Anteprima Hyperviolent

In occasione dell’accesso anticipato, abbiamo passato qualche ora in compagnia di Hyperviolent, uno shooter FPS sci-fi, dai tipici sprite anni ’90. Il titolo è stato sviluppato dal team di Terminist Arcade esclusivamente per PC. Sparatutto brutale e violento, al limite dello splatter, farà probabilmente breccia nel cuore dei nostalgici del genere, ma a noi onestamente ha lasciato qualche riflessione.

Scoprite insieme a noi, come è andata la nostra prova.

La storia

Siamo nello spazio, alla nostra navicella arriva un segnale di SOS proveniente dall’asteroide Commodus 27-C, una remota colonia mineraria. Una volta atterrati sul pianeta vi rimarremo bloccati senza possibilità di ripartenza. Verremo assaliti dall’inaspettata violenza da parte degli occupanti del territorio, per lo più mostruose ed aberranti creature. Dovremo così scoprire l’origine di questa anomalia, addentrarci nelle profondità delle miniere per risalire alla fonte del male e mettere fine per sempre a questa efferata follia.

Insomma l’incipit rientra nei classici canoni del genere, e costituirà nient’altro che il fischio d’inizio dell’azione. Andando avanti avremo modo di raccogliere dei file che definiranno più nel dettaglio la storia del misterioso avamposto, ma ovviamente stiamo parlando di un titolo in cui lo shooting sarà al centro della produzione.

Gameplay

Come appena accennato in Hyperviolent l’azione sarà il fulcro del gioco. Un titolo dinamico, a tratti frenetico, in cui i nemici ci attenderanno con efferata bramosia dietro ogni angolo.

In sostanza il gioco è diviso in stage chiusi, per cui una volta ottenute determinate chiavi colorate, potremo accedere oltre ed esplorare nuovi territori. Girando per le varie aree potremo raccogliere nuovi armi ed equipaggiamento, il tutto gestibile tramite un hub molto semplificato.

A tal riguardo avremmo apprezzato la possibilità di ridimensionare la grandezza dei sottotitoli, ed in generale dell hub di gioco, i quali sono piccoli alla soglia dell’illeggibilità ed alla lunga potrebbe passare la voglia di leggere le seppur poche righe di testo.

L’aspetto che più ci ha convinto dell’intera produzione, è la possibilità di utilizzare entrambi le mani del nostro alter ego in game. Durante la nostra avventura potremo raccogliere sia armi da fuoco come pistole, fucili, cannoni ad energia e via dicendo, oltre che diverse armi melee. Alcune di esse, quelle più imponenti, ci obbligheranno ad una presa a due mani e un utilizzo dell’arma esclusivo. Diversamente armi più piccole potremo equipaggiarle una per mano, dando vita ad una gran varietà di combo disponibili. Visto il moderato approvvigionamento di munizioni, nella nostra partita molto spesso abbiamo optato per una combo arma melee/arma da fuoco, così da centellinare l’uso dei proiettili, prendendo a mazzate i nemici più deboli e lasciando l’arma più potente per i nemici più ostici.

Se non si esplorano per bene tutti gli ambienti dei vari stage, Hyperviolent assume quasi i connotati di un survival, rendendo in verità l’esplorazione piuttosto tesa ed elettrizzante, in quanto di munizioni non se ne trovano molte e sono sparse lungo tutta la mappa.

Stesso discorso per gli item curativi, come lattine da bere o siringhe: andranno usate con parsimonia, cercando piuttosto di evitare il più possibile di essere feriti dai vari nemici.

Posso chiedermi, perché?

Mi spiego meglio.

Fatta premessa che Hyperviolent in definitiva sia un titolo diretto, immediato, senza inutili fronzoli. Con un gameplay tutto sommato variegato ed apprezzabile, con lore e grafica chiaramente ispirate ad iconici shooter anni ’90, antesignani del genere. Ma personalmente mi chiedo, perché?

Perché sviluppare un titolo fotocopia di altri mille, senza regalare al giocatore un elemento sorpresa, o magari un aspetto particolarmente curato ed evoluto, non disponibile all’epoca a cui il gioco si ispira. Voglio dire, io appartengo a pieno titolo alla categoria dei giocatori di quegli anni, ed un titolo del genere, di primo acchito, attira subito la mia attenzione. Tuttavia devo dire che sviluppato a queste condizioni non riesce a soddisfarmi pienamente, anzi, mi lascia piuttosto indifferente.

Faccio un esempio per spiegarmi meglio: cambiamo completamente genere, prendiamo un gioco come Dead Cells. Metroidvania roguelike in grafica pixellosa come altri mille, ma vi basterà avviare la partita e verrete completamente rapiti dall’incredibile qualità del gameplay. Destreggiarsi tra i livelli sempre più difficili sarà talmente appagante pad alla mano, che avviare una partita dopo l’altra verrà in automatico, fino a diventare una vera e propria droga. Oppure potrei citare, sempre spaziando altrove, Death’s Door, indie in cui originalità (vestiremo i pann…le piume di un corvo), atmosfera e lore, rendono questa piccola produzione, una chicca nel panorama indipendente odierno. E via discorrendo.

Cioè, quello che a mio modesto parere manca a titoli come Hyperviolent, intendo al fine di lasciare un segno indelebile nella sconfinata galassia degli indie, è quel boost qualitativo, o artistico o più in generale a di originalità, che contraddistingue senza mezzi termini le produzioni di un livello superiore. Se non sapessimo la data di uscita, potremmo benissimo prendere un abbaglio e pensare che sia effettivamente un gioco con 30 anni sulle spalle, e nemmeno particolarmente ispirato per l’epoca.

Commento finale

Questo approccio anticipato ad Hyperviolent, in attesa della release definitiva prevista per l’inizio del 2024, ci ha lasciati piuttosto perplessi. Va ovviamente sottolineata la natura provvisoria del titolo, ad esempio verranno raddoppiati i livelli disponibili da qui fino alla versione completa, verrà implementato il coop multiplayer ed altro ancora. Tuttavia al momento però, di carne al fuoco ce n’è poca, e fatta eccezione per qualche buon aspetto lato gameplay, lo shooter di Terminist Arcade non lascia il segno. Titolo immediato e diretto, contraddistinto da un comparto grafico completamente ispirato agli sparatutto anni ’90, dei quali però momentaneamente non riesce ad esserne ne buon erede, ne tanto meno innovatore. Non ci resterà che attendere la release definitiva per un giudizio maggiormente obiettivo ed accurato.

Stefano Taccari
Stefano Taccari
Gamer dal 1987, padre di due piccoli gamers, griller, Dungeon Master e batterista hardcore. "I VG sono uno strumento che ci permette di entrare in contatto con altri universi".

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