Recensione I Am Bread

La colazione è pronta!

Versione testata PlayStation 4.

Credevate di aver visto tutto con Goat Simulator, non è vero? Invece non c’è mai fine al disagio esistenziale degli sviluppatori: questa volta ad essere presi di mira sono nientepopodimeno che le fette di pane, con un rapido scorcio verso gli altri farinacei. Viene da ridere di fronte alla nuova produzione Bossa Studios (i creatori di Surgeon Simulator): un toast? Ma sul serio? Diverse persone invece resteranno infastidite, come i vecchi davanti ai cantieri: “dove andremo mai a finire? Ah, i videogiochi di oggi!” Bisogna però focalizzarsi sul titolo senza pregiudizi di sorta per riuscire ad apprezzarlo pienamente, almeno in quello che cerca di proporci. Del resto nella vita con i pregiudizi non si va intellettualmente molto avanti. Sì, I Am Bread è un videogioco. Sì, il protagonista è una fetta di pane. E allora? In Tetris si ruotano uno dopo l’altro dei blocchi colorati cercando di formare delle file, ma nessuno si è mai lamentato. Va bene, Tetris ha scritto la storia dei videogiochi, I Am Bread forse no, ma ciò non toglie che vedere quanto ha da offrire è gratis.

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Non sono pazzo, lo giuro

I Am Bread ha una trama, quanti di voi ci avrebbero scommesso? Siate onesti con voi stessi. Prima di ogni livello avremo la possibilità di leggere i referti psichiatrici del proprietario della casa all’interno della quale si svolge l’intero gioco. Al poveretto sembra che il pane di casa sia dotato di vita propria e che continui a mettergli tutto sottosopra al pari di un poltergeist. Credendo giustamente di essere pazzo (la pazzia è qui un nodo centrale: sono pazzi gli sviluppatori, è pazzo il gioco, è pazzo il proprietario, siamo pazzi a giocarlo), il poveretto ne parla col suo psichiatra che inizia a prescrivergli una serie di consulti con specialisti, sedute e rimedi vari. Proseguendo lungo i sette livelli di cui si compone l’avventura principale verremo anche a sapere com’è andata poi a finire con gli strizzacervelli, sperando che dell’uomo non restino solo le briciole (ah ah). Intanto, in casa il pane se la spassa, guidato dai nostri controller. Noi a controllarlo ce la spassiamo invece un po’ meno.

Un gioco veramente toast

Non crediate che I Am Bread sia un gioco semplice, perchè vi sbagliereste. Guidare una fetta di pane in giro per casa non è la cosa più semplice al mondo. Diciamola tutta: il gioco è davvero difficile. Non tanto nel capire quello che bisogna fare, ovvero partire dall’inizio del livello e portare il pane fino a qualsiasi cosa che riesca a tostarlo decentemente, quanto nel realizzare il proposito. Noi controlleremo infatti i quattro spigoli della fettina, ognuno assegnato a un determinato tasto dorsale (preparatevi a fare a cazzotti con i signori L2, L1, R2, R1) per farlo procedere all’indietro o in avanti, o lungo i lati se sarete abbastanza bravi da farlo ondeggiare e slanciare in punta di spigolo. Senza seguire il tutorial dopo i primi due minuti di gioco vi metterete a piangere e lo disinstallerete dalla console, ma non fatelo, perchè il meglio deve ancora venire e fortunatamente non coincide con i controlli.

Quale è lo scopo nella vita di una fetta di pane? Essere tostata, almeno secondo la logica della produzione Bossa Studios. Dunque dovrete portarla verso il fornello più vicino e accenderlo. Oppure nel microonde. Oppure ancora nel forno. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo la stanza: la cucina è disseminata di formiche che possono uccidervi facendo diminuire con i loro assalti la vostra “mangiabilità”. L’acqua del lavandino provoca game over istantaneo. Cadere per terra significa sozzarsi in modo incredibilmente veloce. Tutto ciò non va bene: ergo bisogna studiare la via migliore per raggiungere il propio obiettivo, anche rigiocando più volte lo stesso livello per provare ciò che non si è fatto prima. La fetta di pane possiede un certo livello di “aderenza” tramite la quale può appiccicarsi praticamente ovunque, sedie, tavoli, frigoriferi, per improbabili scalate. Della buona marmellata sparsa sul tavolo incrementa la vostra aderenza, ci avete pensato?

I Am Bread offre sette livelli di gioco: la cucina, il salotto, il bagno e via di seguito (non serve molta fantasia per immaginare di quante e quali stanze si compone un’abitazione). Una volta finiti i sette livelli dunque avrete finito anche il gioco, giusto? No, sbagliato. Perchè la mole di contenuti è parecchio discreta: oltre alla modalità classica, non mancano sfide di corsa in cui timer alla mano controllerete una ciambellina impazzita, livelli in cui controllando una baguette dovrete distruggere qualsiasi cosa vogliate per accumulare punteggio, stanze adibite alla semplice esplorazione senza particolari obiettivi, e la modalità a gravità zero. Quest’ultima in particolare è stata pensata da una mente cattiva e deviata: la gravità è assente, tutti gli oggetti volano, il vostro toast è munito di una sorta di jetpack con cui spostarsi in aria. Controllare il jetpack con il controller sarà probabilmente inserito nel prossimo Guinnes World Record di azione più difficile al mondo e generatrice di parolacce inconsuete. Tutto ciò significa però anche altre cose: tanto amore da parte degli sviluppatori, buone idee, sano divertimento e dovuto appagamento. A fronte però di un prezzo meno divertenente, consideranzo l’offerta ludica nel suo complesso.

bella immagine

1080 briciole, 30 fette al secondo

Tecnicamente parlando I Am Bread ha da offrire solo ciò che gli serve per svolgere il suo compito. Gli ambienti sono perciò scarni e ridotti all’essenziale, la grafica di certo non è la prerogativa della produzione o il primo punto che dovreste considerare valutando l’acquisto, sebbene non sia poi così brutto da vedere, la fluidità cede spesso il passo a frangenti più macchinosi e rallentati, sopratuttto quando diversi oggetti a schermo si frantumano (per esempio i piatti). La telecamera fa il suo lavoro soltanto la metà delle volte: nelle restanti non obbedisce alla levetta destra con cui dovremmo guidarla manualmente, inquadra il nulla o si incastra nelle pareti, redendo il nostro compito di toastaggio più difficile di quanto già non sia. Una lancia può invece essere spezzata in favore del motore fisico: cadute, oscillamenti, equilibri, pesi sono perfettamente dosati e del resto è solo un bene dato che su di essi spesso si incentra la riuscita o il fallimento di un determinato obiettivo (un attimo di oscillazione in più e la fetta di pane sarebbe caduta dalla sedia: tanti saluti). Sicuramente si poteva comunque curare maggiormente la trasposizione su Ps4, dato che nulla è stato migliorato da quella già uscita su personal computer.

Commento finale

I Am Bread è un videogioco che non ha timore di nascondere la sua natura, consistente in un’idea di fondo incredibilmente originale e un carisma tutto suo, ma realizzata con mezzi tecnicamente appena sufficienti e destinata di certo a non durare più di un paio d’ore con gli amici. I comandi sono una sofferenza indicibile, tuttavia la soddisfazione che deriva dal padroneggiarli a piacimento è altrettanto
inesprimibile. Dopo le iniziali risate e aver provato tutte le modalità, però, l’interesse scema presto e inizia a mancare qualcosa: forse quel qualcosa che per i più costistuisce la differenza tra I Am Bread e un “videogioco vero”. Noi crediamo che esso sia un videogioco a tutti gli effetti, e come tutti i videogiochi quando esaurisce il suo compito, cioè divertire, viene messo da parte. In questo caso viene messo da parte in fretta.

Pro Contro 
– Idea di fondo interessante
– Carismatico
– Diverse modalità, tutte diverse
– Inizialmente lascia spaesati…
– … poi si rivela anche più ostico di quanto non sembrasse all’inizio
– Tecnicamente scarno
  Voto Globale: 60 
 
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