Lightyear: La vera storia di Buzz – Recensione

Toy Story è stato, come immagino molti della mia generazione classe 1992, il mio primo film visto al cinema ed è, grazie ad esso, che la mia passione per la “settima arte” è andata aumentando nel corso degli anni. Con questa introduzione immagino possiate capire quanto sia legato alla Pixar e nello specifico ai protagonisti dell’iconica pellicola del 1995. Era l’epoca in cui, nei cinema, i film di fantascienza con gli alieni venivano visti in modo estremo da entrambi i punti di vista: catastrofico con Independence Day e positivo (o volutamente comico/grottesco) con Mars Attack!. In quel periodo storico, nessuno si sarebbe mai potuto aspettare che in un futuro prossimo, nello specifico il 2022, la Disney avrebbe deciso poi di portare sullo schermo un film che vede come interprete principale proprio Buzz Lightyear, co-protagonista (ma in versione giocattolo) del film Toy Story, ma questa volta umanizzato e perno di tutta una vicenda a lui dedicata e da cui poi sarebbe nata, proprio dal 1995, una linea di giocattoli dedicata di cui Andy avrebbe ricevuto in dono.

Toy story, primo vero caposaldo della Pixar, diventato poi un film di culto grazie non solo all’animazione tridimensionale introdotta, l’innovazione e lungimeranza di Steve Jobs, ha ottenuto il successo specialmente per la storia con personaggi giocattoli in grado, per la prima volta, di vivere un’inaspettata vita sociale dimostrando che, nonostante fossero oggetti/giocattoli, essi fossero comunque legati sentimentalmente come se fossero parte di una grande comunità. Il ricordo che portiamo, e per questo che ce lo fa apprezzare, è collegato proprio al sentimento dei giocattoli e all’infanzia di cui, sicuramente, anche voi porterete ricordi indelebili. Ma torniamo a parlare di Lightyear – La vera storia di Buzz.

Scordatevi dunque, da questo film, ulteriori reference inerenti a Toy Story perchè la pellicola in questione svelerà la “vera storia” (come dice il sottotitolo italiano del poster) relegata a Buzz Lightyear, un personaggio che è decisamente molto interessante e che nel lungometraggio animato approfondirà numerosi aspetti inerenti alla sua personalità toccando più generi: dall’avventura, al comico fino ad arrivare, addirittura, al drammatico.

Siete pronti a scoprire le origini di Buzz? Leggete allora la nostra recensione!

Trama

Durante una spedizione spaziale Buzz Lightyear fallisce una missione che porta con sé delle grandi responsabilità. Nella suddetta avventura lo Space Ranger dovrà recarsi in un pianeta che sembra essere ostile per capirne se la natura e lo stesso luogo siano “ospitali” nell’accogliere una colonia umana.
Purtroppo, a causa di un errore di valutazione dalla fuga del pianeta, l’intera missione fallisce costringendo il povero Buzz ed il suo entourage a rimanere “prigionieri” del pianeta. Il motore dell’astronave ha subito ingenti danni e non potendo fare altro, l’equipaggio è costretto a sopravvivere sul pianeta.
Tuttavia, la nuova missione di Buzz, è quella di trovare un modo per ricostruire il motore che presenta un particolare nucleo di energia e di utilizzare quest’ultimo per permettere all’equipaggio di fuggire dal posto dove, attualmente, sono ospiti indesiderati. Pur trovando il materiale per creare il motore, per tentare la fuga sono indispensabili fare dei test spaziali che richiedono però alcuni sacrifici…non entrando troppo nel dettaglio, da questa fase inizierà tutto un percorso formato di tentativi e costanti fallimenti che porteranno lo Space Ranger a condividere una serie di pericoli.
In particolare le vicende di Buzz riguarderanno anche un’insidia ben più pericolosa: il comandante Zurg sembra essere anch’esso intento a volersi impadronire (con la collaborazione di alcuni pericolosi Robot) di qualcosa che Buzz custodisce gelosamente.

Verso l’infinito…e oltre.

Lightyear è un film Pixar che, se paragonato ai precedenti, si dimostra atipico: piuttosto che presentarsi come il classico film per famiglie, l’approccio dello studio americano sembra volersi modificare per abbracciare un pubblico differente e più maturo (probabilmente anche le stesse persone che, con il mito di Toy Story, sono cresciute) indicizzandosi soprattutto verso gli amanti del genere fantascientifico.
L’ambizione di creare un prodotto differente è palpabile fin dal primo atto del film (che si suddivide, come un viaggio dell’eroe, in tre fasi) e da cui, da quest’ultima, è possibile percepire tutta una serie di riferimenti che ammiccano alla cultura pop e cinematografica del genere sci-fi. Da notare che, senza fare troppi spoiler, proprio in questa prima parte avviene un episodio che reputiamo giusto e decisamente coraggioso voluto (dopo un’iniziale fase di sussulto della Disney) proprio dai membri del cast che hanno lavorato al film Pixar: nella pellicola, infatti, è presente un personaggio palesemente omosessuale e che, per un bacio dalla durata di pochissimi secondi, sta suscitando delle polemiche dai soliti imbecilli non favorevoli al progressismo sparsi, purtroppo, in giro per il mondo.
La scena in questione era stata inizialmente rimossa dalla Disney spaventata di possibili ritorsioni dal pubblico mondiale. Tuttavia, dopo le prime polemiche interne, la suddetta scena (che, come il buon senso suggerisce, non ha assolutamente messaggi negativi ma casomai di inclusione e normalità) è stata ripristinata e grazie al cielo non ha subito (almeno in Italia) la censura. A quanto pare, però, per questa scelta il film è stato bandito in 14 paesi del mondo. Una decisione discutibile (da parte di quei 14 paesi) che evidentemente non riescono a capire che la Pixar non aveva alcuna intenzione di mettere messaggi subliminali e non c’era nessuna malizia dato che, il suddetto film, ha ben altri messaggi da mandare, ma ci arriveremo in seguito.
Lightyear non si sofferma dunque solo alla sceneggiatura fantascientifica, ma affronta anche altre tematiche. Su tutte il fallimento e il come, grazie ad una serie di eventi, è possibile superare le avversità se si ha un supporto adeguato. Tutte tematiche che, sulla carta, sono ottime ma che nella realizzazione, purtroppo, peccano. La seconda parte, quella centrale, infatti, è proprio quella che riguarda questa tematica ma ha alcuni problemi di realizzazione che sembrano cozzare con lo stile (più serio) preimpostato della prima parte. Se nella fase iniziale si poteva intuire un atto dalle connotazioni adulte ed emozionanti, la seconda invece introduce una serie di personaggi che serviranno alla pellicola ad aiutare il pubblico ad empatizzare con il protagonista. Tuttavia molti di essi appariranno coprotagonisti d’accompagnamento ma che viste le (ripetute) gag (di cui alcune abbastanza fuori luogo) tenderanno parzialmente a “rovinare” l’atmosfera seria connotando al film quindi uno stile più leggero, a tratti infantile, per venire incontro alle esigenze delle famiglie con rispettivi pargoli in sala.
Una scelta, dal nostro punto di vista, discutibile che snatura, con l’avanzare della storia, un po’, la messinscena. Sicuramente sono importanti dei momenti di leggerezza, ma quando vengono eccessivamente portati in scena, specialmente in fasi concitanti, il risultato finale potrebbe lasciare insoddisfatto chi, fino a quel momento, era convinto di vedere una produzione dai toni leggermente più maturi.

Parliamo ora del doppiaggio: per l’Italia, a quanto pare, questa è una questione che quando viene affrontata porta con sé, da sempre, polemiche. Giustificate o meno, che siano, la Disney ha scelto che ad interpretare il (giovane) Buzz Lightyear sia l’attore Alberto Boubakar Malanchino che, fin dai primissimi trailer, non aveva ottenuto (almeno stando a quanto letto dai commenti social) successo. Malanchino, effettivamente, se vorrà intraprendere questa strada dovrà sicuramente fare un percorso duraturo perchè la sua interpretazione non ci è parsa convincente. Tuttavia, fortunatamente, a dirigere la sala di doppiaggio (come poi confermato da quest’ultimo tramite anche il collega Tersigni nel corso della conferenza stampa italiana) erano presenti degli esperti del settore e per quanto riguarda i dialoghi del film è stato effettuato perlomeno un buon lavoro di adattamento. Un altro aneddoto svelato da Malanchino è che lui sia stato assistito anche da colui che viene riconosciuto come il “vero” Buzz italiano, ovvero Massimo Dapporto. Il suo contributo, sicuramente, ha aiutato l’attore a immergersi meglio nella parte, con risultati però discreti.

Tuttavia, non tutto il doppiaggio è stato gestito malamente: anche le nuove leve risulteranno, tutto sommato, buone come quella di Ludovico Tersigni (che interpreta il tenero gatto meccanico “Sox”) o di Esther Elisha. Nel complesso sono interessanti, ma trattandosi di “nuove” leve del doppiaggio, per farlo (come confermato da Tersigni in conferenza), probabilmente il buon lavoro da attribuire non è tanto da concepire verso gli stessi attori ma casomai al miracolo compiuto dai direttori della sala di doppiaggio.

Questi ultimi, per quanto riguarda l’Italia e le recenti produzioni del cinema d’animazione, hanno davvero un compito difficile: puntualmente devono vedersela con il talent in questione che, con molta pazienza, non saprà nulla in merito al doppiaggio e quindi il suo compito sarà quello di indirizzare (ed educare) l’ennesimo personaggio noto, pescato probabilmente da qualche remoto luogo del web, per insegnargli nell’arco di pochissimo tempo come fare un altro mestiere di cui, evidentemente, non ne erano a conoscenza: ovvero il doppiatore. Ma non ne facciamo una colpa riconosciamo infondo che, il doppiaggio, è un altro lavoro e che l’importanza dei Follower, spesso, ha più rilevanza della competenza. Riuscire comunque a sfornare un’interpretazione discreta (con tanto di alcune piccole aggiunte rispetto alla pellicola originale, stando sempre ai commenti degli interpreti italiani in sala) da questi personaggi è sicuramente un ottimo risultato, nella speranza che però, magari in futuro, le prossime pellicole verranno interpretate da chi, invece, per fare il doppiatore, ha investito tempo e fatica. O che comunque, in alternativa, possano eventualmente essere selezionate persone che in passato hanno già lavorato per fare questo mestiere.

Lightyear la vera storia di Buzz” è un buon spin-off dedicato, nello specifico, a chi con il mito di Buzz è cresciuto e che, come produzione standalone si conferma essere un prodotto dal potenziale interessante. Tuttavia non riesce a raggiungere l’eccellenza dei precedenti film probabilmente perchè “vittima” proprio dell’alone e della lore incentrata sul protagonista, Buzz. Rimane comunque un tentativo coraggioso, da parte della Pixar, di sperimentare un prodotto che non è sicuramente canonico con lo stile di cui di soliti ci si è abituati.

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Andrea D’amely
Andrea D’amely
Il giovane Andrea scopre la sua grande passione per i videogiochi alla tenera età di 4 anni grazie ad un meraviglioso Game Boy ricevuto in dono. Con il passare degli anni ho vissuto gran parte delle varie generazioni videoludiche ad osservare (e giocare) numerosi titoli per svariati dispositivi: rimanendo, però, sempre affascinato dal magico alone proveniente dalla Grande N essendo cresciuto principalmente a giochi pane e Nintendo. Grande appassionato di Cinema e sport, talvolta mi diletto ad osservare anche l'universo WWE e simili.

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