Recensione Final Fantasy VII Rebirth, la rinascita del capolavoro Square Enix

Final Fantasy VII Rebirth è più di un semplice videogioco. Lungi dall’essere “solo” il secondo capitolo del progetto di riadattamento moderno del capolavoro immortale Squaresoft del 1997, Rebirth è molto di più.

Incredibile pensare infatti che il precedente Final Fantasy VII Remake veniva lanciato nell’Aprile 2020, quando il mondo era tristemente recluso in casa a causa di una pandemia che aveva colto tutti di sorpresa all’alba del nuovo decennio. Quattro anni dopo, portiamo ancora tutti le ferite di quei momenti e di quello che il Covid-19 ha significato per la società, per le persone e per il mondo. Ed è suggestivo pensare all’avvento di Rebirth come il ritorno non solo di uno dei titoli più importanti della storia del gaming, ma anche come un’allegorica rinascita di noi tutti, che cerchiamo tutt’oggi di ritrovare faticosamente la nostra direzione.

Un paragone ardito ed eccessivo? Forse si, lo riconosciamo. Ma a ben pensarci, se Remake aveva ironicamente tenuto compagnia al pubblico all’interno delle mura della plumbea Midgar, Rebirth lo libera idealmente portando l’avventura tra le terre di Gaia. Forse vogliamo leggere in questo titolo più di quanto non ci sia. Ma se ogni opera umana è al contempo genitrice e figlia del proprio periodo, è innegabile vedere in Rebirth qualcosa di speciale e significativo. Soprattutto quando parliamo di un vero ed autentico capolavoro.

Final Fantasy VII Rebirth è disponibile dallo scorso 29 Febbraio in esclusiva per PlayStation 5.


Versione testata: PlayStation 5


Verso l’ignoto

Ebbene, dove eravamo rimasti quattro anni fa, quando i titoli di coda di Final Fantasy VII Remake sono giunti al capolinea?

Cloud e compagni erano riusciti a fuggire miracolosamente da Midgar, braccati dagli uomini della ShinRa dopo l’irruzione degli eroi nel loro quartier generale… non prima però di essere stati testimoni di un mistico ed apparentemente inspiegabile incontro con i Numen, guardiani del destino, e con il temibile Sephiroth. Rebirth inizia pochissime ore dopo. Il gruppo si sta nascondendo e riposando nella vicina cittadina di Kalm: la tranquillità tuttavia dura poco e i ricercati sono costretti ad avventurarsi tra le praterie del mondo di Gaia. Riusciranno a raggiungere la salvezza? Comprenderanno le vere macchinazioni della ShinRa ed il loro interesse verso la discendenza di Aerith? Quale significato hanno le visioni con Zack, il protagonista di Crisis Core (qui la nostra recensione di Reunion)? Che ruolo giocherà Sephiroth in tutto questo? Ma soprattutto… il destino può essere sfidato e riscritto?

Yuffie non è più un personaggio opzionale come nel titolo originale.

Non diremo una parola in più sulla storia di Rebirth. Non solo perché vogliamo rispettare i giocatori che si troveranno a vivere le vicende di Final Fantasy VII per la prima volta, ma anche per preservare i fan di vecchia data. Sia chiaro: possiamo rassicurare tutti sull’aderenza della trama di Rebirth agli eventi principali e più iconici del classico del 1997, location indimenticabili comprese. D’altro canto, non vogliamo minimamente sbottonarci né sugli elementi della storia che sono stati ampliati (esattamente come in Remake) né sulle variazioni decise dal team di Yoshinori Kitase. Quello che possiamo dirvi è che tutte le emozioni dell’originale sono qui, possibilmente anche in misura più intensa grazie al rinnovato pathos reso possibile dallo sfruttamento delle nuove tecnologie. Ma non possiamo negare che potrebbero esserci dei mugugni per alcune scelte (esattamente come in Remake), che tuttavia riteniamo di non poter giudicare se non prima di avere in mano il capitolo finale del progetto.

In questo capitolo saranno rivelate le intenzioni di Sephiroth.

Sinestesia sinergica

Da un punto di vista di mera presentazione visiva, Rebirth evolve la tecnica e l’estetica apprezzata quattro anni fa con un senso di scala molto più grande.

Se infatti alcuni potrebbero lamentare un non così grande stacco tra i risultati celebrati nella nostra recensione di Final Fantasy VII Remake (ed Intergrade) ed i traguardi di Rebirth, tutto va calato nella prospettiva della dimensione. La linearità del precedente capitolo, virtù intrinseca di quel segmento di storia, cede il passo all’apertura del mondo al di là delle mura di Midgar. Nel farlo, si schiude agli occhi dei giocatori un paesaggio colmo di dettagli, colori e suoni, tanto magnetico nelle forme quanto affascinante nei contenuti. Tutto è studiato per essere memorabile, per restare impresso tanto nella mente dei nuovi giocatori quanto per risvegliare sentimenti a lungo sopiti nei cuori dei fan. A partire dai vicoli affascinanti di una Kalm ispirata al nord est europeo, passando per l’assolata eccentricità di Costa del Sol, fino ad arrivare ai misteriosi segreti nelle ombre di Nibelheim. Senza dimenticare la splendida colonna sonora (qui nuovamente arrangiata ed arricchita), ancora oggi una delle migliori creazioni della storia del panorama videoludico.

Rebirth offre la classica alternativa tra una modalità Qualità a 4K e 30fps ed una modalità Prestazioni in cui viene data priorità al framerate (a 60 fps). Il guaio tuttavia, allo stato attuale, è che quest’ultima soffre di un eccessivo drop nella renderizzazione dell’immagine. Il risultato, al netto di un frame ad alti giri, è un’immagine evidentemente sfocata e che mortifica la bellezza grafica della produzione. Gli sviluppatori sono al lavoro per una patch che migliorerà la definizione della modalità Prestazioni, che non dovrebbe tardare molto ad arrivare. Fino ad allora, il consiglio (soprattutto per chi dispone di una TV 4K) è di optare per la modalità Qualità, impostando la velocità della telecamera di una tacca più bassa rispetto all’indicazione di default.

Artisticamente siamo su altissimi livelli.

Gran parte della citata spettacolarità visiva di Rebirth passa, inevitabilmente, per il sistema di combattimento. Quest’ultimo eredita il mix tra azione in tempo reale e comandi scelti attraverso un menù rapido, sfruttando le cariche ATB accumulate. Così come in Remake, anche nel nuovo capitolo tutto fila liscio in modo estremamente dinamico e fluido, passando tra attacchi corpo a corpo, schivate, magie ed abilità speciali. Il fulcro delle battaglie ruota ancora una volta alla necessità di infliggere lo Stremo agli avversari, sfruttando tatticamente lo status di Tensione e le debolezze individuali per giungere ad una condizione di particolare esposizione ai danni del party.

Ciascun personaggio vanta particolarità individuali che, complice l’incremento del cast giocabile, conferisce nuova varietà al flow dell’azione. In Remake ad esempio Tifa era un personaggio votato al corpo a corpo, potendo beneficiare di Arte segreta per capitalizzare al massimo il danno nei confronti dei nemici stremati. In Rebirth invece Red XIII (la prima new entry giocabile del cast) è un personaggio che può letteralmente vendicarsi dei colpi parati sprigionando attacchi potenziati capaci di assorbire salute dagli avversari. Passare da personaggio a personaggio diventa non solo una necessità per sfruttare le abilità individuali, ma anche per affrontare al meglio ogni scontro. Novità di Rebirth, in questo senso, è la Sinergia, che permette ai giocatori di combinare i poteri di coppie di personaggi in devastanti attacchi ed azioni. Da un lato azioni sinergiche utilizzabili a costo zero che permettono colpi speciali in grado di caricare velocemente la barra ATP, dall’altro lato abilità sinergiche che costituiscono vere e proprie abilità speciali. Ed ovviamente non finisce qui: tra limit break, espansione delle armi, un numero praticamente raddoppiato di Materia (da 43 ad 86) e nuovissimi manuali di combattimento… la carne al fuoco è davvero tanta.

La spettacolarità è all’ordine del giorno.

Gamb(ar)e in spalla

Se il sistema di combattimento e lo sviluppo dei personaggi poggiano sulle solidissime basi del titolo di quattro anni fa, dove Rebirth era chiamato ad una vera e propria impresa era nell’open world. Restare all’interno di Midgar, tutto sommato, era la parte semplice, complice una sezione che fin dal titolo originario si contraddistingueva come piuttosto lineare. La vera sfida era ciò che veniva dopo.

Possiamo essere molto chiari al riguardo. Il mondo creato dagli artigiani di Square Enix soffia nuova vita alle leggendarie location di Final Fantasy VII, arricchendole non solo di dettagli e sfaccettature, ma altresì rendendolole molto più vive, diversificate ed entusiasmanti da esplorare. Lungi dal proporre un mondo con una quantità di attrattive e contenuti in linea con il titolo del 1997, il team di sviluppo ha letteralmente infarcito Rebirth di contenuti, posti da visitare e missioni da svolgere. Siamo sinceri: all’inizio abbiamo leggermente storto il naso nel trovare una meccanica di arrampicata sulle torri in tutto e per tutto identica agli open world di scuola Ubisoft. Ma quello che sembrava un preoccupante spettro si è presto dissipato grazie alla ricchezza e varietà di quanto proposto dal nuovo mondo di Gaia.

Cosmo Canyon… già sentiamo la sua evocativa musica.

Vi basti pensare che anche solo la prima area, che copre semplicemente l’attraversamento della palude sorvegliata dal Midgardsormr, è così infarcita di missioni, obiettivi e sorprese da raggiungere agilmente le dieci ore… la stessa fase, nel VII originale, durava a malapena mezz’ora.

Accanto agli incarichi già visti in Remake, in Rebirth ritroviamo Chadley che ci proporrà di completare i dossier esplorativi (e di combattimento) invitandoci all’esplorazione delle aree, al recupero di particolari manufatti, al ritrovamento degli altari perduti degli Esper… e molto altro. La bontà del lavoro svolto dagli sviluppatori non si limita esclusivamente alla quantità di contenuti inseriti in Rebirth. Anzi, da questo punto di vista c’è chi potrebbe trovare addirittura preoccupante trovarsi di fronte ad un titolo da almeno 150 ore. Semmai, il vero traguardo di Square Enix è essere riusciti a creare (quasi) da zero ambientazioni che nell’originale semplicemente non c’erano o erano affidate alla fantasia dei videogiocatori dei tardi anni ’90. Ricreare Midgar, in fin dei conti, era un’operazione semplice. Tutt’altro problema era cimentarsi nel creare una Gaia open world, tolte le location più famose (qui peraltro estese a dismisura). Non solo. Esserci riusciti dando al contempo nuovi approfondimenti agli eventi della storia, alla lore del mondo di FF VII nonché ai rapporti tra quelli che sono probabilmente i migliori personaggi della storia del brand… beh, c’è solo da applaudire.

Neanche vi diciamo a cosa serve la Buggy… DOVETE SAPERLO!

La fine può attendere

Un titolo così grande e di così ampio respiro, poteva nascondere un’insidia: la ripetitività, soprattutto per coloro i quali vorranno trattenersi a Gaia ben oltre le ore necessarie per raggiungere i titoli di coda. Anche in questo senso, siamo stati piacevolmente spiazzati dall’impegno degli sviluppatori.

Nel 1997, Final Fantasy VII si impose come uno dei titoli più influenti della sua generazione non solo per l’alchimia tra storia, presentazione visiva, gameplay e musiche. Ma anche per l’indiscutibile equilibrio di ogni sua componente ed anche per la costante presenza di attimi che potessero risollevare gli animi dalla gravità dell’avventura in corso. Non solo siparietti divertenti in pieno stile giapponese, ma anche un buonissimo numero di minigiochi tra corse di chocobo al Gold Saucer, le azioni strategiche a Fort Condor e molto altro. FF VII Rebirth non solo ripropone tutti i migliori momenti dell’originale ma espande a dismisura anche questo elemento.

Il pianoforte richiama il funzionamento della chitarra di The Last of Us Parte II.

Dai minigiochi musicali ai titoli arcade, da fasi sparatutto in prima persona ad una divertente versione di Rocket League nei panni di Red XIII, fino a sorprese che non vogliamo svelarvi, per un totale di oltre venti minigiochi complessivi. Un vero e proprio ritorno alle origini per la serie, che riabbraccia il suo lato più divertente e variegato, capace di aprire parentesi leggere in ogni opera (qualcosa imparato molto bene da Ryu ga Gotoku, negli anni).

Non possiamo sorvolare sul menzionare specialmente Regina rossa. Si tratta del ritorno di un nuovo grande gioco di carte collezionabili dopo i fasti di Triple Triad di FF VIII e di Tetra Master di FF IX. All’apparenza potrebbe sembrare un semplice divertissement, ma ben presto abbiamo compreso tutte le sfumature di meccaniche che fanno impallidire i precedenti della saga e che si avvicinano maggiormente ai tatticismi del Gwent di The Witcher 3. Se vi ritroverete a perdere ore sul tavolo da gioco per creare il mazzo migliore, beh, vi capiamo benissimo.

Alcuni minigiochi offrono un pretesto per ammirare nuovamente i modelli super deformed del titolo originale.

Commento finale

Final Fantasy VII Rebirth è, senza mezzi termini, un capolavoro assoluto nonché il miglior titolo targato Square Enix degli ultimi anni. Un’opera monumentale nella quale si respira l’amore per l’opera originaria, qui ripercorsa ed ampliata, e che mostra alle nuove generazioni il vero spirito di una saga capace di conquistare i cuori di milioni di fan. C’è chi potrà muovere alcune critiche nei confronti di talune scelte narrative (a nostro giudizio, da valutarsi globalmente solo con l’arrivo del terzo e conclusivo capitolo), dell’eccessiva abbondanza di contenuti e di alcune sbavature tecniche (soprattutto della modalità Performance). Ma si tratta di minuzie che spariscono di fronte alla grandezza di quest’opera, capace di ricordare a tutto il mondo che il Giappone è sempre pronto a stupire e meravigliare.

9.5

Final Fantasy VII Rebirth


Final Fantasy VII Rebirth è, senza mezzi termini, un capolavoro assoluto nonché il miglior titolo targato Square Enix degli ultimi anni. Un'opera monumentale nella quale si respira l'amore per l'opera originaria, qui ripercorsa ed ampliata, e che mostra alle nuove generazioni il vero spirito di una saga capace di conquistare i cuori di milioni di fan. C'è chi potrà muovere alcune critiche nei confronti di talune scelte narrative (a nostro giudizio, da valutarsi globalmente solo con l'arrivo del terzo e conclusivo capitolo), dell'eccessiva abbondanza di contenuti e di alcune sbavature tecniche (soprattutto della modalità Performance). Ma si tratta di minuzie che spariscono di fronte alla grandezza di quest'opera, capace di ricordare a tutto il mondo che il Giappone è sempre pronto a stupire e meravigliare.

PRO

Continua il viaggio emozionante del Remake, con un open world affascinante ed un comparto artistico clamoroso | Sistema di combattimento espanso e migliorato | Straripante di contenuti |

CONTRO

La modalità Performance allo stato attuale presta il fianco a critiche | Alcune scelte narrative potrebbero irritare i fan più ortodossi | C'è chi potrebbe trovare dispersiva l'abbondanza di contenuti |

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