Recensione The Town of Light

La cruda realtà dietro agli ospedali psichiatrici.

Versione testata: PC.

“Non so se mettevamo in manicomio la vita o la morte; forse è la morte che ho curato, era la morte che in manicomio sopravviveva”. Così scrive in un suo libro lo psichiatra italiano Vittorino Andreoli, una frase che trasmette pienamente la realtà che si celava dietro ai manicomi. Una realtà rimasta nascosta troppo a lungo e che ha mietuto troppe vittime innocenti. Dovevano essere un simbolo di salvezza, di cura per i malati mentali, ma non erano altro che prigioni dalle quali la maggior parte dei pazienti non sarebbero più usciti. Solo la morte sopravviveva fra quelle mura che isolavano per sempre da tutto e tutti. Luoghi oscuri, in cui i “sani di mente” nascondevano la vergogna, l’inadeguatezza, la paura. Almeno sino a quella storica legge del 1978, che chiudendo per sempre i manicomi mise fine all’orrore, riaccendendo la luce su uomini e donne che avevamo voluto dimenticare.

Se nei videogiochi gli ospedali psichiatrici vengono consuetudinariamente dipinti come luoghi in cui dominano la pazzia e il terrore, questa volta viene offerta una visione totalmente inversa. I nostri connazionali di LKA.it hanno voluto raccontare dell’illusorietà del ruolo di queste istituzioni, sviluppando un titolo basato su fatti storici reali che fosse in grado di mostrare la verità senza mezzi termini.

The Town of Light è il frutto di un lungo e accuratissimo lavoro che definiremmo più un’esperienza psicologica anziché un videogioco, e deve essere presa come tale per essere correttamente assimilata.

Camere di tortura

L’intera produzione ruota attorno alla figura di Renée, che torna a visitare l’ex manicomio di Volterra ormai in rovina in cui era ricoverata. Ed è qui che comincia lo sconvolgente viaggio nei suoi ricordi, ancora memore delle atroci vicende vissute agli inizi degli anni ’30 del XX secolo. Durante le fasi di esplorazione dell’edificio, che sono il punto cardine dell’intero gameplay salvo rari e semplicissimi “enigmi” (come ruotare alcune valvole nel giusto ordine), il giocatore viene letteralmente investito da una realtà tanto cruda quanto spiazzante attraverso dei flashback dai contenuti molto forti.

I trattamenti disumani a cui venivano sottoposti i pazienti vengono documentati in modo spietato e grezzo, e la consapevolezza che tutto ciò accadesse realmente a delle persone malate fa a dir poco rabbrividire. La protagonista ha visto la sua malattia mentale trasformarsi in un vero e proprio incubo, un inferno sotto le mentite spoglie di un manicomio in cui ha smesso di vivere. Anziché ricevere le cure di cui avevano bisogno i pazienti venivano torturati, abusati con violenze di ogni sorta, e spesso l’unico modo per far cessare il dolore era il suicidio. Gli ospedali psichiatrici erano macchine della morte di cui nessuno si accorgeva – o di cui abbiamo finto di non accorgerci – e medici e infermiere ne erano gli ingranaggi per farle funzionare.

La città della luce

Ciò che contribuisce a rendere l’esperienza unica e ancor più realistica è l’ambientazione ricreata in modo magistrale: il team di sviluppo ha realizzato con una cura minuziosa il vero manicomio di Volterra, riproducendo fedelmente il padiglione Charcot (quello principale) in ogni suo corridoio e stanza oltre ai giardini. Al suo interno è possibile rinvenire documenti con referti originali e strumenti utilizzati veramente da questi istituti nell’epoca del Fascismo.

La nostra tranquilla e silenziosa esplorazione fra le rovine dell’edificio viene spesso interrotta bruscamente da riflessioni di Renée, flashback o musiche che si adattano al suo stato emotivo, rendendo l’atmosfera ancora più angosciante e riportando continuamente alla mente dei giocatori le atrocità operate in quel luogo. L’unica cosa che ci ha fatto storcere il naso è il doppiaggio originale in italiano, che lascia un po’ a desiderare in quanto traspare molto la semplice lettura delle battute e la poca dedizione dei doppiatori.

Il fattore longevità sicuramente è il più difficile da giudicare. Se si guarda Town of Light come un videogame, le tre ore da noi impiegate per portarlo a termine sono decisamente insufficienti. Se ci si avvicina a Town of Light con delicatezza, come ci si avvicina ad un film, ad un libro che tratta un tema difficile come quello della follia e dei manicomi, allora il tempo di “gioco” perde importanza: ciò che conta è l’esperienza vissuta, e l’esperienza regalata dall’opera di LKA.it è di quelle che ti stendono, come un pugno in pieno volto quando meno te lo aspetti. Un’esperienza che non nasconde nulla e che vi sbatte in faccia la verità. Inoltre, la storia varia leggermente sulla base di alcune nostre scelte, quindi alcuni capitoli nascondono dei risvolti alternativi altrimenti non visualizzabili.

Commento finale

The Town of Light è un’esperienza cruda e pesante che condanna i manicomi e le bestialità che portarono con sé. I contenuti sono decisamente forti e maturi e occorre una certa “elasticità mentale” per comprendere il significato reale di questa ottima produzione tutta italiana. Se comunque il titolo vi ha incuriosito consigliamo vivamente di acquistarlo (circa 20€), tenendo bene a mente che si tratta dell’analisi spudorata di una realtà terrificante e non di un semplice videogioco.

Simone Rinaldi
Simone Rinaldi
Meglio conosciuto come "Ping" per gli amici e online, gioco dall'ormai lontano 2000. Cresciuto a pane e videogiochi a partire dalla prima PlayStation, nel tempo ho esteso i miei interessi anche all'ambito della tecnologia in generale, scoprendo un certo feeling con l'hardware PC. Le mie grandi passioni si sono poi trasformate in qualcosa di più concreto con l'entrata in 4News, grazie a cui ho avuto modo di vedere il mondo videoludico-tecnologico da una nuova prospettiva ed affrontarlo in modo più serio e professionale.

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