Harold Halibut è stato creato da Slow Bros, studio con sede a Colonia guidato dallo sviluppatore indipendente Onat Hekimoğlu. Il processo di realizzazione del gioco si è svolto nell’arco di ben dieci anni. Il motivo? Tutto è basato sulla tecnica di animazione stop motion. Sebbene il risultato finale abbia senz’altro un aspetto unico ed inconfondibile, questa tecnica – a causa della sua complessità – è ormai usata raramente nel cinema, come non citare Vincent (1982) e Nightmare Before Christmas (1993), ed è ancora più raro vederla nei videogiochi; esempi illustri sono Skullmonkeys e The Neverhood. In particolar modo, mentre in un film il tutto è confinato all’interno di una sceneggiatura, nei videogiochi ci sono moltissime situazioni ed interattività differenti che gli sviluppatori devono considerare e animare. Harold Halibut, proprio come le altre poche produzioni che utilizzano questo stile, ha un’atmosfera e uno stile visivo indiscutibilmente distintivo che già parla da solo. Dato che l’intero gioco si basa esclusivamente sulla narrazione, era importante supportare al massimo questa componente. E dobbiamo ammettere che gli sviluppatori ce l’hanno fatta magnificamente confezionando un’avventura dove non c’è fretta e che da al giocatore la sensazione di avere tutto il tempo del mondo per esplorare ciò che lo circonda.
Versione testata: PlayStation 5
Un Grande Fratello nelle profondità marine
Il gioco è ambientato sull’astronave Fedora 1 che, centinaia di anni dopo la sua partenza da una terra sull’orlo dell’annientamento (a seguito della Guerra Fredda), è rimasta – purtroppo – arenata sul fondo dell’oceano di un pianeta alieno ormai da cinquant’anni. L’attenzione di Harold Halibut è focalizzata esclusivamente sugli abitanti mentre vivono la loro vita quotidiana sotto l’occhio vigile di “All Water“, un mega -società che supervisiona ogni angolo della nave. Motivi incerti, messaggi subliminali e ripetitivi, un controllo completo sul sistema di trasporto della metropolitana e un insieme di regole arcaiche seguite ciecamente dagli abitanti, caratterizzano la quotidianità di tutti gli abitanti, i quali conosco soltanto i corridoi freddi e metallici di un’astronave coloniale.
Per il protagonista, Harold (addetto alla manutenzione e assistente di laboratorio), la mondanità è la parola d’ordine, finché un incontro casuale con una creatura simile a un cefalopode non cambia le sue prospettive e mette in moto una ricerca sul significato della vita oltre i confini della nave. Di fronte a una nuova minaccia esistenziale, sia All Water che gli scienziati della nave lavorano per far volare di nuovo la Fedora e tornare a trovare una nuova casa per l’umanità, prima che un destino nefasto metta a repentaglio la vita delle persone a bordo.
Harold non ha mai conosciuto la vita al di fuori di questa nave inabissatasi nell’oceano, e la maggior parte delle persone intorno a lui sanno a malapena com’era la vita nello spazio prima di allora. Ci sono negozi, scuole, bar, una sala giochi, vari ristoranti di pesce e altro ancora a bordo della nave che mantengono queste persone in un comfort piuttosto relativo
Harold Halibut il risolutore di problemi
Per gran parte del gioco, in prima persona sarete testimoni della vita quotidiana e compassata, a tratti fin troppo banale, della Fedora e dei suoi abitanti. La maggior parte dell’azione di gioco richiede di spostarsi avanti e indietro – fra un’area e l’altra – svolgendo compiti per il capo – la scienziata più importante di Fedora, Jeanne Mareaux – e tenendo – al contempo – il passo dell’intera comunità. Il tutto per far progredire la narrazione, incontrando abitanti e trasmettendo notizie di qualche tipo o recuperando oggetti, spesso per volere proprio di Jeanne Mareaux. Altre volte, il tutto è guidato dalle relazioni di Harold e dalla necessità di mantenere le apparenze in quella che è una comunità su piccola scala. È Harold che lega con Buddy, l’affabile postino che si aggira per i corridoi della nave con Chris, un insegnante in tunica e con riccioli fluenti. È Harold che ascolta i problemi coniugali del negoziante locale Tommy. Ed è sempre lui che riesce ad aiutare gente come Cyrus, il rivale più vicino che Mareaux ha in intelligenza sulla nave, e Brigitte, la moglie di Tommy e, soprattutto, il supervisore della produzione di energia sulla nave. Le conversazioni si svolgono con un tono naturale ma allo stesso tempo strambo, in un modo che ci si aspetterebbe proprio da un gruppo di persone che stanno insieme (e solo tra loro) sott’acqua da 50 anni. E le conversazioni che hanno sono a volte così aride e tecniche che è difficile immaginare dove andrà a parare la storia.
Harold Halibut si concentra così tanto sulla storia che molti giocatori avranno la sensazione che i meccanismi di gioco siano stati un po’ trascurati. Non ci sono enigmi impegnativi né compiti di grande portata da completare. L’intero gioco dà priorità all’esplorazione, agli enigmi e ai minigiochi minimalisti, che servono tutti ad arricchire l’esperienza. Le meccaniche di gioco hanno in realtà un ruolo secondario, ma ciò non rende Harold Halibut meno memorabile.
Ma poi si vede Harold, nei suoi momenti solitari, vaneggiare con la mente su una versione della sua vita che vorrebbe (o avrebbe voluto) avere. Lo si sente riferirsi a se stesso come l’agente Haroldson, incaricato di compiere missioni su una scala più ampia rispetto al lavoro banale che deve svolgere. Lo si guarda mentre canta da solo nel filtro che ha il compito di pulire quotidianamente, canticchiando testi sul desiderio di qualcosa di più in questa vita piatta. È una storia profondamente umana sull’aspirare a qualcosa di più di quanto è stato dato. L’incontro fatidico con l’essere alieno cambia tutto, per Harold e per Fedora, questo essere e il pianeta che tutti condividono. È qui che il gioco assume la sua vera identità, come un’avventura narrativa cinematografica. Ciò che ne consegue è una storia di circa 14/16 ore su cosa significa sentirsi diversi dalle persone intorno a noi, una storia sulla lotta per trovare uno scopo in un mondo che non ci appartiene.
Detto questo, coloro che cercano un’esperienza di gioco più succulenta e sostanziosa, probabilmente non la troveranno poiché l’obiettivo principale è quello della narrazione. La storia si svolge a un ritmo volutamente lento e incoraggia i giocatori a prendere le cose con calma, ad osservare l’ambiente circostante, ad interagire ed esplorare tutti i dettagli che il gioco ha da offrire. Ciò include una visione satirica della società umana, vecchia e attuale, ironizzando sugli stereotipi e sulle idee estreme, non solo a livello individuale, ma anche e soprattutto ad un livello più ampio. E, naturalmente, abbiamo anche una società che inizialmente è benefattrice della razza umana, ma rivela in brevissimo tempo la sua vera identità corporativa e restrittiva.
Grafica e tecnica
La grafica retro-futuristico non è sicuramente all’avanguardia, ma lo stile visivo e le animazioni in stop-motion creano un’atmosfera incredibile. Per creare e animare le risorse del gioco, il team di sviluppo ha realizzato pupazzi, set, oggetti di scena e costumi totalmente a mano, utilizzando vari materiali tra cui argilla, tessuto, metallo saldato, feltro, cartone e legno riciclato. Questi elementi sono stati poi renderizzati in 3D utilizzando la fotogrammetria, ovvero fotografando gli oggetti da tutte le angolazioni, ritopologizzati, truccati e animati, importando il materiale ottenuto direttamente nel motore Unity. Possiamo capire perché ci sono voluti dieci anni per realizzare questo gioco.
Il risultato sembra quello di un’animazione in salsa europea in stop-motion degli anni ’80 : è audace e imperfetta, i vestiti dei personaggi sembrano rigidi e risaltano grazie alle cuciture sovradimensionate e l’animazione è volutamente singhiozzante. La scelta di presentare il mondo di Harold mediante la visuale 2D a scorrimento laterale è si un chiaro riferimento a Wes Anderson e alle sue opere come L’isola dei cani e Fantastic Mr. Fox, ma al contempo limita anche il mondo di Harold e della la vita su un fondale oceanico alieno e misterioso. Detto questo, anche soltanto osservare il mondo creato da Slow Bros è una gioia; ogni parete è riccamente dettagliata e le pennellate visibili – insieme all’eccellente illuminazione – conferiscono al mondo di gioco una consistenza artigianale unica. E’ possibile selezionare sia la modalità qualità che quella prestazionale. Quest’ultima – a nostro giudizio – è la scelta più ovvia in quanto i fotogrammi extra tornano utili dato il modo in cui i personaggi si animano e la modalità qualità sembra mostrare qualche leggero artefatto visivo rispetto a quella prestazioni.
Sfortunatamente, Harold Halibut presenta anche svariati problemi tecnici; fra i bug più comuni, accade spesso che Harold entra negli oggetti e attraversa i muri. Per concludere, la colonna sonora – invece – è composta da brani originali e concessi in licenza, che insieme al doppiaggio (di livello ma purtroppo da segnalare la mancanza totale della lingua italiana) conferiscono un alto valore aggiuntivo al gioco.
Commento finale
Harold Halibut è un gioco d’avventura che, sebbene ricordi un walking simulator per il suo gameplay piuttosto striminzito e semplicistico (senza nessuna meccanica davvero coinvolgente), grazie alla sua atmosfera e allo stile visivo unico e distintivo riesce a diventare un titolo a dir poco memorabile. È un’avventura sicuramente strana e particolare che dà priorità alla narrazione e la presenta attraverso dialoghi coinvolgenti e personaggi ben caratterizzati. Nonostante il ritmo compassato, si tratta di un’esperienza intensa e quasi poetica che offre più di uno spunto di riflessione sul significato della vita sia in termini di individuo e sia come collettività, il tutto impreziosito dalla meravigliosa estetica completamente realizzata in stop-motion e che giustifica i dieci anni impiegati per concludere lo sviluppo.