Due rette parallele che non vogliono incontrarsi… almeno in Italia
Da anni siamo abituati a vedere scontrarsi la passione che ci accomuna alle critiche di stampa e politica, generalmente accompagnate da una sottile, ma evidente, ignoranza di fondo.
Purtroppo abbiamo riscontrato che la cronaca (specialmente quella nostrana) tende a demonizzare il mondo dei videogiochi, relegandoli in alcuni casi a mero passatempo per giovani disadattati oppure a mezzo di addestramento per potenziali terroristi.
La dura critica che mi accingo a fare, parte proprio dagli organi di stampa, cartacea e non, i quali sembrano vivere in un mondo parallelo e parlano di tecnologia solo quando c’è da parlare di social, gossip e influencer (categoria a cui dedicherò un pezzo simile, tempo permettendo).
Se quindi l’informazione smette di fare il proprio lavoro e comincia ad indicare nemici senza sapere nulla in merito, è normale che anche una buona parte della popolazione guardi al videogiocatore come un soggetto estremamente depravato e privo di qualsivoglia sorta di pensiero critico.
Visto che da giocatore sono estremamente depravato, violento e masochista, andiamo ad evidenziare le citazioni più eccellenti di questi maître à penser che dovrebbero concentrare la loro attenzione proprio ai giovani e non accusarli giusto per finire nei giornali.
Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista alle prossime generazioni
Alcide De Gasperi
Questa bellissima frase di Alcide De Gasperi, nonostante sia stata utilizzata in ben altri momenti, fotografa in maniera abbastanza precisa la classe politica che negli ultimi anni ha gestito (con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti) il nostro Paese.
L’affaire Carmageddon/Resident Evil
Il rapporto tra politica e videogiochi ha lanciato presso le nostre coste anche il mostro della censura. È il caso di Carmageddon, un titolo particolarmente violento che ci obbligava ad investire tutti i pedoni presenti nel mondo di gioco, distruggere i mezzi degli avversari, ecc.
L’eccessiva mole di sangue scandalizzò i politici dell’epoca, tanto da far approdare il titolo direttamente in Parlamento e far scattare il ritiro dello stesso in tutti i negozi, per poi farlo rilasciare sostituendo i pedoni con gli zombie e colorando di verde il sangue.
Destino non dissimile toccò a Resident Evil, primo e secondo episodio, quando arrivarono su PS1; qui l’intervento politico assunse un carattere pseudo-pedagogico e fu collegato ad un possibile turbamento dello sviluppo psichico e della personalità dei più giovani.
Questa dura reprimenda, portò le Fiamme Gialle a svuotare gli scaffali dei negozi di tutta Italia, mettendo i sigilli su oltre 5mila confezioni di gioco. Resident Evil 2 fu più fortunato: la politica decise di censurare anche lo spot pubblicitario.
Clemente Mastella e l’autorità contro i videogiochi violenti…
Il filosofo-giornalista-politico di Ceppaloni (come sputtanare in fretta tre categorie) propose nel lontano 2006 di creare un’authority contro i videogiochi violenti, dichiarando “Sono indignato per il livello di efferatezza e abiezione a cui possono giungere i videogiochi che finiscono nelle mani di bambini e ragazzi“.
D’altronde, si dirà, di gente che non fa nulla ne abbiamo poca. Peccato che il “buon” Clemente si sia dimenticato di AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani), ora IIDEA (Italian Interactive Digital Entertainment Association).
Infatti, l’allora Presidente Andrea Persegati rispose in una lettera interessante e corposa sostenendo che “Non mi risulta, infatti, di avere mai letto articoli criminalizzanti dell’industria cinematografica o letteraria basati sulla critica, anche feroce, di un singolo film o libro. Il desiderio che intendo esprimere è che l’industria che rappresento possa essere giudicata con lo stesso livello di approfondimento e obiettività dei settori sopra citati“.
Lo stesso Marco Accordi Rickards, una firma di evidente spessore all’interno del nostro settore, decise di dire la sua rispondendo ironicamente ad una dichiarazione simile a quella del Ministro da parte della Sig.ra Anna Serafini, Presidente della Bicamerale per l’Infanzia dell’epoca, parlava di videogiochi dopo aver dichiarato apertamente di non saper accendere una PlayStation.
Fioroni ed i Superbulli
Rockstar Games è nota per la trasgressività e la crudezza di alcuni suoi titoli, basti pensare a Grand Theft Auto; il caso che citerò però riguarda un altro titolo controverso di Rockstar, “Bully”, noto anche come Canis Canem Edit.
Ovviamente, come forse avrete inteso, ad ogni videogioco violento corrisponde il pensiero illuminato, puntuale e informato di un qualche politico nostrano. Su Bully ebbe a pronunciarsi Giuseppe Fioroni, Partito Democratico, all’epoca Ministro della Pubblica Istruzione. Il politico asserì fieramente che il gioco realizzato dal team di sviluppo statunitense “insegna a diventare dei superbulli.”
Il titolo aveva sicuramente a che fare con il bullismo, ma non avendolo provato, l’ex Ministro non era al corrente che in Bully si picchiano proprio i bulli.
L’Italia contro GTA V
È inutile dire che i titoli Rockstar sono sempre causa di scontro tra politica, videogiochi e (dis)informazione, e GTA V, come prevedibile, entrò nell’occhio del ciclone in pochissimo tempo.
Era il 2014 quando una serie di attacchi al mondo dei videogiochi cominciò ad invadere testate giornalistiche, programmi tv e persino le aule di Montecitorio.
La miccia fu accesa dalla pediatra Sabrina Salvadori con un pezzo dedicato ai videogiochi violenti pubblicato su “La Ventisettesima Ora”, blog collegato al portale web Corriere della Sera. Quest’ultima, madre di un ragazzo intenzionato ad acquistare il titolo in questione, scopre da un convegno l’esistenza del gioco e viste le tematiche cade in preda dell’indignazione più totale.
L’articolo anzichè costituire argomento di una pacifica e costruttiva discussione su un tema così spinoso come la violenza nei videogame, il fenomeno emulativo ecc. (sull’argomento vedasi anche l’editoriale del nostro direttore “GTA, PEGI e Violenza: quando il buon senso non basta” ) rappresenta invece un irresistibile richiamo per quei parassiti che, per godere di una notorietà immeritata quanto effimera, si lanciano sulla notizia come le mosche sul letame. Partiamo da Striscia la Notizia che, ormai in declino evidente, cerca di recuperare credibilità con argomenti populisti, con evidente scarso successo.
Il servizio in questione, vede il “buon” Max Laudadio parlare del titolo Rockstar con lo stesso stile che Striscia porta avanti dal 1988, quindi tra risatine registrate e non-sense. Va ammesso che durante il servizio si parla per la prima volta del PEGI, l’Ente che indica il tipo di dinamiche trattate all’interno dei titoli, consigliando l’età adatta per provare tali giochi, ma senza la seppur minima conoscenza dell’argomento.
Tale caduta di stile continua imperterrita fino al punto di mostrare il “pericoloso” acquisto da parte di un videogiocatore anonimo di GTA V e Assassin’s Creed Black Flag. A questo punto mi sarei aspettato un’intervista ad un responsabile di Gamestop Italia oppure qualche domanda ad un redattore di grandi testate videoludiche, ma nulla, viene piuttosto interpellata Franca Biondelli, sottosegretario del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Quest’ultima ai microfoni di Striscia dichiara “Lei pone un problema molto sentito dalle istituzioni e dalle famiglie, da medici e da psicologi, da tutti“; sentito sì ma evidentemente non compreso fino a fondo; inoltre, quanto fervore nelle parole di un politico! magari parlassero così di disoccupazione giovanile ad esempio.
L’unica cosa che condivido dell’intero servizio riguarda l’invito di Laudadio ai genitori, chiedendo di controllare i loro figli.
Le aspre critiche a GTA V si spostarono anche in parlamento, difatti, la pediatra illuminata, non paga delle minchiate scritte, interpella la deputata Ilaria Capua virologa onnipresente in tutte le tv durante questi mesi di pandemia, la quale dopo aver definito i videogames “un melanoma da cui si può e ci si deve curare” chiede a Matteo Renzi di operare in merito: fortunatamente è una delle cose in cui l’enfant prodige della Politica Italiana non ha messo mano.
La Capua però, dopo le richieste a Renzi, interviene addirittura presso l’AgCom per chiedere la censura del videogame con una serie di motivazioni a dir poco comiche, prima che la penna del sottoscritto esageri, lascio a questo video il compito di certificare l’evidente ignoranza della ex politica italiana.
A tutto questo si aggiunge l’intervento da “genio del web” di Favij, che nonostante sia in grado di intrattenere milioni di persone, non è stato capace di rispondere adeguatamente al servizio di parte orchestrato da Uno Mattina.
Calenda e l’educazione siberiana
Recentemente anche l’ex Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha criticato i “giochi elettronici” in un paio di occasioni.
Il politico, nel weekend tra il 3 ed il 4 novembre del 2018, ha scritto una serie di cinguettii dedicati al mondo videoludico, sostenendo che “i giochi elettronici sono una delle cause dell’incapacità di leggere, giocare e sviluppare il ragionamento“.
Incapace di ammettere che tali dichiarazioni sono prive di fondamento e che un Ministro dello Sviluppo Economico dovrebbe riconoscere l’importanza di questo medium nell’economia nazionale, Calenda ha continuato ad attaccare i giocatori, tanto da sostenere che le reazioni furenti degli stessi e dei giornalisti del settore, dimostrano la presenza di un, non meglio specificato, problema.
D’altro canto va riconosciuto all’esponente politico che ha parlato da genitore, riferendosi alla educazione che egli intende dare ai suoi figli, ed in questo caso non è nostro compito interferire.
Il Partito Democratico e il caso Mafia City
Proprio ieri politica e videogiochi sono nuovamente venuti alle armi. Questa volta il responsabile dell’intervento da parte dei deputati dem, nello specifico l’On. Carmelo Miceli, è Mafia City, un mobile game per iOS e Android che, se non fosse per l’intervento del deputato collegato partito attualmente di maggioranza, avremmo dimenticato in poco tempo.
Il videogioco sviluppato dai ragazzi di Yotta Games viene definito dal parlamentare “Un subdolo strumento di propaganda mafiosa“, tanto da far depositare un’interrogazione parlamentare in merito. Qui di seguito il tweet indignato del Profilo collegato ai Deputati PD.
Oltre ad aver dato un clamoroso esempio di ignoranza, il parlamentare dovrebbe pensare alle vere cause dell’arruolamento di giovani disperati nelle schiere della Mafia. Parliamo del fatto che il nostro paese ha bellamente abbandonato a loro stessi moltissimi giovani, specialmente nel meridione, lasciandoli preda di ignoranza, povertà e disoccupazione. Non è un videogioco ad istigare i giovani a diventare malavitosi, è la mancanza dello Stato che ce li accompagna.
Questi sono alcuni esempi di quando la politica e i videogiochi si incontrano. Altri illustri pensatori hanno detto la loro parlando spesso a sproposito, ma smetto di curarmi di loro e vado avanti nella mia analisi.
Politica e videogiochi, l’esempio tedesco
La politica tedesca ha capito in poco tempo che il mondo dei videogiochi è una grandiosa opportunità di business, e come dargli torto. Ogni anno centinaia di migliaia, tra videogiocatori e giornalisti, atterrano a Colonia per assistere alla Gamescom, la più grande fiera consumer dedicata al nostro mondo.
Le opportunità di un evento come questo sono molteplici: da un lato, consente agli sviluppatori teutonici, e non solo, di mostrarci di cosa sono capaci, e dall’altra portano una gran quantità di denaro nelle casse dello stato grazie ai turisti provenienti da ogni parte d’Europa, curiosi di scoprire quali titoli potranno giocare prossimamente. Con questa scusa, inoltre si promuove il turismo e le attività locali (nel mio viaggio dello scorso anno ho speso circa 1500€ tra biglietti aerei, alloggio, taxi, regali e spedizioni assicurate).
L’evento quindi riesce a creare una serie di benefici per l’intero sistema paese collegando con successo politica e videogiochi.
Nel caso non l’aveste letta, in questo articolo racconto la mia esperienza in terra teutonica.
First Playable Fund, uno spiraglio di luce in fondo al tunnel (sperando che non siano i fari del treno)
L’attuale Governo, nonostante le critiche di tipo politico, nelle quali non entro nel merito, ha introdotto il First Playable Fund, un piccolo finanziamento a fondo perduto per tutti quegli sviluppatori italiani che stanno cercando di mettere insieme una demo tecnica da proporre poi ad un publisher/finanziatore
Infatti, il confronto serrato tra politica e videogiochi degli ultimi anni, ha portato non pochi giovani talenti dello sviluppo – alcuni di questi conosciuti personalmente dal sottoscritto alla Gamescom – a lasciare il nostro Paese per tentare la sorte in nazioni dove i videogiocatori non sono visti come dei soggetti da evitare.
Nonostante ciò, anche in questo caso alcuni pezzi della nostra politica hanno dimostrato un’ignoranza sesquipedale, come l’ex Ministra Madia, che voleva tagliare a tutti i costi questi fondi.
Eppure parliamo solamente di 4 milioni di euro, ma questa piccola cifra è un flebile segnale di speranza che anche agli sviluppatori di videogiochi nostrani venga riconosciuto il giusto merito nella crescita del Paese.
Conclusioni
La politica italiana, non si sa con quale merito, ha effettuato diverse invasioni in campo videoludico, spesso facendo miserabili figure da cioccolatai. Difatti, a nessun altro media vengono poste le medesime accuse e perpetrata una sorta di ghettizzazione da parte di alcuni afecionados.
Sostenere però che i videogiocatori diventino violenti a causa dei videogiochi mi fa incazzare particolarmente, in quanto offende l’intelligenza delle persone che vogliono passare un po’ di tempo in compagnia del loro titolo preferito, che sia GTA, Assassin’s Creed o Call of Duty.
Difatti, quanti soggetti tra coloro che ogni giorno, ogni ora commettono delitti o danni a persone, possono dirsi videogiocatori? Una infinitesima e trascurabile parte. L’assunto alcuni giocatori hanno commesso delitti, non può trasformarsi automaticamente in tutti i giocatori sono delinquenti. Eppure la nostra bella politica è arrivata a sostenere la teoria per cui se un qualche squilibrato, per pura coincidenza anche giocatore, ha compiuto un reato, lo ha fatto perché vittima dei videogames. Una teoria che ricorda tanto quella secondo cui Socrate corrompesse, con la scandalosa filosofia maieutica i giovani ateniesi e per questo, meritasse la morte.
Tutto questo appare francamente scandaloso, specialmente se perpetrato da soggetti i quali dovrebbero comprendere che anche i videogiochi, come cinema e arte, sono utili alla crescita economica degli Stati stessi. Spero solamente che la nuova guardia della classe dirigente possa capire tale potenziale e sfruttarlo pienamente, nell’interesse dell’Italia e dei suoi cittadini.