Versione testata PC – Origin
E’ stato il sogno di tanti bambini cresciuti in un mondo in cui gli effetti speciali ancora facevano gridare eccitati. Quei bambini sono poi diventati adolescenti e infine adulti e quel sogno se lo sono portati dentro, nascondendolo per non essere derisi ed essere considerati immaturi ma mantenendolo vivo e pronto a riaccendersi ad ogni nuovo gioco, film, serie TV sci -fi.
Oggi quel sogno, pilotare un X-Wing provando magari a replicare le imprese di Luke Skywalker in “Una nuova Speranza”, possono diventare realtà, o quasi, grazie a Star Wars: Squadrons e alla realtà virtuale.
Un progetto nato in sordina
Sviluppato da Motive Studios per EA Games e disponibile per console e PC, Star Wars Squadrons è l’erede spirituale del franchise Star Wars TIE Fighter/X-Wing di LucasArts tanto amato negli anni 90. Ma Star Wars: Squadrons è forse anche uno dei titoli più importanti per la VR. Non solo perché basato su una delle proprietà intellettuali più importanti del mondo, ma anche perché è il primo videogame pubblicato da Electronic Arts con supporto nativo alla realtà virtuale.
Certo non si tratta di un titolo esclusivamente sviluppato per la VR, come ad esempio lo sarà Medal Of Honor Above and Beyond, ma giocandolo ci è sembrato chiaro sin da subito che il titolo, almeno nelle intenzioni dello sviluppatore, sia nato sin dal principio con in mente la VR.
Cosa ci fa dire questo? Beh innanzitutto il fatto che Star Wars: Squadrons, nasce come un titolo budget da commercializzare a circa 39,99 euro: un prezzo in linea con quello delle migliori produzioni VR, ma molto più basso dei classici titoli AAA.
In secondo luogo Star Wars: Squadrons è arrivato quasi in sordina, per poi crescere piano piano ed in maniera inaspettata grazie soprattutto alla fan base di Star Wars e al numero sempre crescente di VR users che cercano esperienze di livello.
Un titolo tappabuchi? Assolutamente no!
Il low profile adottato da EA, almeno nei primi tempi, ha dato inizialmente l’impressione di un titolo tappabuchi, una qualche forma di riadattamento/espansione delle missioni di volo in Battlefront II. Mai impressione fu più sbagliata. Star Wars: Squadrons è un titolo completo e divertente e, cosa ancora più inaspettata, con una campagna che non è solo un semplice tutorial, ma con le sue circa 8 ore di durata, è una delle feature più interessanti del gioco.
Cosa è successo dopo il Ritorno dello Jedi?
La storia si svolge dopo gli eventi narrati ne il Ritorno dello Jedi (quindi dopo la prima trilogia) e racconta una storia dal punto di vista degli imperiali e dei ribelli della nuova Repubblica. La vittoria sull’impero e la morte di Darth Vader hanno galvanizzato questi ultimi che ora provano a riorganizzarsi per sferrare l’attacco finale. Dall’altro lato, l’impero, in difficoltà senza più alcuna guida, è ancora più pericoloso, come un animale ferito.
La struttura della campagna ci mette nei panni di un pilota prima di una fazione, poi dell’altra, e ci consente di mettere mano ai comandi dell’intera flotta interstellare delle due fazioni. Le sedici missioni in cui si articola la campagna, durano circa venti minuti ciascuna. Nelle prime fasi ci permettono di prendere dimestichezza con i controlli, cosa di cui c’è assolutamente bisogno, per poi lasciarci liberi di seguire il nostro istinto.
Quando non si è a bordo di una nave spaziale il giocatore si trova nelle rispettive basi che fungono da hub per le diverse missioni. In questa sezione si viene aggiornati con le informazioni di briefing della missione e si può procedere alla personalizzazione degli armamenti della propria nave. E’ anche possibile approfondire la conoscenza con i compagni di avventura e, sebbene le scelte di dialogo non influenzino in alcun modo l’avventura, sono comunque interessanti per ampliare la lore di gioco e l’immedesimazione.
La potenza è nulla senza il controllo
Star Wars: Squadrons, pur non raggiungendo il grado di complessità di alcuni simulatori di volo, non è comunque un titolo propriamente arcade. Motive Studios è riuscita a creare un sistema di controllo articolato e profondo che tuttavia, con il giusto grado di pratica, può essere dominato anche da chi non fa dei simulatori il proprio pane quotidiano. Con lo stick analogico sinistro si regola la potenza dei motori e il rollio, mentre con quello destro si regola la direzione, il beccheggio e l’imbardata. Con il pulsante “A” o “X” del controller, invece, è possibile switchare da un obiettivo all’altro. E’ tuttavia nell’uso del D-Pad che le cose si fanno veramente interessanti.
Tutto ruota intorno alla gestione della potenza dei reattori che equipaggiano ogni singolo vettore spaziale. Parte di questa potenza, attraverso il d-pad, può essere destinata ai motori, agli scudi o alle armi. Aumentate la potenza del motore e otterrete velocità e manovrabilità aggiuntive. Deviando energia verso armamenti e laser primari avrete una maggiore cadenza di fuoco e migliori tempi di ricarica. Spostando l’energia verso gli scudi, e orientando la stessa verso quelli anteriori o posteriori avrete ricariche più veloci e una maggiore gestione delle difese della nave. Ciò risulterà particolarmente utile se programmate un attacco frontale ad una Star Killer oppure se dovete difendervi da un caccia interstellare in scia. Sovraccaricando scudi o armi, otterrete particolari bonus variabili da nave a nave.
E’ il giocatore a decidere, in base alla propria strategia di gioco, quanta potenza destinare all’attacco, alla velocità del mezzo oppure agli scudi e sebbene questo all’inizio possa sembrare un po’ disorientante, con il passare del tempo diventerà una delle cose più interessanti del vostro gameplay.
Naturalmente il feeling di guida cambia a seconda delle navi spaziali utilizzate e dei diversi equipaggiamenti che avrete modo di selezionare all’inizio della vostra missione. X-Wing, TIE Fighter, bombardieri come l’Y-Wing e il TIE Bomber, intercettatori anti-fighter come l’A-Wing e il TIE Interceptor, o veicoli di supporto come U-Wing e il TIE Reaper, hanno caratteristiche e funzionalità diverse, che si riflettono sul modo di giocare e di affrontare gli scontri.
VR: La morte ne … sua
Dal punto di vista tecnico Star Wars: Squadrons offre un’ esperienza contrastante. Ci sono infatti alcune problematiche piuttosto gravi che vengono ampiamente superate da altri aspetti così esuberanti da farvi superare tutto il resto. In particolare questi contrasti emergono se si analizzano la versione “Flat” e quella “VR” del gioco.
Se la prima appare infatti estremamente rifinita, quella VR in alcuni punti appare bisognosa di un lavoro di polishing ulteriore. L’impressione che abbiamo avuto è che il gioco sia nato per la VR ma sia stato poi dirottato verso gli schermi tradizionali. Probabilmente per massimizzarne i profitti.
Il motivo principale di questa nostra valutazione sta in una differente gestione della risoluzione di gioco. Mentre nella versione Flat, anche se piuttosto striminzito, il menù offre tutte le tradizionali impostazioni per la regolazione della risoluzione e del dettaglio di gioco, in VR il gioco gira sostanzialmente in bassa definizione. Ciò è indipendente dal visore utilizzato (abbiamo provato con un Valve Index, così come con un Quest 2).
Cielo stellato, modelli poligonali, tutto appare in bassa risoluzione. Potrebbe trattarsi di una scelta per aumentare il frame rate e diminuire possibili problemi di motion sickness con la maggior parte delle configurazioni, ma l’assenza di opzioni in questo senso e l’impossibilità di sfruttare a dovere anche le GPU più moderne, ci lascia con l’amaro in bocca. EA ha ammesso di essere a lavoro sul problema, quindi ci auguriamo che in un prossimo futuro la compagnia ponga rimedio a questo problema.
Altri due difetti che abbiamo riscontrato sono il framerate piuttosto ballerino e i crash piuttosto frequenti della versione VR. Nonostante questi problemi, che in qualsiasi altro titolo ci avrebbero fatto gridare allo scandalo, il gioco in VR ha così tanti elementi positivi che è possibile lasciarsi i difetti alle spalle.
La bellezza del cockpit di un Tie Fighter
Quando nell’incipit di questa recensione vi dicevamo che Motive Studios ed EA hanno realizzato il sogno di tanti giovani adulti, lo dicevamo principalmente perché la sensazione che si prova quando per la prima volta si indossa un visore VR e si viene catapultati all’interno del cockpit di un Tie Fighter è difficilmente descrivibile a parole. In un istante si viene assorbiti da un mondo diverso, in una galassia lontana lontana.
Il merito è soprattutto del graphic design, che in questa produzione si attesta su livelli altissimi. La software house ha infatti compiuto un enorme lavoro di ricerca per ricreare con estrema precisione il cockpit di ciascuna delle navicelle presenti nel gioco. Poco è lasciato al caso e probabilmente gli sviluppatori hanno attinto a tutto il materiale, non solo cinematografico, disponibile per ricreare con fedeltà l’interno di una cabina di una nave stellare.
Display, pulsanti, visuali mozzafiato e in generale la sensazione claustrofobica di trovarsi all’interno di un velivolo spaziale, amplificato all’eccesso dalla VR, lasciano senza fiato. Considerando che passerete la gran parte delle vostre sessioni di gioco in una visuale in prima persona, questo è sicuramente uno degli aspetti più importanti dal punto di vista tecnico. Peccato solo che non sia possibile interagire con alcuno degli strumenti di bordo. Il gameplay è infatti studiato per i controller tradizionali e HOTAS e non per i controller VR, il che avrebbe aggiunto un ulteriore livello di immersività ad una esperienza già straordinaria.
Comfort di gioco in VR
Dal punto di vista del comfort di gioco, il titolo risulta abbastanza accessibile anche a chi ha poca VR nelle gambe. Ad aiutare in questo senso è il fatto che Star Wars: Squadrons è una esperienza VR da vivere seduti. Inoltre il cockpit molto stretto attorno a sé aiuta ad individuare punti di riferimento e a non perdere percezione con il mondo esterno.
Una galassia sconfinata
Una volta terminata la campagna, i giocatori avranno la possibilità di affrontarsi in modalità multiplayer online. Sono presenti due modalità piuttosto interessanti ma è probabile che nel corso del tempo ne vengano aggiunte delle altre insieme ad altri DLC (come l’ultimo dedicato a “The Mandalorian”). Prima di dirvi delle due modalità, fughiamo subito un dubbio. EA questa volta ha fatto a meno delle microtransazioni e questo, considerando i trascorsi del publisher, è già un enorme passo avanti. I giocatori possono guadagnare armi e strumenti aggiuntivi per cambiare i loro loadouts, oppure acquistare oggetti estetici con la valuta di gioco. Nulla di tutto ciò però è indispensabile o cambia in maniera significativa la vostra esperienza di gioco.
Le due modalità di gioco in multiplayer prendono il nome di Dogfight, ovvero un classico deathmatch cinque contro cinque e Fleet Battle. Il primo ha bisogno di ben poche spiegazioni. Si tratta di una classica modalità presente in quasi tutti i giochi multiplayer che richiede però di coordinarsi con il resto del team per portare a termine la battaglia senza fare la figura dei noob (non importa quanto bravi siate, i lupi solitari in questa modalità avranno vita breve). Per quanto riguarda la seconda modalità, è leggermente più complicata.
Le partite di Fleet Battle iniziano come un semplice deathmatch 5 contro 5, ma con l’aggiunta di piloti AI a rinforzarne i ranghi. Abbattendo un pilota nemico si guadagna “Morale”; se il pilota abbattuto è un pilota reale questo indicatore aumenterà maggiormente rispetto all’abbattimento di un pilota controllato dall’IA. Una volta che il contatore del morale del vostro team è salito sufficientemente, il vostro team si spingerà in avanti verso la fase successiva. Qui vi verrà richiesto di assaltare due navi capitali, di solito sotto forma di fregate o corvette.
Abbattendole si avanzerà ulteriormente verso la nave ammiraglia nemica di cui dovrete far fuori prima il sistema di puntamento, poi il powercore, e infine il generatore di scudi. I giocatori durante le partite possono tornare alla loro nave capitale per un pit stop in qualsiasi momento, cambiando i loadout e persino scambiando le navi nel tentativo di capovolgere le sorti di una battaglia. Ovviamente lo scopo dell’altra squadra è impedirvi di avanzare in quello che è a tutti gli effetti una sorta di tiro alla fune spaziale che può durare anche molto tempo.
La coordinazione dell’intero team, ancora più che nei deathmatch, è essenziale. Navi di supporto, di attacco e di difesa dovranno essere scelte con cura se si vorrà avere una formazione in grado di affrontare uno Star Destroyer armato di tutto punto, ma ancora di più lo sarà adottare strategie di attacco coordinate. Ed è in questo che sta la bellezza di questa modalità multiplayer di Star Wars Squadrons. Tutti all’interno del team sono essenziali, e se invece di essere la punta della freccia del vostro team, verrete costretti alle retrovie e al supporto di altri compagni di squadra, non disperate anche voi avrete il vostro momento di gloria.
Per consentire a queste modalità di funzionare al meglio ovviamente è necessario che i server di gioco siano abbastanza popolati da poter creare squadre ben assortite, ed in questo senso la scelta di EA di consentire il cross play tra utenti PC e Console ha sicuramente premiato, con una popolazione di gioco ancora elevata anche a distanza di qualche tempo dall’uscita del gioco.
Commento finale
Star Wars Squadrons assomiglia ad uno di quei personaggi del cinema o della narrativa che gli americani chiamano underdog, ovvero quelli su cui non scommetteresti mai e che invece si rivelano essenziali.
Star Wars Squadrons è così, inizialmente sottostimato, è diventato poi un fenomeno mediatico e ha dimostrato di essere un titolo eccezionale, con una campagna interessante e una modalità multiplayer che siamo sicuri terrà a lungo impegnati gli amanti dei simulatori di volo. Allo stesso tempo è un titolo essenziale per la VR perché ha avvicinato molti amanti dei giochi di volo e fan di Star Wars al loro primo visore VR e ha mostrato ad EA che è possibile fare affari anche in una nicchia (che più tanto nicchia non è) come la VR. Poco importa che l’esperienza sia punteggiata di quei difetti che abbiamo delineato nel corpo della review, l’esperienza complessiva è davvero da non perdere.