. Gli unici nemici presenti sono i fantasmi che si aggirano un po’ ovunque nella casa e che al primo passo falso non esiteranno a farci fuori all’istante; l’unica possibilità è scappare a gambe levate o, quando possibile, dissolverli con la luce artificiale. Non ci sono altri nemici e il motivo è ben chiaro leggendo documenti, giornali, libri e raccogliendo gli indizi presenti nella casa: ci troviamo in un luogo surreale dove la morte è parte integrante di tutto ciò che ci circonda, fra riti tribali ed alchemici, disturbi mentali e violenze ai limiti dell’immaginazione che avranno una risposta soltanto attraverso un’indagine approfondita.

Un titolo noire con un gameplay retrò

Lo stile di gioco è caratterizzato da una miscela in parte horror ma soprattutto thriller che predilige maggiormente l’esplorazione, la narrazione e l’analisi dell’ambiente alla ricerca di indizi che permettano la risoluzione degli enigmi presenti, che sebbene non risultino essere particolarmente complessi, ci impegneranno quanto basta per apprezzarli. L’ambiente in bianco e nero e il chiaroscuro che molto spesso ne esce fuori non permette di distinguere in modo chiaro gli oggetti e talvolta di notare la presenza di un fantasma; l’inquadratura della telecamera probabilmente è il problema maggiore in quanto risulta essere piuttosto fissa sul personaggio e spesso da lontano la giocabilità ne risente parecchio. Il posizionamento dei nemici (anche grazie ad una gestione della telecamera non eccelsa), già a partire dalle prime fasi di gioco non rende affatto semplice l’esplorazione, potendo quindi portare il giocatore a situazioni frustranti e nelle quali necessariamente dovremmo armarci di pazienza e soprattutto coraggio sperando di non scontrarci con loro. Un cenno particolare deve essere fatto anche al sistema di checkpoint, in quanto sarà possibile salvare soltanto su apposite poltrone presenti nel gioco. Il consiglio è di farlo ogni volta ve ne sia la possibilità in quanto, merito  soprattutto un ritmo di gioco riconducibile agli anni ’90 in cui la fretta e la frenesia non erano contemplabili, ci ritroveremo a morire abbastanza spesso!

Commento finale

White Night è un gioco in cui lo stile e l’ambientazione fanno da padrone, la cura nei dettagli è stupefacente così come la narrazione ben strutturata e abbastanza solida che riesce a coinvolgere quanto basta. Talvolta il ritmo un tantino lento, la gestione della telecamera e i decessi immediati che sono sempre dietro l’angolo possono essere frustranti, facendo storcere il naso a quanti non sono abituati a giocare ad un titolo del genere, ma per chi apprezza “la vecchia scuola” questo titolo va assolutamente giocato.

Pro Contro 
– Narrazione ben strutturata
– Stile grafico ben realizzato 
– Avventura horror con sfumature thriller
– Gestione della telecamera
– Il contrasto fra il bianco e il nero spesso rende difficoltosa la ricerca
– Frustrante in diverse situazioni
  Voto Globale: 80 
 
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Riccardo Amalfitano
Riccardo Amalfitano
Videogiocatore sin dalla "tenera" età, amante anche di manga, cinema e serie TV. Ho dimenticato qualcosa? Sicuramente!

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