L’ultimo progetto di Hekate e Nacon, Ad Infinitum, vi catapulta direttamente nelle trincee strazianti della Prima Guerra Mondiale, mettendovi nei panni di un giovane soldato tedesco perseguitato dalle conseguenze della guerra e dall’impatto che la stessa ha avuto sulla sua famiglia.
Originariamente la produzione nacque quasi per scherzo, si trattava infatti di un semplice progetto studentesco. Dopo quasi un decennio di sviluppo, il prodotto finale è finalmente giunto a compimento. Sebbene gli sforzi di Hekate siano ammirevoli, le impressioni e le sensazioni che ci ha lasciato il titolo sono piuttosto contrastanti. Ma andiamo con ordine!
Versione testata: PlayStation 5
Nel gioco, come anticipato, impersonerete Paul Von Schmitt, un soldato tedesco tormentato psicologicamente, fra la casa della sua famiglia (ormai deserta) e i campi di battaglia devastati dalla guerra, alla ricerca di una soluzione alla sua sofferenza. Fin dai primi istanti, è possibile notare alcune somiglianze con Amnesia, ed in particolare con l’uscita più recente, The Bunker, anch’essa ambientata durante la guerra. La narrazione – particolarmente ispirata – è al centro della produzione e riesce ad esplorare abilmente i traumi della guerra, offrendo spunti interessanti sui rapporti che intercorrono fra il personaggio principale con suo fratello e i suoi genitori.
Fra presente e passato
Il gameplay è caratterizzato da una impostazione dicotomica (piuttosto riuscita) che mostra le differenze tra la brutalità delle trincee e le ripercussioni che la guerra stessa ha avuto sulle famiglie dei soldati in patria. La residenza di famiglia funge da hub centrale, mentre vari livelli “trasportano” il giocatore in sequenze sul campo di battaglia. Sebbene entrambe le location siano caratterizzate molto bene, l’ambiente domestico emana un’atmosfera più cupa e silenziosa, accompagnata da un particolare sottofondo musicale che riporta a galla tanti ricordi del passato, mentre le trincee vengono proposte come qualcosa di contorto e da incubo.
Ad Infinitum adotta – inoltre – una prospettiva in prima persona e, per la maggior parte del tempo, propone un’esperienza tipica degli horror psicologici. Nello specifico, il giocatore deve cercare indizi, leggere documenti, risolvere enigmi (solitamente a portata di mano) ed eludere entità minacciose.
Tuttavia, Ad Infinitum non si sforza di innovare in alcun modo il genere (vastissimo) degli indie horror mantenendo invece una formula che da la sensazione di essere già stata vista e rivista (diciamo anche piuttosto banale e generica). Il protagonista -pur avendo a disposizione un piccone e un fucile – non si ritrova praticamente mai in situazioni di combattimento nude e crude. Anche gli scontro con i “Boss” che occasionalmente vi metteranno alle strette, si riducono in sezioni “interattive” dove dovrete trovare oggetti per scappare o per impedire i loro attacchi.
C’è da dire che i nemici (in generale) sono abbastanza facili da “affrontare”. Sono di natura ultraterrena e il loro design è davvero azzeccato. Soprattutto i boss, con il loro aspetto “grottesco” superano il nostro soldato tedesco in termini di movimento e dimensioni. Costituiscono – come era immaginabile – la minaccia più grande ma non appaiono così spesso come ci si aspetterebbe. In genere, si manifestano alla fine di un capitolo. Questi incontri hanno una sorta di moralità che alla fine si riduce a una semplice risoluzione “buona” o “cattiva”.
I maggiori problemi del prodotto sono di natura ambientale. Il fuoco e il filo spinato possono limitare la progressione e le aree gassate non possono essere attraversate finché non diventa disponibile una maschera antigas. Raramente ci siamo trovati in difficolta con Ad Infinitum. Gli obiettivi sono chiari e gli elementi necessari per progredire appaiono in luoghi ovvi il che non offre molto in termini di sfida.
Grafica e tecnica
Per un gioco in sviluppo da ben dieci anni, c’è da sottolineare una certa mancanza di “polishing” complessiva in più di qualche area. Anche se niente ha minato la nostra esperienza videoludica, una parte delle trincee è scomparsa davanti a noi per diversi secondi e i cali di frame – nelle situazioni più concitate – sono piuttosto frequenti. Da rivedere anche il sistema illuminazioni/ombre, davvero zoppicante e inoltre, i modelli dei personaggi non sono all’altezza dei dettagli ambientali. Va decisamente meglio in termini di colonna sonora. Le trincee presentano temi a stampo militare e le note musicali colpiscono nei posti giusti creando un’atmosfera inquietante.
Commento finale
Anche se non innova in alcun modo il genere “horror psicologico”, Ad Infinitum presenta una storia ben scritta, che riesce ad esplorare abilmente i traumi della guerra del protagonista. La mancanza di combattimenti convenzionali limita tantissimo gli incontri con i nemici, i quali finiscono per diventare una sorta di estensione degli enigmi presenti nel gioco, ma il design di queste creature è meraviglioso, soprattutto dei boss, davvero grotteschi. Manca un po’ di rifinitura qua e là e il frame rate è fin troppo ballerino. Tuttavia, per i fan del genere, il titolo di Nacon e Hekate può sicuramente essere un’esperienza più che sufficiente da vivere in prima persona.