Speciale: i videogiochi non rendono violenti

Analisi di una società mentalmente arretrata.

Parlerò a nome mio visto che questa è una mia personale opinione, ma sono consapevole del fatto che in molti la condivideranno e altri, invece, saranno totalmente contrari. Dato che la presunta violenza dei videogiochi è un argomento ormai sempre più tirato in ballo quando si tratta di omicidi o situazioni simili, vorrei cercare di far aprire gli occhi a coloro che ancora pensano che dei semplici giochi virtuali portino realmente a “dare di matto” e fare gesti insani.

Partiamo dal presupposto che chiunque sia in grado di utilizzare un coltello o di imbracciare qualsiasi arma, indipendentemente dal fatto di essere militari o appassionati di videogiochi. Ora spostiamoci sulla questione per cui ho voluto scrivere questo mio pensiero (che, onestamente, ritengo verità): la presunta violenza contenuta nei videogiochi. Quante volte ai telegiornali abbiamo sentito di omicidi avvenuti a causa di un uso troppo prolungato di particolari videogiochi violenti che, a quanto pare, avrebbero dato all’assassino l’input per eseguire un atto così malvagio?

Se non ricordate, un esempio lampante è quello della strage di Utøya avvenuta nel Luglio del 2011, quando il terrorista Breivik uccise quasi 70 giovani senza un apparente motivo. Lo stesso, in seguito, ha dichiarato che prima di mettere in atto il tutto aveva fatto pratica con Call of Duty, dando così il colpo di grazia e decretando l’inizio di un odio progressivo verso i videogiochi poiché ritenuti “pericolosi” e troppo violenti. Ovviamente questo è solo uno dei tanti esempi, ma dopo ve ne descriverò un altro. Tornando a Breivik, diciamoci una cosa in completa sincerità: se uno è già un terrorista non ha di certo bisogno di un videogioco per compiere un atto simile né tantomeno di addestrarsi con esso dato che, ribadisco, ci vuole davvero poco a premere il grilletto di un’arma. 

Il secondo esempio a cui ho accennato poco fa, invece, riguarda la “violentissima e spudorata” saga di Grand Theft Auto, con un particolare riferimento al quinto capitolo verso il quale un notiziario (che, sinceramente, non merita nemmeno di essere nominato per cose simili), durante un breve e pessimo servizio, ha tranquillamente affermato che “GTA V mette in allarme il movimento dei genitori data la sua crudeltà e realtà e finzione si confondono portando alla violenza”. Cosa c’è di sbagliato in tutto questo, secondo voi? Molti sostengono che sia giusto ciò che è stato detto, ma non si pongono domande su cosa occorra fare prima di poter arrivare a possedere un videogioco.

Parliamoci chiaro: la radice del problema sta proprio negli stessi genitori. Con questo non voglio insinuare che tutti siano così, ma se un bambino di 10 anni, ad esempio, si trova a giocare con una copia di GTA V, la colpa non può che essere del padre e della madre. Ancora non avete capito perchè? Perché i videogiochi costano parecchio, e dato che non penso che bambini di età inferiore agli 11-12 anni vadano tranquillamente in un negozio con i loro 50, 60 o 70 euro per comprarsi un gioco, il problema non possono che essere i genitori. E’ inutile che poi qualcuno venga a cercare di difendersi sostenendo che il figlio voleva GTA V per Natale e non si poteva evitare di comprarlo. Rimanendo in quest’ottica, vorrei eliminare un po’ di nebbia dalla mente di chi continua a pensare che sia tutto colpa dei videogiochi: il PEGI, quel numero solitamente riportato in un angolo inferiore della copertina di un gioco, indica proprio da quale età sia adatto, cosa che la maggior parte di genitori, parenti o semplicemente amici più vecchi non sanno. Altra cosa su cui vorrei veramente spendere due parole è il fatto di come educare un bambino: ricordo ancora che quando giocavo a GTA San Andreas (vi parlo del 2005-2006, quando io avevo circa 10 anni), mio padre era il primo a dirmi che quelle cose erano tutte finte e da non riprodurre nemmeno minimamente nella realtà. Visto che non ero insano di mente, a certe cose ci arrivavo già da solo, quindi o io per quell’età ero troppo sveglio, oppure i ragazzini di oggi sono arretrati celebralmente (non tutti, ovviamente) e non riescono a distinguere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato.

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Grafico pubblicato sulla rivista “Psychology of Popular Media Culture” 

C’è gente che conosco che addirittura è convinta che gran parte delle guerre o degli omicidi che accadono siano anche condizionati, in qualche modo, proprio dai videogiochi, i quali porterebbero la mente umana ad agire nel modo più crudele possibile. Non starò a dilungarmi su questo, mi basta dirvi che se io ragionassi con gli stessi, infondati criteri di queste persone, allora Hitler e compagnia bella passavano le nottate davanti a Call of Duty, Battlefield e GTA. Chi dimenticherebbe i combattutissimi campionati giocati tra Stati Uniti, Germania e Giappone?  Ah, bei tempi quelli.

Capite che qui le opinioni dei moralisti contro i videogiochi cominciano a crollare, ma se ancora non basta, vi spiegherò esattamente dove si trova la violenza pura gratuita, senza che dobbiate sborsare niente ogni volta: televisione e film, ragazzi. Ovviamente io non addosso le colpe alla TV dato che come difendo i videogiochi, difendo i film allo stesso modo, ma se vogliamo proprio non avere peli sulla lingua, sappiate che è proprio lì che si trovano le scene più cruente. Direi che ad un bambino sia molto più semplice premere un tasto su di un telecomando per accendere la TV che non acquistare un videogioco (che, oltretutto, richiede la console o il PC). Quante volte, anche all’ora di cena, passano sui canali più conosciuti serie TV o film in cui vengono mostrate senza problemi persone squarciate, gente che muore e quant’altro? Se ci basassimo su di una percentuale, azzarderei anche un 70-80% delle volte.

A questo punto potreste pensare di mettermi in difficoltà chiedendomi “Allora perché i film non vengono mai tirati in ballo in caso di stragi?”, ma io so rispondere anche a questo: semplicemente, i film sono ormai parte integrante della società attuale e tutti, bene o male, li guardano. Il fatto di essere rivolti a tutto il pubblico, appunto, fa sì che si ritrovino automaticamente in una botte di ferro e che non possano essere toccati, anche perché dietro molti di essi ci sono grandi registi che non impiegherebbero mezzo secondo a prendere una posizione come la mia, ovviamente nei confronti di cinema e TV. Per quanto riguarda i videogiochi, invece, vengono ancora visti come la feccia del XXI secolo, portando a pensare che rendano violenti, siano da sfigati, inutili e chi più ne ha più ne metta. Non voglio entrare nel particolare e andare fuori tema, ma sappiate che da alcune statistiche è stato palesemente dimostrato che il settore videoludico è uno dei pochissimi a non conoscere crisi, tanto per chiarire la loro “inutilità” (riporto un dettagliato articolo che tratta anche della Games Week di Milano: Il mercato che non conosce crisi). Il problema è anche la società avanzata fisicamente ma arretrata mentalmente, ecco.

Ricordate questa frase che ho pensato e cito sempre quando qualcuno sostiene che i videogiochi siano violenti: la mente umana è instabile, insana e primitiva ed è capace di arrivare a far compiere cose inimmaginabili, quindi la crudeltà di un uomo può scaturire in qualsiasi momento senza che questo abbia mai toccato un controller o visto una televisione. Fatevene una ragione, la verità è questa. Contrariamente a ciò che si pensa, inoltre, è stato anche dimostrato che gli stessi videogiochi permettono di sfogarsi riducendo, di fatto, il tasso di omicidi, ma questo non lo sapevate, immagino (potete vedere il grafico poco sopra derivante da una ricerca intitolata Violent Video Games and Real-World Violence: Rhetoric Versus Data).

Detto questo, direi che sono arrivato al termine del mio discorso e consiglierei a molte persone di collegare il cervello prima di aprire la bocca, perché spesso la quantità di cavolate buttate lì senza un fondamento sono di gran lunga superiori a quanto una mente sia in grado di concepire quando, ripeto, non si usa la parte pensante del nostro corpo. Vorrei concludere in bellezza dando un mio pensiero ma nelle condizioni di un individuo senza alcun criterio e mentalità: se giocando a GTA e affini divento un insensibile assassino, allora passando le mie giornate di fronte a giochi di simulazione automobilistica tipo Gran Turismo non potrò che diventare uno dei migliori piloti del mondo. Ci si vede in pista!

 

Simone Rinaldi
Simone Rinaldi
Meglio conosciuto come "Ping" per gli amici e online, gioco dall'ormai lontano 2000. Cresciuto a pane e videogiochi a partire dalla prima PlayStation, nel tempo ho esteso i miei interessi anche all'ambito della tecnologia in generale, scoprendo un certo feeling con l'hardware PC. Le mie grandi passioni si sono poi trasformate in qualcosa di più concreto con l'entrata in 4News, grazie a cui ho avuto modo di vedere il mondo videoludico-tecnologico da una nuova prospettiva ed affrontarlo in modo più serio e professionale.

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