Recensione Resident Evil Village

Dopo alcuni esperimenti un pochino burrascosi (ogni riferimento a Resident Evil 6 è puramente casuale), Capcom ha deciso di cambiare rotta, pubblicando Resident Evil 7 nel gennaio del 2017. Un titolo che ha rappresentato un gradito, quanto innovativo, ritorno alle radici horror della serie, soprattutto grazie all’introduzione di una prospettiva in prima persona e di un nuovo originale protagonista, Ethan Winters.

Dove eravamo rimasti?

Ethan è una persona normale (poco carismatica e piuttosto piatta), senza un particolare addestramento, quindi ben lontano dai personaggi storici ed accattivanti del franchise: Leon Scott Kennedy, Chris Redfield, Jill Valentine. Il buon Ethan, dopo aver ricevuto un misterioso messaggio da sua moglie Mia (data per morta ormai da diversi anni), si è recato in Louisiana, non potendo minimante immaginare gli orrori che avrebbe dovuto affrontare. Una casa fatiscente e surreale e una famiglia (quella dei Baker) pronta a fare a pezzi il nostro personaggio.

La causa? Un fungo particolarmente aggressivo che ne ha aumentato la forza e l’aggressività inducendola praticamente alla follia. Dopo inseguimenti al cardiopalma, agguati e scontri poderosi, Ethan scoprirà la causa del male fatto a lui e a sua moglie Mia: Eveline, all’apparenza una normale “bambina” ma che in realtà si dimostra essere il vero fungo parassita, la prima arma biologica della serie E. Il fungo ha infatti l’aspetto di una normalissima bambina che però è capace di controllare telepaticamente il virus/fungo, chiamato Mutamicete, e chiunque ne sia infetto. Inoltre, la sua mente contorta, la spinge a ritenere ogni persona un possibile parente. È infatti convinta che Mia sia sua madre ed Ethan suo padre.


Versione testata: PlayStation 5


Benvenuto al villaggio degli orrori

Gli eventi narrati (e soprattutto il finale di gioco) in Resident Evil 7 avevano già fatto presagire che lo sviluppatore nipponico avesse in mente un sequel. Quel seguito è Resident Evil Village, pubblicato pochi giorni fa, su PC, console old gen, PS5 e Xbox Series X/S. Un titolo che riprende quasi da dove avevamo concluso il precedente capitolo e che mantiene pressoché intatte le caratteristiche introdotte con RE7. Village mette sul piatto tutta una serie di orrori classici: Vampiri, bambole assassine, mostri, zombie, Licantropi e chi più ne ha più ne metta.

L’ultima creatura di Capcom, inoltre, ripropone una sorta di progressione “per livelli” nei quali saremo spinti ad accedere ad una determinata sezione, affrontarla nella sua interezza (con tanto di boss finale) per poi tornare nel punto centrale della mappa. In Village è rappresentato dal cimitero (da cui si diramano tutte le strade da percorrere). Inoltre, le atmosfere così come alcune scelte stilistiche e alle location rurali, fanno sembrare Village una sorta di versione in prima persona del punto più alto probabilmente raggiunto dalla serie: Resident Evil 4. Infatti, mentre Village condivide con il 7 l’angolazione della telecamera e i controlli di base, il tono è notevolmente diverso sin dall’inizio. Invece di esplorare un ambiente inquietante e un’atmosfera che rivela gradualmente l’orrore al suo interno, si viene catapultati nel vivo dell’azione a difendersi da antagonisti deformati che, per i più navigati, ricorda piuttosto da vicino l’apertura di Resident Evil 4.

Ethan, Mia e … Rosemary

Village riprende alcuni anni dopo gli eventi di Resident Evil 7. Ethan e sua moglie Mia si sono trasferiti in Europa (nello specifico in Romania) e stanno crescendo la loro bambina, Rosemary. Una famiglia tranquilla che cerca di dimenticare quanto passato a causa dei Baker. Le cose però non vanno esattamente come sperato. A causa dell’intervento di una vecchia conoscenza della saga: Chris Redfield, Ethan si ritrova in un villaggio da far accapponare la pelle, dove nulla è ciò che sembra. La missione? Salvare sua figlia Rose. Un obiettivo tutt’altro che semplice, in quanto Ethan dovrà vedersela con Madre Miranda (il capo del villaggio) e i suoi accoliti: Alcina (Lady) Dimitrescu, Donna Beneviento, Salvatore Moreau e Karl Heisenberg.

Ognuno dei villain citati si contraddistingue per il fatto di “incarnare” uno degli orrori classici o quasi: Lady Dimitrescu vive nel castello e come abbiamo avuto modo di scoprire è un vampiro (???); Donna Beneviento ha dedicato la sua vita alle bambole, mentre Moreau ha un aspetto a dir poco mostruoso. Il nemico “più normale” sembra essere Heisenberg. All’apparenza è un “semplice” essere umano ma che nasconde un terribile segreto.

Nuovi nemici ma con un occhio al passato

Capcom già con il capitolo precedente aveva dato dimostrazione di essere ancora in grado di sapere come si produce un gioco di Resident Evil. Soprattutto caratterizzando al meglio gli antagonisti. Ciò è ancora più evidente in Village; infatti, i sopraccitati “aiutanti” di Madre Miranda, così come quest’ultima, hanno ognuno delle sfaccettature e un carattere unico. Hanno perversioni particolari, modi di esprimersi e di “trattare” Ethan diversi e ovviamente se sottovalutati potrebbero rivelarsi letali.

Inoltre, alcuni di questi richiamano alla mente diversi boss iconici della serie.  Ad esempio, Lady Dimitrescu, ci ha portato subito a pensare a Mr X e Nemesis che abbiamo avuto modo di riapprezzare in Resident Evil 2 e 3 Remake. Il suo portamento da “gentil donzella”, come era immaginabile, è solo apparenza, e la sua persona è praticamente una versione femminile di Mr X e Nemesis. Inseguirà Ethan costantemente, facendo leva sulla sua altezza di 3 metri e sulle sue innate capacità di incutere terrore. Poi c’è Moreau, che vivendo in un bacino idrico artificiale ci ha portato alla mente quando su GameCube ci siamo trovati faccia a faccia con il boss del lago di Resident Evil 4.

Resident Evil Village

L’azione è tutto

Le somiglianze di Village con il 4 vanno oltre la sua apertura adrenalinica, l’impostazione rurale europea, e alcuni boss “similari”. È un gioco molto più orientato all’azione del 7 e spesso ci si ritrova ad affrontare diversi nemici contemporaneamente. Capcom ha anche apportato alcune modifiche alla qualità della vita che conferiscono al gioco un aspetto più brioso e dinamico. Il non dover passare necessariamente al coltello per rompere le scatole (a schermo apparirà un comando che permetterà di farlo in automatico) passando per un sistema di inventario revisionato che separa i materiali di fabbricazione da tutto il resto, dandoci più spazio e potenza di fuoco.

Proprio parlando dell’inventario, grazie a questa divisione, è piuttosto funzionale in quando permette al giocatore di scorrere rapidamente in caso necessiti di fabbricare il materiale di cui ha bisogno: Munizioni, bombe artigianali, mine, kit medici. L’unica nota stonata è la scelta di renderlo monocromatico. Infatti, sebbene ogni munizione sia piuttosto facile da individuare, nei momenti più concitati, il giocatore potrebbe tendere a confondersi. Forse una soluzione “colorata” in stile Resident Evil 4 (date le similitudini tra le due produzioni), dove le munizioni per la pistola sono di colore rosso, quelle per il mitra di colore blu, quelle per il fucile di precisione di colore bianco, sarebbe stata una scelta sicuramente più pratica e di immediata percezione per l’utente.

Fra survival horror e fps

Abbiamo trovato il cambiamento di tono di Village sorprendente soprattutto dopo l’ottimo successo di Resident Evil 7. Quest’ultimo è stato ampiamente lodato per il suo ritorno al survival horror. L’ambientazione – per lo più incentrata su una casa disgustosa e fetida in un Bayou della Louisiana – era evocativa e terrificante, riportando i giocatori a vivere un’esperienza ad alte palpitazioni che non si vedeva da più di dieci anni.

In Village questa sensazione è percepibile solo in un paio di sequenze, nello specifico: quando si percorrono i corridoi del Castello Dimitrescu; qui ogni sezione pulsa di paura e il fatto di non sapere da dove sarebbe spuntata la “donnona”, ci ha messo ancora più ansia. Così come per la sezione di Donna Beneviento, che sin dai primi passi ci ha spinto a dire: “ma chi ce lo fa fare”, per poi rivelarsi essere più semplice e meno “ansiogena” di quanto ci saremmo aspettati.

Mentre per Moreau e Heisenberg la scelta è stata diametralmente diversa. Per il primo, come anticipato in precedenza, l’idea è derivata dal mostro del lago di RE4. Non ci è sembrata particolarmente ispirata come sezione soprattutto perché l’unico nemico presente è proprio Moreau; per il secondo invece abbiamo indossato i panni del Doomguy crivellando di proiettili e facendo saltare in aria qualsiasi mostro ci si palesasse dinanzi.

Lo stesso villaggio è uno spazio che viene lasciato un po’ a se stesso dopo le prime battute iniziali del titolo. I nemici incontrabili sono pochi e sono piuttosto facili da abbattere. Risulta essere abbastanza aperto (e la sua funzione principale è quella di hub da cui decidere la prossima azione da compiere) e il giocatore può esplorarlo durante il giorno, risolvendo enigmi ambientali (mai impegnativi) per sbloccare ulteriori aree e ottenere preziosi tesori e cimeli spendibili dal “Duca” per acquistare munizioni, medikit, potenziamenti e ricette di cucina.

Welcome … Stranger!

Richiamando l’iconica frase del mercante di Resident Evil 4, una nota per il Duca è doverosa. Un personaggio strambo ma che secondo noi merita di essere citato. Faremo la sua conoscenza poco prima di accedere al Castello Dimitrescu dove ci inizierà a fornire alcune informazioni su cosa sta accadendo. Ad ogni modo, la sua funzione principale è quella di rifornirci con armi e potenziamenti. Inoltre, raccogliendo determinati ingredienti: pollo, pesce, carne di qualità, il Duca può preparare dei succulenti manicaretti che permettono ad Ethan di potenziare alcune sue statistiche: la salute, la guardia e la velocità di movimento.

Insomma il Duca è colui che ci dà una mano a far fuori tutti i cattivoni. Che possa nascondere dell’altro? Non è dato sapersi!

Bossfight migliorate ma con un ma

A proposito delle bossfight, i combattimenti contro i boss in Village rappresentano sicuramente un miglioramento rispetto a quanto vistosi in Resident Evil 7 (che risultavano essere frustranti e insoddisfacenti), ma Capcom ha ben pensato di rendere questi scontri più spettacolari e pirotecnici, forse anche troppo. Non si tratta necessariamente di sfide titaniche o complessi rompicapo, ma sono almeno memorabili, e questo è un buon inizio.

Ciò che ci ha fatto storcere il naso è la presenza di un pattern d’attacco a tratti limitato (soprattutto per le sfide “minori”). Infatti oltre ai villain principali in Village ci sono diversi miniboss che è quasi impossibile non affrontare. Questi presentano un raggio d’attacco incredibilmente debole e facilmente raggirabile dal giocatore. Ad esempio, alcuni nemici si muovono sempre nello stesso modo, evitano lo scontro tornando indietro una volta che ci si allontana dalla battaglia. Ciò permette all’utente (come potete leggere dalla nostra guida dedicata) di poter sfruttare queste limitazioni e abbattere i nemici praticamente senza affrontarli, magari rimanendo dietro ad una porta e sparando all’impazzata per far fuori il nemico oppure piazzando mine e aspettando che il malcapitato ci passi sopra.

Insomma ci saremmo aspettati di più anche dai miniboss, magari un inseguimento fino ad una vecchia catapecchia li nelle vicinanze per dar luogo ad uno scontro epico e invece non è stato così.

Prestazioni su PlayStation 5

Abbiamo testato il gioco per PlayStation 5. Per impostazione predefinita, gira a una risoluzione 4K con ray tracing attivato e questo ha fatto una notevole differenza per quanto riguarda l’illuminazione complessiva nonché a livello di dettagli come acqua e neve.

Sfortunatamente, la presenza della modalità ray tracing sta a significare che PS5 non riesce a mantenere i 60fps costanti. L’esperienza è generalmente abbastanza fluida (parliamo di 45 fps di media), ma di tanto in tanto abbiamo notato dei lievi alcuni cali nel frame rate. Questo può essere risolto disattivando il ray tracing.

Inoltre il RE Engine offre un colpo d’occhio davvero eccezionale. L’unica nota stonata è un fastidioso fenomeno di pop in che si verifica soprattutto all’interno del villaggio. Sia chiaro, nulla di particolarmente eclatante, ma non ci saremmo aspettati un “fenomeno” del genere.

Nota per i possessori di altre console

Su Xbox Series X, il gioco non gira dissimilmente da quello su PS5 (4K HDR con un frame rate di 60 fps che scende a 45 fps con ray tracing attivo). Mentre su Xbox Series S (1440p HDR / 45 fps) per impostazione predefinita, ma l’attivazione del ray tracing porta il frame rate a 30 fps.

Le cose si fanno piuttosto interessanti se guardiamo alle prestazioni su console old-gen, in particolare PS4 Pro e Xbox One X. Per impostazione predefinita, il gioco su PS4 Pro e Xbox One X gira a 1080p60, ma se impostate in modalità ad alta risoluzione, in 4K HDR / 30fps per entrambe le console. Su PlayStation 4 e Xbox One standard, il gioco va un pochino peggio (900p30), non male considerando quanti anni abbia la macchina, ma forse un po’ deludente rispetto alle risoluzioni e ai framerate previsti per le altre console.

Modalità Mercenari

In Village fa il suo gradito ritorno la modalità Mercenari (introdotta proprio in Resident Evil 4). Si tratta di una modalità di gioco aggiuntiva ricca di azione che potrà essere sbloccata dopo aver completato il plot narrativo principale.

La regola principale è quella di riuscire ad uscire dall’area prima dello scadere del tempo. Fra noi e la “libertà” ci saranno dei nemici, più ne sconfiggeremo maggiore sarà il punteggio ottenibile. All’interno dell’area saranno disponibili delle sfere di tempo bonus, che aumenteranno il tempo ottenibile per sconfiggere i nemici così come una serie di bonus a favore nostro, come velocità maggiorata, maggior quantitativo di salute, gli attacchi dalla distanza fanno più danni ecc. e malus (contro i nemici come ad esempio la possibilità di renderne più lenti i movimenti).

A seconda delle prestazioni in game sarà possibile ottenere bonus tempo, bonus denaro e bonus area oltre a ricevere un rank di valutazione. Naturalmente il punteggio ottenibile sarà influenzato dalle abilità del giocatore. Se colpite un nemico su una gamba otterrete un punteggio inferiore rispetto a colpirlo ad esempio sulla testa.

Tenete a mente che la difficoltà aumenta esponenzialmente da un livello all’altro quindi la preparazione è davvero tutto. Prima di buttarvi nella mischia, dovete passare dal Duca per decidere l’arsenale da utilizzare, il quale va ponderato al meglio!

In definitiva, la modalità Mercenari offre delle ore extra all’esperienza complessiva di gioco. Purtroppo manca la possibilità di selezionare un personaggio diverso rispetto a quello di Ethan.

Commento finale

Resident Evil Village è una sorta di ibrido fra alcuni capitoli del passato (Resident Evil 4 su tutti) e Resident Evil 7. Le sezioni survival horror sono poche (sebbene ispiratissime) e ben presto cedono il passo ad un titolo caratterizzato da lunghe sezioni strutturate più o meno come uno sparatutto in prima persona. Gli enigmi sono per lo più semplici e raramente ci si ritrova senza i mezzi necessari per contrattaccare i nemici. Merito anche alla generosa disponibilità di risorse sparse per il mondo di gioco che permettono di creare qualsiasi tipologia di munizione, esplosivo e kit medico.

Capcom è stata inoltre abilissima a caratterizzare i principali antagonisti, i quali incarnano davvero il male in persona. Spiace per alcune défaillance relativamente alle bossfight minori ma nel complesso, sebbene non di grandissima difficoltà, le battaglie contro i villain principali ci hanno divertito grazie a scelte spettacolari e pirotecniche.

In definitiva, Resident Evil Village è un buon gioco che vale la pena giocare e rappresenta un ottavo capitolo sicuramente da ricordare anche se un filino meno memorabile rispetto al 7 e al 4, due delle revisioni più drammatiche nella storia della serie.

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8.5

Un Resident Evil "ibrido"


Resident Evil Village è una sorta di ibrido fra alcuni capitoli del passato (Resident Evil 4 su tutti) e Resident Evil 7. Le sezioni survival horror sono poche (sebbene ispiratissime) e ben presto cedono il passo ad un titolo caratterizzato da lunghe sezioni strutturate più o meno come uno sparatutto in prima persona. Gli enigmi sono per lo più semplici e raramente ci si ritrova senza i mezzi necessari per contrattaccare i nemici. Merito anche alla generosa disponibilità di risorse sparse per il mondo di gioco che permettono di creare qualsiasi tipologia di munizione, esplosivo e kit medico. Capcom è stata inoltre abilissima a caratterizzare i principali antagonisti, i quali incarnano davvero il male in persona. Spiace per alcune défaillance relativamente alle bossfight minori ma nel complesso, sebbene non di grandissima difficoltà, le battaglie contro i villain principali ci hanno divertito grazie a scelte spettacolari e pirotecniche.In definitiva, Resident Evil Village è un buon gioco che vale la pena giocare e rappresenta un ottavo capitolo sicuramente da ricordare anche se un filino meno memorabile rispetto al 7 e al 4, due delle revisioni più drammatiche nella storia della serie.

PRO

    - Caratterizzazione dei personaggi a dir poco incredibile
    - Capcom ha preso gli elementi dei migliori titoli del franchise riuscendo ad amalgamarli piuttosto bene
    - Il RE Engine è uno spettacolo

CONTRO

    - I miniboss hanno un pattern d'attacco davvero limitato
    - Una bella fetta di gioco è troppo simile ad un fps
    - Incertezze di frame rate con il ray tracing attivo
Riccardo Amalfitano
Riccardo Amalfitano
Videogiocatore sin dalla "tenera" età, amante anche di manga, cinema e serie TV. Ho dimenticato qualcosa? Sicuramente!

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