Resident Evil: le basi del successo di una saga con 25 anni sulle spalle

Resident Evil ha festeggiato quest’anno i venticinque anni dalla nascita del franchise. Ma come ha fatto questa serie a rimanere sulla cresta dell’onda per così tanto tempo? Analizziamo insieme le cause di questo successo.


Il gioco che ha “definito” il Survival Horror

Resident Evil è il gioco (o la serie) che si fregia di aver dato più popolarità al genere “Survival Horror”, pur non essendo stato, a rigore strettissimo, il primo gioco di questo tipo. Alone in the Dark (1992), Alone in the Dark II (1994) e quello che molti considerano il predecessore spirituale di Resident Evil, ovvero Sweet Home (1989), erano stati un’avanguardia delle dinamiche e dell’atmosfera che avrebbero poi caratterizzato il genere ribattezzato, in seguito, “Survival Horror”.

Tuttavia è stato con il primo Resident Evil, uscito su PlayStation nel 1996, che il genere “Survival Horror” ha acquisito in via definitiva una precisa identità. E un nome. Questo perché Resident Evil era dotato di un ottimo impatto grafico, dovuto alla combinazione di grafica poligonale per i personaggi e gli elementi “mobili” con degli sfondi pre-renderizzati “fissi” che davano agli ambienti e alle atmosfere della villa un tocco decisamente “realistico”, oltre che macabro e paralizzante.

E perché le inquadrature fisse, i suoni e l’atmosfera generale sono stati in grado davvero di risvegliare qualcosa che nei giochi precedentemente citati mancava. Immedesimazione e coinvolgimento del giocatore in una situazione ansiogena e disperata, dalla quale venir fuori tutti d’un pezzo diventa la priorità rispetto al fatto di uccidere, esplorare o fare punti.

Resident Evil

Il primo di nome e di fatto

Dal lancio del primo episodio nel 1996 la serie ne ha fatta, di strada. E anche molti altri giochi hanno seguito le orme del “capostipite”, con varianti anche significative sul tema. Il punto è che la serie di Resident Evil ha tenuto banco per 25 lunghi anni, sfornando un successo dopo l’altro fino a quel Resident Evil Village che sembra aver lasciato anch’esso il suo marchio tra i successi commerciali e di pubblico di questo 2021. Serie anche molto valide e di grande ispirazione di giochi survival horror come Silent Hill, Clock Tower o Fatal Frame, non possono dire lo stesso. Ma come mai? Come ha fatto Resident Evil a rimanere sulla cresta dell’onda per tutti questi anni?

Resident Evil Village

Resident Evil: una serie spaventosa ma “accessibile”

Per cominciare, si potrebbe rispondere a questa domanda dicendo che Resident Evil ha sempre cercato di fare dell'”accessibilità” il suo punto forte. Senza dubbio Resident Evil è una serie basata sulla paura, sulle atmosfere e su una difficoltà legata anche al fatto che i protagonisti non siano ammantati di quell’aura di hollywoodiana invincibilità che solitamente contorna gli eroi (come Solid Snake di Metal Gear Solid o il protagonista di un platform), bensì sperduti, isolati e vulnerabili in un contesto decisamente più forte e aggressivo di loro. Questo però non gli impedisce di opporsi all’orrore, sfoderando armi di grosso calibro, astuzia e ingegno nel risolvere gli enigmi e, occasionalmente (anche se non sempre) spirito di collaborazione.

Resident Evil 2

L’atmosfera di Resident Evil è spaventosa, inquietante, ma non raggiunge i livelli opprimenti di un Silent Hill, né mette il giocatore davanti alla spietata e ineluttabile consapevolezza della sua totale impotenza davanti all’orrore come fa Clock Tower. In Resident Evil c’è sempre un’opportunità di combattere. Ciò che ha reso il “survival horror senza compromessi” un genere, sostanzialmente, di nicchia è proprio il fatto che non tutti i giocatori sono tarati per sopravvivere (e soprattutto per divertirsi) in mezzo ad un’atmosfera del tutto opprimente come quella di Silent Hill; o per trarsi d’impaccio risolvendo enigmi e cercando oggetti mentre qualcosa di grosso, spietato e implacabile li insegue, come ad esempio in Outlast. Resident Evil ha sempre cercato (e in molti casi trovato) il giusto equilibrio tra l’orrore soverchiante e una sfida equa per il giocatore.


Horror sì, ma senza esagerare

E lo stesso Resident Evil Village ne è un fulgido esempio. Da un’intervista ad uno degli sviluppatori, è saltato fuori che il team ha dovuto tarare al ribasso la componente horror di Resident Evil Village, perché il feedback ricevuto su Resident Evil 7 identificava il gioco come “troppo spaventoso”. Non a caso, Resident Evil 7 viene da molti considerato “l’episodio più spaventoso del franchise“. Anche se il gioco ha registrato un enorme successo proprio per aver riportato la serie a delle atmosfere da “vero” survival horror, dopo la poco apprezzata “svolta action” degli episodi 5 e 6, molti si sono detti “assolutamente impossibilitati a giocarlo“.

E questo non vuol dire che Resident Evil Village non faccia paura. Quelli che l’hanno giocato hanno testimoniato che il gioco ha i suoi momenti di grande tensione e intensità. Ma a differenza del suo predecessore, Resident Evil Village raggiunge un equilibrio tra la componente horror e la godibilità dell’esplorazione, riuscendo a soddisfare sia gli amanti dell’infarto che i “visitatori più occasionali” del genere horror.


Un’evoluzione continua e coraggiosa

Un altro elemento che ha consentito alla serie di mantenere saldamente in mano le redini del mercato per 25 anni è stata la sua volontà di reinventarsi. Capcom non ha avuto timore di proporre nuove formule, per adattarsi all’evoluzione tecnologica dei sistemi di controllo e della grafica delle piattaforme, alle richieste del mercato e anche alla necessità di svecchiare un modello prima che diventasse stantio.

Dopo il successo clamoroso dei primi due episodi, già in Resident Evil 3: Nemesis si intravedevano i prodromi di un cambiamento. Una Jill più scattante, un arsenale sterminato e componibile mediante le polveri da sparo e un’atmosfera generale basata più sulla soverchiante massa di nemici che sulla tensione dettata dalle singole situazioni, già iniziavano a traghettare la serie verso nuovi orizzonti.

Con Resident Evil 4, poi, si è rinunciato anche alla telecamera fissa e ai controlli “rigidi” che, se all’inizio potevano essere un modo efficace di sfruttare finanche i limiti dell’hardware per comunicare al giocatore che non doveva lanciarsi in evoluzioni troppo spericolate, a valle di tre episodi e di un cambio di piattaforma cominciavano a diventare obsoleti e sgraditi (se non agli inossidabili fan del “gameplay originale”, che comunque costituivano una minoranza).

Resident Evil 4

Resident Evil e le svolte di gameplay

Per alcuni, Resident Evil 4 ha segnato una svolta con la quale “Resident Evil non è stato più Resident Evil“. Eppure, le nuove meccaniche non hanno solo aiutato la serie a svecchiarsi e mantenersi al passo con i tempi e le nuove tecnologie; hanno anche fruttato un vasto plauso di critica e di pubblico, che ha incoraggiato Capcom a proseguire su quella strada.

Se, da un lato, non tutti i cambiamenti apportati al franchise sono stati un centro pieno (anzi hanno dettato un oggettivo calo qualitativo con gli episodi 5 e 6), dall’altro i rischi che Capcom si è assunta nel dare questa svolta alla serie hanno contribuito a mantenerne la longevità.

In questo senso, anche il passaggio alla visuale in prima persona con Resident Evil 7 può considerarsi un coraggioso “balzo di fede” da parte di Capcom. E anche in questo caso, nonostante numerose contestazioni e malcontenti dei “puristi”, la scelta ha incontrato un enorme favore di critica e pubblico grazie anche all’incredibile atmosfera e all’anima profondamente horror del titolo.

Resident Evil 7

I misteri e l’universo di Resident Evil

Per finire, un ulteriore punto di forza che ha dettato la longevità della serie è stato l’incredibile impatto della cosiddetta “lore”. A partire dai primi episodi, la vicenda di Resident Evil si è subito classificata come una storia corposa, succosa e coerente, ma anche piena di misteri che, ben lontani dall’essere risolti tutti nell’ambito del primo episodio (o della prima trilogia), hanno sempre posto più domande di quante risposte non siano state concesse.

Resident Evil

Questo ha tenuto vivo l’interesse e lasciato accesi i riflettori anche nei (più o meno lunghi) tempi di lavorazione tra un episodio e l’altro. Il destino di Raccoon City e dei suoi abitanti; le macchinazioni della Umbrella Inc.; le vicende non scritte dei membri sopravvissuti della S.T.A.R.S.; la sorte e l’evoluzione di alcuni particolari “villain”. Tutti questi elementi sono stati argomento di materiale extra, di spin-off e di “merchandise collaterale” (tra cui libri, fumetti etc.) che hanno trasformato la serie di Resident Evil in un vero e proprio universo narrativo, più che una “semplice” saga videoludica. Il tutto ha alimentato anche fan-fiction, discutibilissime produzioni cinematografiche e un generale attaccamento del pubblico che ha sempre creato un’attesa molto vivida e partecipata intorno ad ogni nuovo episodio in arrivo.

Wesker

Il presente e il futuro della serie

Ad oggi, Resident Evil è un franchise che funziona bene sia dal punto di vista commerciale che ludico, avendo ottenuto buoni successi di critica e di vendite non solo con i nuovi episodi, ma anche con le “rivisitazioni” di quelli vecchi che, a loro volta, hanno cercato di mantenere le atmosfere e la narrazione degli “originali”, ma trasportandole in un contesto graficamente all’avanguardia e come tale vivo, vibrante e trasudante orrore. E svecchiandone le dinamiche di gameplay per realizzare un adattamento che accontentasse vecchi e nuovi giocatori, fornendo un prodotto appetibile per tutti.

Non si può che augurare un “buon quarto di secolo” a questa rispettabilissima serie videoludica e guardare con interesse e ottimismo al suo futuro.

Alessandro "Arcangelo" Verso
Alessandro "Arcangelo" Verso
Dopo aver attraversato l'Abisso come Raziel ed esserne uscito molto più forte (ma anche più brutto) di prima, ha ripreso la sua passione per i videogiochi a 360°: giocare, commentare, scrivere. PCista convinto, si addentra sempre con cautela in una "Next Gen" di console.

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