Il 2022 ha segnato il ritorno di Avatar, la saga fantascientifica creata da James Cameron. Il sequel del primo capitolo (pubblicato nel lontano 2009 e che ad oggi ancora mantiene saldamente nelle proprie mani lo scettro di film con il maggiore incasso di sempre), La via dell’acqua, ci ha riportato nuovamente sulla splendida e vivace Pandora, il pianeta dei Na’vi, ancora una volta minacciato dalla colonizzazione umana. Il film (la cui recensione completa è disponibile cliccando qui), ha – come da previsioni – ottenuto un notevole successo di critica e di pubblico e ad oggi ha incassato a livello globale più di 2 miliardi di dollari. In attesa delle future pellicole che arriveranno rispettivamente nel 2025, 2029 e 2031, Ubisoft, in collaborazione con i veterani svedesi di Massive Entertainment (Far Cry 3 e Tom Clancy’s The Division) – sulla falsa riga del precedente film e non curanti degli scarsi risultati ottenuti da Avatar: The Game – ha deciso di adattare l’IP di Cameron in un nuovo videogioco. Annunciato nel 2017, Avatar: Frontiers of Pandora è il grande tentativo della società francese di riportare in vita Pandora (un mondo enorme, fantastico e dettagliato che dà letteralmente vita all’esperienza), attraverso un videogame che possa celebrare al meglio l’incredibile franchise cinematografico del regista americano. Ci sarà riuscita oppure no? Scopritelo nella nostra recensione completa!
Prima di proseguire, vi ricordiamo che il gioco è attualmente disponibile per PlayStation 5, Windows e Xbox Series X/S il 7 dicembre 2023.
Versione testata: Xbox Series X
Anno 2146
Frontiers of Pandora racconta una storia separata e indipendente su un piccolo gruppo di giovani Na’vi cresciuti dal malvagio Mercer e le sue Resources Development Administration (RDA), e sulla graduale riscoperta della propria eredità e del legame con la natura ed il pianeta natale. I temi ambientali cardini del franchise sono ulteriormente accentuati da una tematica tanto profonda quanto tagliente, ossia sulla separazione dei bambini e alla rieducazione forzata delle popolazioni indigene. l giocatore intraprende un viaggio attraverso la Frontiera Occidentale, una regione di Pandora mai vista prima, scoprendo le proprie origini e organizzandosi con le tribù locali Na’vi per combattere contro la RDA che sta devastando Pandora al solo scopo di ottenere e sfruttare le risorse naturali che il pianeta ha da offrire.
Al netto dell’incipit piuttosto interessante, il modo – o meglio l’aggettivo – migliore per descrivere la storia di Frontiers of Pandora è “generica”, priva – in contrapposizione alle tematiche base di Avatar – di emotività, quasi fredda e glaciale. I personaggi sono insignificanti, sembrano soltanto degli “Avatar”, dei gusci vuoti che hanno un solo obiettivo, offrire l’ennesima missione trita e ritrita, facendo credere a tutti che voi siete l’eroe che attendono da tempo.
Frontiers of Pandora non aggiunge nulla a quanto raccontato dai film (anzi); è – al netto della tematica ambientale – praticamente l’opposto di ciò di cui parlano Avatar e Avatar: La Via dell’acqua. Questi sono carichi di temi imperniati non solo di ambientalismo ma (e soprattutto) da un pesante disprezzo per coloro che uccidono consapevolmente gli animali e devastano il loro mondo, in cambio di mero profitto. In particolare, il secondo capitolo, rappresenta una critica feroce nei confronti di coloro che cacciano di frodo e sfruttano i mastodontici Tulkun per arricchirsi e diventare “Immortali”. Frontiers of Pandora inspiegabilmente, non critica proprio nulla, né da soltanto l’illusione, portandoci a fare azioni, consentiteci di dire, deplorevoli contro la flora e la fauna di Pandora, in netto contrasto con i messaggi altisonanti che in realtà il buon Cameron ha cercato di far passare.
Un open-world atipico
Prima di parlarvi del gameplay (che ha parecchio in comune con la serie Far Cry), è doveroso sottolineare che Frontiers of Pandora – sebbene venga annoverato come titolo a “mondo aperto” – ha una durata davvero irrisoria se paragonato ad altre IP Ubisoft, come ad esempio Assassin’s Creed Valhalla o i più recenti Far Cry; parliamo infatti di circa 15 ore per completare il gioco (25/30 per il raggiungimento del 100%). Un tempo davvero insolito e che non richiede al giocatore impegno e dispendio di energie. A nostro giudizio si tratta sicuramente di un aspetto positivo, soprattutto per quei giocatori che non hanno tantissimo tempo a disposizione.
A parte un po’ di parkouring attorno e sugli alberi e qualche incredibile piroetta in sella al vostro Ikran, non aspettatevi miriadi di cose da fare nel mondo coloratissimo di Frontiers of Pandora. Si tratta di un gioco open world che non vi sorprenderà con difficoltà fuori scala o da eventi sensazionali e che finisce per diventare un’esperienza piuttosto lineare. Che piaccia o meno una scelta del genere, il prodotto si adatta praticamente a tutti i palati, soprattutto quelli più giovani che si avvicinano per la prima volta al genere.
Ogni location ha le proprie caratteristiche di biomi, piante, fauna selvatica e risorse da raccogliere
Il gioco per lo più richiede di correre, saltare e arrampicarsi (sfruttando le grandi leve del nostro Na’vi ed il parkour) attraverso giungle lussureggianti coperte dalla nebbia, passando per le gigantesche pianure soffiate dal vento fino ad arrivare alle montagne fluttuanti, imparando al contempo i tanti segreti della flora e della fauna aliena che abbondano su Pandora. La ricchezza degli ecosistemi non ha eguali; in nessun gioco abbiamo mai incontrato una varietà del genere. Ci siamo davvero divertiti ad apprendere le caratteristiche e le potenzialità dei tanti strani esseri viventi (nonché anche ad essere inseguiti dagli animali selvatici) che si sono palesati lungo il nostro cammino. Il merito è dovuto a Massive Entertainment che è riuscita a dare a Pandora una bellezza folgorante che lascia davvero senza fiato e che ci ha portato in più di una occasione semplicemente a fermarci per ammirare il paesaggio circostante.
Detto questo, l’esplorazione è alla base del gioco (e non poteva essere diversamente). Ma purtroppo, rappresenta anche l’aspetto più debole della produzione. Il “cuore pulsante” è sostanzialmente derivativo dall’IP di Far Cry. Liberare le grandi raffinerie e i complessi nemici (che hanno sostituito quelle che sono le “basi” in Far Cry”) per sbloccare nuove regioni della mappa e completare gli alberi delle abilità tramite i relativi punti, suona fin troppo familiare e ripetitivo. Un po’ di brio arriva quando viene sbloccata la cavalcatura Ikran che vi permette di muovervi nell’aria. Questa consente di raggiungere punti inaccessibili a piedi, ma anche in tal caso, il tutto è caratterizzato da un ciclo ripetitivo: salta sull’Ikran, vai verso la destinazione, raccogli quello che c’è da raccogliere (che possa trattarsi di risorse o oggetti collezionabili) e via verso la destinazione successiva. I nostri “voli” potrebbe essere “interrotti” – di tanto in tanto – da scontri in volo con i velivoli nemici (gli elicotteri RDA); scontri che abbiamo trovato privi di “anima”, sciatti e troppo banali da portare a termine e che non hanno richiesto praticamente alcun tipo di preparazione strategica (si poteva e si doveva fare di più).
Combat system (non ci siamo)
Dal punto di vista del combat system invece, Frontiers of Pandora – salvo incuriosire nelle prime battute di gioco – è carente. E’ indubbio che nei film di Cameron non abbiamo mai visto un villain iconico (il col. Miles Quaritch è l’unico – forse – degno di nota) e non è diverso in questo adattamento videoludico. I membri della RDA, salvo che si decida di buttarsi a capofitto nella mischia, non impensieriscono mai. Hanno aspetti generici, una intelligenza artificiale da dimenticare ed un set di mosse standardizzato che difficilmente riusciranno a mettervi in difficoltà (possono essere fatti fuori con un solo colpo ben assestato). Così come i mech, annientabili – dopo aver individuato il relativo punto debole – con una singola freccia standard o una freccia esplosiva che li farà in mille pezzi all’istante. I nemici, sembrano quasi essere stati messi lì, soltanto per dare uno sfondo a Pandora e al fatto che stiano sfruttando aggressivamente il pianeta e le sue preziose risorse. Senza grandi boss da affrontare o sorprese lungo il percorso, è tutto un po’ blando. Forse l’aver cercato tenacemente l’autenticità (seppur apprezzabile) ha fatto perdere di vista tutto il resto, poiché gli scontri finiscono – una volta che i giocatori hanno capito come gestire le due/tre tipologie di nemici (sfruttando le tante risorse disponibili e necessarie per creare frecce e altri “gingilli”) – per essere anch’essi di routine.
C’è dell’altro? Sfortunatamente si!
Darete la caccia alla fauna selvatica per ottenere materiali di miglioramento, progredirete (come accennato) negli alberi delle abilità, cucinerete cibo, troverete oggetti. Grazie all’addestramento umano ricevuto dal protagonista, avrete anche accesso ad alcune armi umane pesanti (come le mitragliatrici) che abbiamo quasi del tutto ignorato a favore di quelle Na’vi, più primitive ma anche più performanti e potenti. Le risorse raccolte, possono essere utilizzate per la creazione di oggetti/armamenti/utilità, ma purtroppo non è stata ragionata al meglio; c’è sicuramente una pletora di funzionalità ed opzioni, così come di materiali (ottenibili in determinati momenti della giornata) incredibile (e forse anche troppo dispersivo) ma l’aspetto negativo del sistema è che in ogni momento topico della trama, questo riceve una drammatica battuta d’arresto. Nello specifico ciò accede, ogni qualvolta ci viene richiesto (obbligatoriamente) di trovare una particolare pianta/risorsa per progredire (il tutto più gestito da mera fortuna di trovare proprio quello che stiamo cercando, senza considerare che il mondo di gioco è troppo grande rispetto al livello di risorse disponibili). Un nostro compagno è lì agonizzante? Invece di correre a curarlo, dovrete prima trovare del legno per creare delle frecce, dopodiché un particolare frutto per curarlo; semplicemente non si può accettare una scelta del genere e priva di qualsiasi senso.
Grafica e tecnica
Dal punto di vista grafico, come abbiamo già anticipato, il colpo d’occhio è superlativo ma non esente da una lieve problematica. A volte, le immagini sullo schermo sono così ricche di colori e dettagli che abbiamo avuto difficoltà a muoverci nell’ambiente. Considerando che si tratta di un gioco Ubisoft, è doveroso sottolineare che i modelli poligonali – anche se non al pari di altre blasonate produzioni – sono fatti davvero bene. Per quanto invece riguarda le performance, su Xbox Serie X siamo incappati sporadicamente in qualche deciso calo di frame rate. Graditissima invece la presenza del gioco cooperativo online per due giocatori, che consente di godersi il titolo con un amico.
Commento finale
Avatar: Frontiers of Pandora non si discosta per nulla dalla consolidata formula “open world” di casa Ubisoft ed attinge tantissimo soprattutto dalla sua altra IP proprietaria, Far Cry. Massive Entertainment è riuscita però a catturare e a riproporre la sensazione di esplorare un mondo alieno meraviglioso e vibrante fatto di giungle lussureggianti coperte dalla nebbia, gigantesche pianure soffiate dal vento e montagne fluttuanti, nel quale potrete correre, saltare e arrampicarvi. Allo stesso tempo, la trama generica, la scarsa varietà di nemici, il combat system semplicistico, le missioni stantie e ripetitive, rendono noiosa il resto dell’esperienza. A meno che non siate grandi fan di Avatar e di Far Cry, Frontiers of Pandora è un titolo assolutamente evitabile; se proprio vi incuriosisce, consigliamo di attendere un drastico calo di prezzo prima di acquistarlo.