Volendo essere quanto più telegrafici possibile, Shadow of the Erdtree è la proverbiale ciliegina sulla torta. Una torta talmente “gustosa” che il buon Riccardo, nella nostra recensione di Elden Ring, parlò di “titolo definitivo, quasi glorioso, di FromSoftware“.
Già da queste poche righe avrete capito quanto elevata sia la qualità di Shadow of the Erdtree. E per questo motivo merita tutt’altro che una risoluzione così epigrafica. Ecco a voi, dunque, la nostra recensione della nuova espansione del capolavoro del talentuoso team guidato da Hidetaka Miyazaki.
Shadow of the Erdtree è disponibile dallo scorso 21 giugno 2024 su PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X|S e PC.
Versione testata: PlayStation 5
Ribadire un concetto
All’annuncio della virata verso l’open world “vero” del nuovo gioco di FromSoftware, i fan dello studio furono pervasi da un brivido lungo la schiena. Preoccupazioni giustificabili, in quel contesto storico, ma che FromSoftware ha spazzato via in men che non si dica.
Elden Ring è un capolavoro non solo per la qualità eccelsa, ma anche per quello che rappresenta per il media. Perché diciamocelo chiaramente, ha introdotto un’alternativa alla stantia visione dei giochi a mondo aperto tanto che a distanza di soli due anni la concezione di questa tipologia di giochi è cambiata.
Vero, la strada è ancora lunga e la concezione “old” non sparirà. Ed è anche giusto così. Ma portare una tale ventata di aria fresca in una delle strutture ludiche più commerciali degli ultimi decenni è sinonimo di maestria impareggiabile. E tale nuove visione rappresenta proprio l’anello di congiunzione tra due paradigmi videoludici che, volente o nolente, devono imparare a coesistere. Ma lasciateci spiegare meglio.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una saturazione del mercato di prodotti mastodontici. Mattoni da 100 e passa ore in cui fare sempre la stessa cosa, meccanicamente, come un automa, che ci inondando di contenuti di dubbia qualità. Una spirale viziosa che ha già cominciato a far collassare su se stessi publisher e software house (seppure ci siano anche tanti altri motivi che meriterebbero approfondimenti in altra sede).
Tuttavia, la sostenibilità del media passa proprio dalla presa che questi prodotti per le masse riescono a fare sul grande pubblico, quello che conta veramente. Ed ecco che entra in gioco Elden Ring, il trait d’union tra due filosofie che fino a pochi anni fa pensavamo inconciliabili. Talmente ben stratificato, grazie alla sua struttura che permette di aggirare gli sbarramenti dei Souls classici, da riuscire ad essere godibile per tutti in base all’esigenza di ciascuno.
Shadow of Erdtree non fa altro che ribadire questo concetto, regalandoci un contenuto post-game, da affrontare dopo aver sviscerato il gioco base (tanto che per cominciarlo dovrete aver affrontato anche due dei boss opzionali più ostici), talmente ben confezionato che riesce ad elevare ancora di più gli innumerevoli pregi della produzione (e sottolineando anche, purtroppo, le sue piccole criticità).
Elden Ring alla massima potenza
Tutto quanto appena detto è stato reso possibile dalla visione e interpretazione del concetto di open world di Miyazaki e dello studio nipponico. Grazie ad una sapiente opera di game design, che è riuscita ad unire la visione “classica” di FromSoftware agli stilemi tanto utilizzati per creare mondi virtuali nella maggior parte delle produzioni, gli sviluppatori sono riusciti a regalarci un mondo di gioco superbo. E Shadow of Erdtree non fa eccezione.
La Terra delle Ombre è la mappa aperta più elaborata e labirintica mai creata da FromSoftware. Potrebbe essere utilizzata in ambienti accademici per spiegare come deve essere realizzato un open world gratificante e mai banale. Il reward system, infatti, è gestito ancora meglio rispetto al gioco base, che già faceva un ottimo lavoro in tal senso. Ogni dungeon secondario o punto d’interesse che sia, offre sempre armi, pezzi di armatura, amuleti che aprono a nuove “sotto-meccaniche”, alcune delle quali universali (ad esempio, il balsamo dei parry, se così vogliamo chiamarlo), o ancora a nuovi potenziamenti che hanno effetti limitatamente alla nuova area e che fungono da elemento di bilanciamento.
Proprio il bilanciamento è una delle criticità, insieme all’eccesso di contenuti, del gioco base. Per quanto riguarda il secondo punto, nonostante la ridondanza di alcuni pattern che ritornano, moltissimi dungeon secondari sono così ben fatti e diversificati da non sembrarlo affatto. In riferimento al bilanciamento, invece, il discorso è più “complicato”. Fermo restando che secondo noi questo tipo di criticità è intrinseca alla struttura multidimensionale che lo studio ha voluto dare all’opera Elden Ring in generale, è lapalissiano che le situazioni non sempre siano bilanciate come dovrebbero.
Se da un lato il campionario offensivo e difensivo offerto al videogiocatore, già enormemente smisurato, è stato ampliato da tante nuove variabili, tra cui otto nuove tipologie di armi, dall’altro lato, per cercare di far fronte, anche alla luce del suo collocamento nell’endgame, all’impotenza dei boss di fronte ad un videogiocatore che ha esplorato in lungo e in largo l’Interregno e la nuova Terra delle Ombre, questi sono stati resi un po’ meno permissivi. Diciamo che, enfatizzando, ci sono più di una Malenia in Shadow of the Erdtree.
Ad ogni modo, come anche premesso, parliamo di un discorso a tratti “effimero” che non possiamo approfondire più di tanto (anche perché nei giorni scorsi è già uscita una prima patch che ha cambiato alcune situazioni). I problemi di bilanciamento, dunque, ci sono, ma sono anche figli di quello che è Elden Ring, cioè un titolo che vuole, e riesce, a rivolgersi a tutti, senza snaturarsi.
Proprio per questo pensiamo sia una delle opere più importanti del media, e restando con i paragoni interni a FromSoftware stessa, forse anche più importante del primo Dark Souls, perché il messaggio di quest’ultimo era più semplice, visto che si rivolgeva a una cerchia ristretta. Il messaggio di Elden Ring, vuoi per meriti, vuoi per circostanze, è molto più potente e difficile da recepire perché vuole rivolgersi a tutti.
Menzione d’onore finale per il comparto artistico: è sublime. La direzione di Shadow of Erdtree è talmente over the top che alcuni dei scorci più belli del gioco base sono niente a confronto. E cosa ancora più sbalorditiva, ogni panorama, ogni taglio di inquadrature, ogni movimento di camera è a questi altissimi livelli.
Commento finale
Shadow of the Erdtree è la chiusura perfetta del cerchio. Citando nuovamente il nostro buon Riccardo, Elden Ring con Shadow of the Erdtree diventa definitivamente l’opera gloriosa di FromSoftware. Il voto che vedete qui di fianco lo abbiamo assegnato anche, anzi soprattutto, per quello che è stato, è, e sarà l’opera Elden Ring. Siamo dei romantici a vederci quel tipo di messaggio di cui sopra? Forse sì, forse no, ma è fuori discussione che c’è un prima ed un dopo Elden Ring.