Recensione Assassin's Creed Rogue

Il Credo perduto.

Versione testata Xbox 360.

“Fino a che punto Ubisoft si spingerà per spremere il brand di Assassin’s Creed?” E’ questa la domanda che molti fan della serie si pongono da anni e, a maggior ragione, dopo che la casa franco-canadese ha deciso quest’anno di pubblicare ben due titoli nello stesso giorno. A memoria d’uomo (senza scomodare Helix), non ricordiamo che altri brand abbiano mai osato tanto.

E’ così che nasce Assassin’s Creed Rogue, il titolo specificamente pensato per sfruttare a pieno la old-gen, mentre Unity ha l’onore di far vibrare i cavalli della next. Ma i risultati, purtroppo per Ubisoft, non sono stati all’altezza.

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“Trattieni la lama dalla carne degli innocenti”

Come avevamo anticipato nella nostra anteprima (che potete trovare QUI), in Rogue vestiamo i panni di Shay Patrick Cormac, un assassino divenuto templare in seguito ad un evento che ha messo in dubbio la sua fede verso il Credo. Shay è allievo di Achille e serve nei Templari mentre Haytham Kenway è Gran Maestro nelle colonie. La sua storia ci viene narrata attraverso il programma Helix proprio come in Assassin’s Creed Black Flag, ma, questa volta, non impersoniamo lo stesso dipendente al lavoro sul soggetto 17 coccolato da Melanie, bensì un impiegato “zuccone” maltrattato da Violet da Costa, mercenaria per contro di Abstergo Industries.

Senza scendere in ulteriori dettagli sulla trama presente e sui ricordi genetici, la struttura narrativa si articola esattamente come in Assassin’s Creed IV: ricordi, problema informatico all’interno di Abstergo Industries, fase nel presente e “hacking” dei terminali. Il terzo capitolo della trilogia americana, quindi, pur non aggiungendo nulla di nuovo alla cornice principale (Giunone pare abbia altro da fare quest’anno), va a completare il quadro degli avvenimenti d’oltreoceano, spiegando, ad esempio, perché Achille aveva lasciato la Confraternita o che fine abbia fatto Adéwale. Il titolo pone poi anche un interessante collegamento con la vicenda di Unity, non sfruttato granché, a dire il vero, nel capitolo next-gen. Tutto qui? No, perché in Rogue impersoneremo per la prima volta, in maniera continuativa, un agente Templare.

La prospettiva dei “cattivi” è stata sempre un elemento cui Ubisoft ha fatto attenzione, ma mai come quest’anno i Templari hanno avuto modo di esprimere la propria visione del mondo. Certo, dopo 7 anni di lavaggio del cervello con il Credo è dura parteggiare per l’Ordine, eppure la figura di Shay, con i suoi dubbi, la sua sincera volontà di fare ciò che è giusto, riesce a farci biasimare le scelte della Confraternita. Alcuni personaggi, poi, come Gaultier o lo stesso Liam, amico fraterno di Shay, non fanno certo fare bella figura agli Assassini. Non che da Costa o Berg (il suo capo) riescano a farci stare troppo simpatica l’Abstergo, in ogni caso.

La caratterizzazione dei protagonisti di questa storia è dunque, come è facile intuire, il vero punto di forza di Rogue e, attraverso le individualità, riesce a farci andare oltre le classiche separazioni tra l’Ordine dei Templari e la Confraternità degli Assassini. Le due organizzazioni sembrano così, non solo nei metodi, ma anche nella difesa di scelte sbagliate, più simili di quanto non siano mai stati fino ad oggi. 

Tutto è lecito…

… anche pagare 60 euro per un “dlc” stand-alone. Perché, se la storia narrata da Richard Farrese è una delle migliori degli ultimi anni, non si può dire altrettanto delle scelte di game design degli sviluppatori. Rogue è, infatti, un Black Flag infarcito di elementi presi dai titoli della trilogia di Ezio Auditore. In una sorta di operazione nostalgia che sarebbe potuta andare bene tra qualche anno, Ubisoft Sofia ha preso di peso le ambientazioni di Assassin’s Creed III e IV, ha messo della neve qua e là, recuperato le aree sotto il dominio papale di Brotherhood e reintrodotto il sistema di ristrutturazione della città del secondo capitolo. Ha aggiunto poi un po’ di elementi del multiplayer competitivo, visto che è stato del tutto cancellato (e qui non c’è la coop), inserendo il fastidiosissimo sussurrare quando siamo vicini all’agguato di una sentinella nemica e la bussola per scovare il suddetto bandito.

Le vere “novità” le abbiamo dunque per mare, con l’introduzione di nuove armi (come l’olio al posto dei classici barili) e del rostro rompighiaccio, che offre, invero, poche nuove effettive possibilità di gameplay. L’unica vera variante da tenere in considerazione sono quindi gli iceberg del nord Atlantico, in grado di danneggiare la nostra nave o quella degli avversari. Ah, e ovviamente la possibilità di essere abbordati dai nemici: la difesa, però, funziona esattamente come l’attacco, quindi si riduce anche questa ad un’introduzione di pura facciata. Sul fronte missioni secondarie la situazione non è molto diversa: abbiamo le solite tipologie, dai forti marini agli assassinii (che stavolta vanno sventati, richiedendo così un approccio un po’ diverso), passando per i quartier generali dei banditi di Hope (identici alle fortezze Borgia) e la ristrutturazione delle città per ottenere rendite.

Non si possono spendere tante parole nemmeno per il gameplay sulla terraferma. Solito arcinoto sistema di movimento e arrampicata con la corsa acrobatica scriptata, sincronizzazione dei luoghi elevati per accedere alla mappa completa e sistema di combattimento che ormai, grazie al giusto susseguirsi di parate, schivate e uccisioni in serie, ci rende praticamente immortali. Anche qui abbiamo una nuova arma, il lancia granate e… lo abbiamo usato due volte, se si esclude la missione in cui ci viene consegnato. In pratica si tratta di uno strumento, inventato da un genio dell’epoca (non vi diciamo chi è per evitare spoiler, ma ci si arriva facilmente), con il quale lanciare granate di vario tipo. Nulla che però aumenti notevolmente la gittata rispetto al lanciarle a mano, perciò è difficile capirne l’utilità. C’è anche il fucile con il silenziatore per i dardi: evidentemente la cerbottana era troppo discreta.

Non ci aspettavamo, infine, miracoli sul fronte tecnico, ma il team bulgaro è riuscito a peggiorare quanto avevamo visto in Black Flag. Anche se, graficamente, il titolo si difende bene per essere un open world old-gen, con una maggiore pulizia rispetto al predessore, negli altri settori è buio pesto. Sono tornati così alcuni bug presenti prima che Black Flag venisse patchato (sì, se lo avete acquistato al day one avete buone possibilità di assistere dal vivo, come noi, al bellissimo bug della nave verticale, ndr), il frame rate si mostra spesso molto instabile (basti pensare che il gioco va a scatti anche nei titoli di coda!) ed il sistema di controllo in corsa non ha subito alcuna miglioria, rimanendo poco preciso come da marchio di fabbrica della serie. L’Anvil Engine è vecchio, lo si nota da un po’, ed il Next dopo il nome non poteva certo cambiare questa realtà.

Male, infine, il doppiaggio: quello inglese va di poco sopra la sufficienza. Il team di adattamento nostrano, invece, speriamo impari presto ad equalizzare il volume dei dialoghi, perché i continui sbalzi tra un personaggio e l’altro nelle cut-scene non ai
utano affatto l’immedesimazione.

ACR1

Il fucile silenziato di Shay: ora possiamo addormentare i nemici senza rischiare di ingerire i dardi!(?)

Commento finale

Assassin’s Rogue supera la sufficienza solo grazie ad una trama che, seppur breve (circa 6 ore, comprese le sezioni nel presente), riesce a gettare una nuova prospettiva sul conflitto millenario tra Assassini e Templari. Con una magistrale caratterizzazione di alcuni suoi personaggi, Farrese tiene così a galla un titolo che ripropone senza pudore tutti i pregi e, ahinoi, i difetti dei propri precessori. Insomma, un buon gioco, proprio come Black Flag… e magari chiamarlo dlc è azzardato vista la quantità di contenuti secondari presenti (anche se non proprio originali). Acquistandolo, però, non aspettatevi innovazioni.

Ormai molti sviluppatori lo hanno capito bene: riciclare… fa bene all’ambiente!(?)

Pro Contro 
– Narrazione che mette a dura prova il Credo
– Nessuna innovazione di gameplay
– Bug e rallentamenti
– Tecnicamente arretrato
– Doppiaggio da rivedere
  Voto Globale: 70  
 
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