L’ennesimo titolo lovecraftiano
Versione provata: PS4 Pro
I giochi lovecraftiani sono tornati in voga negli ultimi anni: The Sinking City, Bloodborne, Call of Cthulhu e un elenco sterminato di indie. Le opere di H.P. Lovecraft rappresentano un nutrito calderone per coloro che desiderano creare un titolo horror “insolito”, quindi ha senso che molti provino a creare la propria personale interpretazione basata sui lavori dello scrittore.
I risultati, tuttavia, sono spesso stati deludenti. È facile creare un gioco con elementi lovecraftiani (linguaggi mistici indecifrabili, creature inconoscibili e una discesa nella follia). Tuttavia, è più complicato creare un gioco che comprenda l’orrore cosmico e ciò che lo rende così terrificante. La maggior parte dei giochi che cercano di canalizzare quell’orrore finisce per diventare una ricostruzione di tropi familiari.
Benvenuti su Marte
Moons of Madness, sviluppato da Rock Pocket Games e pubblicato da Funcom, è l’ennesimo tentativo di creare un gioco horror lovecraftiano. È un mistero in prima persona in cui interpretiamo Shane Newehart, un astronauta che fa parte di una missione segreta su Marte per indagare su segnali e artefatti misteriosi. Saremo chiamati a risolvere enigmi e ad esplorare la base per scoprire cosa ci viene nascosto, in che modo si lega alla nostra infanzia traumatica e su come influisce sull’intero universo.
Ha una svolta unica: invece di ambientare il gioco nel New England, dove la maggior parte di questi lavori sono basati, gli sviluppatori hanno deciso di spostarlo su Marte. Intreccia fantascienza e leggende di antiche razze aliene in un più grande racconto cosmico su esseri trans-dimensionali che cercano di sfuggire e divorare tutta la realtà (abbastanza tipico per gli standard di Lovecraft). Questo rende Moons of Madness attraente sulla carta, ma quando scaviamo più a fondo, il terrore che ci saremmo aspettati di vivere, scompare.
Moons of Madness è un gioco ingannevolmente semplice. Nella primissima scena, Shane si sveglia nella sua stanza e finisce in un incubo. Questo è il livello tutorial, in cui il giocatore impara quasi tutto ciò che deve sapere. Possiamo camminare, interagire con gli oggetti e metterli nell’inventario. Nelle sezioni successive, apprendiamo che possiamo scattare e che abbiamo un dispositivo al polso che possiamo utilizzare per scansionare l’ambiente e tenere traccia dei nostri obiettivi.
“Moons of Madness è un gioco ingannevolmente semplice.”
Gli sviluppatori hanno deciso di combinare le limitate meccaniche per creare puzzle (già visti e rivisti), che fungono da punto di interattività principale per il giocatore. La maggior parte prevede di andare in giro alla ricerca di pezzi e poi combinarli correttamente per attivare la fase successiva del gioco o di hackerare sistemi e riattivare strutture. Occasionalmente, dobbiamo correre per allontanarci dalle creature che ci stanno inseguendo, ma questi sono obiettivi semplici e brevi, usati principalmente per portarci da una sezione all’altra. Di solito, basta tenere premuto il pulsante di scatto per toglierceli di mezzo e la maggior parte degli inseguimenti sono troppo brevi, quindi qualsiasi tensione “cosmica” o “maligna” si dissipa rapidamente.
Attenzione anche ai dettagli minori
Poiché non esiste alcun tipo di combattimento e il gameplay basico è limitato, è facile ottenere rapidamente ciò che è necessario per proseguire. Dato che il gioco dura solo cinque ore, era necessario mantenere le cose semplici per evitare che fosse troppo denso. Inoltre, significa anche che c’è più spazio per prestare attenzione ai più piccoli dettagli, in particolare storia e animazione. Ci sono momenti, ad esempio, in cui Shane ha imparato qualcosa di orribile o ha visto qualcosa di traumatico, e le sue mani si stringono o interagiscono con gli oggetti in un modo diverso. Un altro piccolo momento della storia che abbiamo apprezzato è stato quando un altro personaggio, Declan, ha scherzato sul fatto che ci fossero streghe su Marte. Più tardi, quando ci siamo imbattuti nel suo diario, abbiamo scoperto che è terrorizzato dal fatto che una strega lo stia guardando. È un piccolo momento del personaggio che mostra che c’è più profondità in ciò che viene presentato di quanto si possa immaginare.
“Moons of Madness cerca di differenziarsi dai titoli del genere ma senza successo”
Alcuni elementi ci fanno capire molto sul gioco e sull’idea alla base dello stesso da parte del team di creazione. A volte è difficile dire quale sia il tono che ha Moons of Madness, ma ci sono alcuni frammenti sparsi nel gioco che ci danno qualche indizio. La compagnia per cui lavora Shane si chiama Orochi, una leggendaria bestia a otto teste del folklore giapponese, che ci dà un’idea di che tipo di compagnia sia. Alcuni di questi punti sono un po’ raffazzonati – come il modo in cui Shane si è laureato alla Miskatonic University – ma c’è una sfacciataggine nella scrittura che gli conferisce personalità. Questo ci è piaciuto molto, considerando che il resto del gioco non ha molto da offrire.
Mentre Moons of Madness compie quel leggero passo in più per distinguersi dagli altri titoli lovecraftiano essendo ambientato su Marte, ciò non è sufficiente per renderlo un gioco essenziale per i fan dell’orrore o per le persone che cercano un’altra storia di Lovecraft. Non offre nulla di nuovo per il genere, non presenta un gameplay interessante o stimolante, non fa nulla con i tropi presentati e si perde nella sua stessa storia.
“Anche le sezioni in cui siamo costretti a fuggire dai mostri sembrano monotone”
Qui vengono raccontate circa tre storie separate, e non è semplice capire il modo corretto di combinarle. Il risultato è un ammasso enorme di dati, fatta di monologhi sui cattivi, file di computer e documenti. Sfortunatamente, la maggior parte delle spiegazioni nelle quali ci siamo imbattuti sono in forma di testo, quindi abbiamo trascorso molto tempo a leggere anche documenti o file poco interessanti. Questo, a sua volta, si traduce in una storia pesante e confusa. Questo diventa particolarmente estenuante nell’ultima ora di gioco poiché gran parte della storia ci viene propinata frettolosamente e a grandi dosi proprio verso la fine.
Durante il gioco, abbiamo incontrato diversi elementi fantascientifici in combinazione con gli aspetti bizzarri e mistici: cloni, androidi, una società capitalista che non ha alcun riguardo per la vita umana, scienziati pazzi. Pochi di questi ottengono l’attenzione che meritano e vengono spesso introdotti e scartati senza fanfara. In che modo i cloni si relazionano con gli esseri cosmici e trans-dimensionali? Chi ha creato gli androidi? Il gioco non dà loro il giusto spazio per “presentarsi” al meglio, e quindi è difficile per il pubblico prestare la dovuta attenzione.
Ancora peggio del gioco “insipido” è che purtroppo non funziona come dovrebbe. L’abbiamo giocato su PS4 Pro e ci siamo imbattuti continuamente in bug imbarazzanti, tempi di caricamento lenti e cadute di frame rate. Abbiamo però apprezzato gli ambienti (seppur non troppo diversificati), le vaste distese del territorio marziano e una buona attenzione ai dettagli.
Commento finale
Moons of Madness cerca di fare qualcosa di unico con una premessa lovecraftiana di base. Prendendo tropi e personaggi familiari e spostandoli su Marte. Combinando la fantascienza e la fantasia, c’era molto spazio per creare qualcosa di nuovo, o per lo meno sorprendente, offrendo un gioco avvincente. Sfortunatamente, non è quello che abbiamo ottenuto. Il gioco spreca una premessa intrigante sviluppandosi attraverso una storia troppo confusionaria e presentando un gameplay noioso e zoppo. Ci sono comunque alcuni elementi eccitanti e ben realizzati ma non sono abbastanza per differenziare il gioco da altri del medesimo genere.