Il mondo dei videogames è da sempre stato attraversato da scismi epocali e categorizzazioni manichee. Consolari e PCisti, Sonari e Boxari, amanti di Pes e sostenitori di Fifa, adoratori del dio COD o adepti della setta di Battlefield. Ma tra queste grandi suddivisioni ce n’è una molto particolare che riguarda proprio Call of Duty. Lo scisma all’interno della community di COD va avanti da quando Activision, nel 2006, dopo il successo planetario di Call of Duty 2 di Infinity Ward, decide di affidare il nuovo capitolo del franchise non più al team di Vince Zampella (founder della compagnia e poi dopo il licenziamento “per insubordinazione” padre della software house Respawn Entertainment) ma ai ragazzi di Treyarch.
Da allora i giocatori di Call of Duty si sono divisi tra sostenitori dei capitoli sviluppati dall’uno o dall’altro team anche se, per almeno un lustro, gli accoliti della setta Treyarch erano stati davvero pochissimi.
Il punto di svolta si è avuto con Call of Duty: Black Ops, che ha segnato davvero il giro di boa per Treyarch.
Black Ops ottenne infatti così tanto successo di critica e pubblico (19 milioni di copie vendute e oltre 650 milioni di dollari di fatturato nei primi cinque giorni di commercializzazione) da convincere Activision a creare un vera propria serie nella serie interamente affidata ai ragazzi di Treyarch, che con la saga di Black Ops diventarono così i principali concorrenti di Infinity Ward.
Nonostante la spregiudicatezza, la scelta di Activision di mettere in competizione i due team interni ha funzionato così bene che di anno in anno la serie dell’uno o dell’altro team sembra fare un passo in più rispetto all’avversario, regalandoci alcuni degli FPS più spettacolari che si ricordino.
Quest’anno, dopo il meraviglioso Modern Warfare, è il turno di Call of Duty: Black Ops Cold War che, dopo un quarto capitolo stranamente privo della modalità campagna, oggi si ripresenta facendo proprio della modalità single player il suo fiore all’occhiello.
Campagna
Ok so che stavate già pensando di buttarvi nella mischia del multiplayer, ma almeno per una volta prendetevi sei o sette ore di pausa dalla frenesia compulsiva dell’online – tanto ci vorrà per veder scorrere i titoli di coda – ed immergetevi nella campagna di Call Of Duty: Black Ops Cold War perché siamo sicuri che queste poche ore sapranno stupirvi forse come mai prima d’ora.
La narrazione inizia nel 1981, cinque anni prima degli eventi di Black Ops II, durante la crisi degli ostaggi in Iran e, tra flashback e salti temporali, avanza tra presente e passato senza soluzione di continuità, offrendoci una trama estremamente interessante e ricca di colpi di scena.
I protagonisti sono volti già noti ai fan di vecchia data, come Alex Mason, Frank Woods e Jason Hudson ma anche nuove leve, specialisti scelti dall’agente speciale Russel Adler.
Durante la campagna, fasi più frenetiche si combinano perfettamente con le poche ma soddisfacenti fasi stealth e i momenti di pausa all’interno del nostro piccolo quartier generale danno vita a dialoghi aggiuntivi con i nostri compagni di squadra al quale sarà impossibile non affezionarsi.
Una novità tra le più interessanti, riguarda la possibilità di realizzare da zero il personaggio che controlleremo, Bell, al quale potremo assegnare dei tratti caratteriali che risulteranno dei veri e propri perk utili in battaglia.
La costruzione del personaggio non è infatti l’unica personalizzazione possibile. La campagna infatti è piena di scelte multiple che influiranno sullo sblocco di alcune linee di dialogo, sulla possibilità di avere dei compiti aggiuntivi durante le missioni fino a trasformare totalmente il finale della storia.
Questo particolare rende la campagna rigiocabile almeno per una seconda volta per la semplice curiosità di capire cosa accade facendo scelte diverse. Il fattore rigiocabilità inoltre è amplificato dalla particolare morfologia delle mappe che rende possibile la risoluzione delle varie missioni con approcci totalmente differenti.
Come detto in precedenza, il finale arriva dopo 6 o 7 ore di gameplay anche se è possibile perdere qualche ora in più per la caccia ai collezionabili resi più interessanti da ricercare in quanto non semplici elementi di contorno ma veri e propri pezzi del puzzle utili alla risoluzione della trama principale. Questi infatti sono stati introdotti come delle prove sul caso al quale stiamo lavorando e diventano utili per la risoluzione di attività investigative secondarie all’interno della campagna come Operazione Chaos e Red Circles. Queste attività secondarie offrono una buona scusa per spronare il giocatore a scovare tutti gli indizi per non fallire gli obbiettivi.
Multiplayer
Se la modalità per giocatore singolo brilla, altrettanto possiamo dire per quella multiplayer. Il gameplay qui rimane fedele alla qualità offerta da Call Of Duty negli ultimi anni.
Le grandi novità risiedono principalmente nel ”Time-to-kill” leggermente più lungo rispetto ai precedenti capitoli e che, pur non alterando i ritmi sostenuti della serie, dà vita a battaglie adrenaliniche all’ultimo proiettile. Ritorna anche la barra della vita sui nemici che rende più immediata la percezione dell’esito dello scontro.
Il team di Treyarch ha deciso, inoltre, di rimuovere l’opportunità di sfruttare le superfici come punto d’appoggio delle armi con cavalletto, per spingere i giocatori a muoversi costantemente e sfruttare al meglio le diverse opportunità tattiche offerte dalle varie mappe, ancora ancorate ad un modello standard a tre corsie sviluppate su più livelli verticali sebbene con qualche spazio più aperto e libero.
Oltre le ormai solide ed ampiamente collaudate modalità tipiche di Call Of Duty, in questo capitolo spuntano novità come Operazione Bomba sporca e Scorta VIP, scontri tattici sei contro in cui verrà richiesto ad una squadra di portare una risorsa in punto prestabilito e agli avversari di impedire il raggiungimento dell’obbiettivo a tutti i costi.
Queste modalità non sembrano consoni al ritmo frenetico di Black Ops in quanto saranno strutturate su mappe davvero grandi e dispersive, nelle quali avremo a disposizione anche diversi veicoli per poterci spostare da un punto all’altro. La possibilità di sfruttare i mezzi, nonostante sia apprezzabile, rende gli scontri molto più lenti e lontani dai ritmi caratteristici di COD e Warzone.
Altro grande cambiamento è il ritorno allo ScoreStreak che a differenza del Killstreak si basa appunto sui punti totali accumulati durante la partita e non solo all’uccisione consecutiva dei nemici. ScoreStreak si è rivelata una meccanica più aperta a tutti i giocatori, che saranno invogliati a collaborare con il gruppo perchè ricompensati con alcuni punti dopo ogni azione di supporto. E’ risultata inoltre ben bilanciata dall’aumento generale dei punti necessari per usufruire delle ricompense e non permette l’utilizzo eccessivo di armamenti speciali da metà partita in poi.
La creazione delle classi rimane quasi invariata: possiamo scegliere due armi per ogni classe con vari accessori, un equipaggiamento letale ed uno tattico, un potenziamento da campo, tre perk ed una wildcard utile per aggirare alcune delle regole base della creazione della classe. Questa ci permette ad esempio di equipaggiare due armi principali oppure aumentare il numero di accessori su un’unica arma.
Modalità Zombi
Anche la cara vecchia modalità zombi è un gradito ritorno, soprattutto perché questa si apre anche a nuovi giocatori. Questo non significa che diventa più semplice resistere alle orde di zombi che spunteranno letteralmente ovunque, ma la storia principale con le varie quest sono un minimo più guidate rispetto ai capitoli precedenti tramite i cosiddetti waypoint in mappa che non vi lasceranno in balia degli eventi.
Dieci fasi sono necessarie per riuscire a completare l’easter egg della mappa Die Maschine e scoprire cos’è successo in quel maledetto bunker, più quattro step sono necessari per potenziare al massimo la Wonder Weapon, essenziale per il completamento della main quest.
Per rendere le cose ancora più difficili la maggior parte delle missioni andranno svolte attraversando le anomalie che ci teletrasporteranno nell’etere oscuro, ovvero un luogo con la stessa morfologia della normale mappa ma con una veste sovrannaturale dove la nostra permanenza avrà tempo limitato. Questo vuol dire che le varie azioni richieste per completare l’easter egg dovranno essere fatte più in fretta generando una certa urgenza che abbiamo decisamente apprezzato.
Abbiamo molto apprezzato in questa modalità la morfologia della mappa che presenta quattro aree principali: il cortile iniziale, la penthouse molto pericolosa per gli spazi stretti e pieni di tunnel divisa su tre piani, il luogo dello schianto dove ci troveremo a fare slalom in un’ampio spazio tra i pezzi dell’aereo ormai distrutto, ed il bunker.
I vari round sono più veloci rispetto agli ultimi COD e questo vuol dire che la difficoltà sale abbastanza in fretta e saremo costretti a correre dietro ai vari potenziamenti e perk se vogliamo sopravvivere.
Le novità introdotte in questa nuova modalità zombi sono il poter scegliere l’equipaggiamento iniziale invece della solita pistola, la possibilità di richiedere un’estrazione dopo il decimo round e successivamente ogni cinque round per ricevere dei bonus aggiuntivi e la mini mappa nella quale verrà visualizzata la posizione degli zombi, molto utile per cercare soluzioni alternative per aggirare l’orda.
La storica icona dei cani nelle mappe zombi (molto più veloci dei normali zombie e quindi molto più temibili) viene resa ancor più fastidiosa dal fatto che, una volta uccisi, rilasceranno del gas che provocherà danno al giocatore e ostruirà la visuale.
Oltre alla mappa zombie principale Die Maschine abbiamo a disposizione anche Dead Ops Arcade 3, divertente mappa stile appunto arcade con visuale dall’alto. La modalità è abbastanza ripetitiva ma occasionalmente può essere una valida alternativa più ”rilassante”.
Commento finale
Cod Black Ops: Cold War è un degno erede dei precedenti capitoli e la campagna è la vera ciliegina sulla torta di questo titolo, forse solo troppo breve. Rivoluzionaria nella narrazione, con buoni espedienti narrativi e ludici (come quello della caccia ai collezionabili ora finalmente non fini a se stessi), probabilmente rappresenta l’apice del franchise sotto questo aspetto.
L’esperienza del multiplayer è varia e frenetica come sempre e la nuova modalità zombi, molto più accessibile al pubblico meno esperto, fa sicuramente piacere in quanto capace di far appassionare alla modalità sempre più utenti.
Nel menu principale è presente anche Warzone a riprova che il battle royale continua a funzionare, portando nuovi giocatori ad avvicinarsi al brand anche con la promessa di continui contenuti aggiuntivi gratuiti. Inoltre, la scelta di unificare la progressione del livello account tra le varie modalità di gioco fa sì che sia più semplice sbloccare armi ed accessori rendendo il titolo molto più immediato ed accessibile anche ai giocatori più casual che nei precedenti capitoli non sarebbero mai riusciti a godere appieno della personalizzazione delle classi e delle armi, bloccati dall’enorme muro dell’exp.
Insomma Call of Duty Black Ops Cold War è probabilmente uno dei migliori capitoli del franchise e un titolo che non dovreste assolutamente perdere se siete fan della serie.
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