Recensione For Honor

Io sono Apollyon. Io porto la guerra.

Versione testata: PlayStation 4.

C’è voluto quasi un altro anno dopo averlo visto, ammirato e desiderato durante l’E3 2016: ora For Honor è arrivato. E’ arrivato con le sue roccaforti medievali, con le navi vichinge e gli eserciti degli incrollabili maestri shogun. Sottovalutato da molti, esaltato da troppi, screditato da tutti gli altri, Ubisoft ha partorito un nuovo Tripla A, segnando una vera e propria rivoluzione nel genere. Ammesso che in un genere For Honor lo si possa inquadrare, ulteriore dimostrazione di quanto le etichette stiano davvero strette a giochi innovativi o realizzati con estrema cura.

In questa recensione vi racconteremo cosa ci ha colpito e che cosa (poco, in verità) deluso del nuovo mastodonte approdato su PlayStation 4, Xbox One e PC. Una cosa vogliamo sottolineare da subito: For Honor si è dimostrato capace di stregare giocatori dai gusti anche molto diversi l’uno dall’altro. L’ultimo Tripla A di casa Ubisoft ha infatti un’anima molto difficile da classificare. Si tratta di un titolo pensato quasi esclusivamente per il multiplayer online, d’accordo, ma che genere di titolo? Un PVP? Un picchiaduro? Uno strategico, un action game? For Honor è un po’ tutte queste cose insieme, ma è un unico fattore a fare da leva all’intero meccanismo e rendere le meccaniche di gioco tanto semplici da apprendere quanto gratificanti da padroneggiare: il sistema di combattimento.

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Mille anni di guerra, e non sentirli

Se non avete ancora visto il trailer cinematografico di For Honor, dovreste farlo. Tra l’altro, si trova anche doppiato nella nostra lingua e potrete visualizzarlo prima di iniziare una nuova partita. La trama del gioco, piuttosto minimalista se ci si basa soltanto sulle poche righe introduttive, è in realtà piuttosto intricata

For Honor è ambientato in un mondo fantasy medievale dove un gigantesco cataclisma avvenuto mille anni prima ha distrutto le civiltà e fermato il tempo, permettendo così a culture divise da secoli e da interi continenti di incontrarsi nello stesso posto. I Vichinghi del Nord si trovano a incrociare l’ascia con le katane dei samurai giapponesi e con gli spadoni dei cavalieri europei. Il cataclisma non ha solo disperso la cenere nel mondo, ma anche i popoli: molti di essi hanno vagato per i decenni seguenti alla ricerca di un posto in cui ricominciare. Con il passare del tempo, popoli lontanissimi sono giunti fino alle terre d’origine dei Vichinghi, che nel frattempo stavano tornando dai confini del mare, dove avevano cercato fortuna. Pieni di nostalgia per la loro terra, gli orgogliosi guerrieri nordici avevano invertito la rotta ma, una volta tornati a casa, avevano trovato nuovi vicini ad attenderli. Prima separati da oceani e cordigliere, samurai, vichinghi e cavalieri si sono quindi ritrovati sullo stesso continente, che racchiudeva in pochi chilometri quadrati civiltà e culture assai differenti fra loro.

Questo “l’antefatto”, ma la verità è anche un’altra: una sorta di divinità in terra, Apollyon, trama perchè lo stato di guerra resti tale praticamente per sempre, infischiandosene dei morti sui campi di battaglia. Lo dice apertamente: “io sono Apollyon. Io porto la guerra”. Più chiaro di così. Apertamente schierata con i Cavalieri di cui rappresenta il supremo comandante, ci sono vari motivi per ritenere che Apollyon sia in realtà una divinità (sulla scia di quelle omeriche) che si diverte a interferire con le faccende terrene. Basti pensare che il suo nome è la traslitterazione del greco “distruzione”, “guerra”. Un tipo poco socievole, insomma.

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Nel corso della campagna principale potremo impersonare diversi esponenti dei popoli che abitano le terre di For Honor, soprattutto i cavalieri, ma con spazio anche per Samurai e Vichinghi. Verremo così a conoscenza delle loro storie e dei loro popoli, e interverremo in prima persona nella guerra millenaria che si trovano a combattere. Le missioni in singolo sono pesante per essere giocate completamente in autonomia, la progressione è estremamente lineare, ma l’interesse è tenuto vivo sia dai bonus sbloccabili lungo il percorso che dall’intelligenza artificiale, in grado di donare non poche soddisfazioni soprattutto ai livelli più avanzati e alle difficoltà più elevate. Se non avete paura di morire in battaglia, selezionate la difficoltà “realiasmo” e vediamo un po’ quanto riuscite a restare in vita.

Le basi del combattimento: in alto quelle spade!

L’intero cuore di For Honor risiede sul sistema di combattimento, semplicissimo da apprendere, difficilissimo da padroneggiare fino in fondo. Tutti possono giocare al titolo Ubisoft, basta possedere un minimo di riflessi. Ma diventare campioni e non soccombere online contro avversari feroci e agguerriti, è un altro conto. Ogni eroe possiede tre diversi tipi di guardia da cui poter sferrare i propri attacchi: alta, sinistra e destra. Allo stesso modo, sono tre i diversi tipi di blocco degli attacchi avversari possibili: si può parare dall’alto, da sinistra e da destra. Per poter eseguire con successo una parata è necessario posizionare la propria guardia nella stessa direzione in cui è lanciato un attacco da parte del guerriero nemico: ad esempio, se l’attacco arriva da sinistra, la vostra guardia andrà impostata a sinistra e soltanto in questo caso avrà effetto. Se difenderete impostando lo stick analogico sulla destra, sarete invece colpiti.

Agli attacchi e parate si accompagnano altre meccaniche fondamentali, per quanto elementari: le schivate, attuabili su PlayStation 4 usando lo stick sinistro e premendo X, e gli spezza-guardia con cui stordirete il nemico e per pochi secondi potrete massacrarlo con qualsiasi tipo di attacco, pesante o leggero che sia. A queste semplici meccaniche di base (credeteci: è più difficile leggerlo che farlo) si aggiungono personaggi altamente personalizzabili e diverse classi di gioco per ogni popolo. Samurai, Cavalieri o Vichinghi che siano, ognuno di essi presenta sottocategorie con abilità e caratteristiche differenti: gli Assassini (per i quali Ubisoft ha sempre un occhio di riguardo) sono veloci e letali, gli Heavy sono i classici mastodonti apparentemente impossibili da buttare giù, e gli Ibridi, come dice il nome, la classe più versatile di tutte, buona un po’ a fare tutto ma senza eccellere in nulla.

Ti spacco l’elmo, la spada e pure la connessione!

Se vogliamo girarci intorno, giriamoci pure intorno, ma sappiamo tutti la verità: la modalità storia e la campagna single player di For Honor sono un piacevole aperitivo, e il vero gioco comincia quando si seleziona la mappa del territorio online, in cui potrete sapere in ogni momento come sta andando la Stagione in corso e quale dei tre popoli è in vantaggio sugli altri. Da qui potrete accedere alle varie modalità online del titolo, per giocare in compagnia di fino a 8 giocatori fisicamente molto lontani da voi. E le modalità non si lasciano certo desiderare: c’è il classico DeathMatch 1v1, in cui si scende in campo e si malmenano gli avversari in sfide alla meglio di cinque. Si può giocare in DeathMatch anche in squadre di due giocatori contro due, e in quel caso la morte di un compagno è davvero un bel problema perchè entrambi gli avversari vi faranno a fettine, a meno che non siate dei campioni esperti.

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In modalità Dominio, invece, si scende sul campo di battaglia, letteralmente. Due eserciti appartenenti a due diversi popoli si scontreranno in una delle varie ambientazioni del gioco, e fare da supporto ai soldati di entrambe le parti ci sarete voi: gli Eroi di quella popolazione. Potrete correre a destra e sinistra uccidendo sia i soldati semplici avversari che gli Eroi nemici, ma lo scopo non è quello di uccidere il più possibile gli avversari quanto piuttosto fare in modo che il fronte si sposti sempre più nell’entroterra avversario. I vostri soldati, insomma, non devono essere lasciati in balia di sè stessi nè alla mercè degli Eroi rivali: dovrete tenerli d’occhio, proteggerli e aiutarli ad avanzare.

Naturalmente, se avete giocato come prima cosa alla modalità single player e vi credete degli dei scesi in terra, aspettate di vedervela con un altro giocatore reale, magari un po’ più esperto di voi. E’ lì che For Honor diventa interessante, appagante e impossibile da spegnere. E ogni tanto vola qualche controller nella pericolosa direzione della finestra.

Il gioco è completamente doppiato in un buon italiano (eccellente la voce di Apollyon) e dal punto di vista tecnico e grafico mostra come, quando Ubisoft si impegna, riesce a realizzare ambientazioni, personaggi e cure maniacali per ogni singolo minuscolo e insignificante mattone di un muro. Un comparto in grado di lasciare stupito qualsiasi giocatore capace di attuare un buon colpo d’occhio a schermo fin dalla prima giocata.

Commento finale

For Honor è un mezzo capolavoro, tronca i confini del genere tra picchiaduro, action, GDR e una mezza altra dozzina di categorie diverse tra loro. Se ci fosse stata una modalità storia più profonda e variegata, avremmo alzato il voto di un altro mezzo punto. Se ci fosse stata anche una maggiore varietà in generale nel titolo, senza avere costantemente ma pericolosamente presente in un angolo della mente che stiamo facendo sempre e soltanto le stesse cose, avremmo alzato il voto di un punto intero, arrivando a 10. Ma va bene anche così, da noi Ubisoft si porta a casa un 90 tutto guadagnato. E incrociamo le dita per For Honor 2, quando sarà. E fidatevi: sarà.

Pro Contro 
– Meccaniche di gioco molto interessanti
– Veloce, tecnico, appagante
– Modalità storia, oltre al gigantesco comparto online
– Il single player poteva essere più curato
– Il multiplayer poteva essere più variegato
 
  Voto Globale: 90 
 
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PRO


CONTRO

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