Recensione Ms. Marvel

Appare sempre più evidente come la Fase 4 del Marvel Cinematic Universe sia la più prolifica instaurata da Kevin Feige. Basti pensare che, finora, questa fase ospita ben 6 film e 7 show televisivi per un totale di poco oltre 50 ore. Le precedenti tre fasi, combinate, risultano composte da 23 pellicole per un numero pressoché equivalente di ore. Una quarta fase opulenta e sperimentale, che sta mettendo tantissima carne al fuoco per gli anni a venire, non senza preoccupare parte del pubblico sulla forse eccessiva introduzione di personaggi e storie da far convergere secondo il mantra “everything is connected“. Potrebbe non essere un caso che sia proprio Ms. Marvel, con il suo finale (di cui vi invitiamo a non spoilerarvi nulla, anche se il web non sembra troppo clemente al giorno d’oggi), ad oltrepassare il traguardo delle 100 ore complessive di un fenomeno, l’MCU, oramai talmente radicato nell’immaginario collettivo da essere quasi diventato un confortevole ed affidabile rifugio dalla realtà.

Ms. Marvel è dunque la settima serie legata al Marvel Cinematic Universe ad approdare in esclusiva sulla piattaforma Disney+, cambiando nuovamente le carte in tavola. Se la precedente Moon Knight ci aveva convinto pur con qualche incertezza di format che tuttavia non gli ha impedito di ottenere 8 nomination agli Emmy 2022, possiamo anticiparvi che le avventure di Kamala Khan ci hanno convinto anche di più.

A volte Kamala Khan si lascia trasportare dalla fantasia.

E’ solo un’altra etichetta

Non è un mistero che Ms. Marvel sia stata considerata, fin dal suo annuncio, come un potenziale “progetto di secondo piano” all’interno dell’MCU trovandosi ben presto addosso l’etichetta di “serie rivolta ad un pubblico teen”. Parte delle motivazioni trovavano le proprie radici nella storia editoriale del personaggio, uno dei più giovani non solo dal punto di vista anagrafico.

Kamala Khan “nasce” infatti solo nel 2013 grazie a Sama Amanat e Stephen Wacker, col contributo di G. Willow Wilson, Adrian Alphona e Jamie McKelvie. Kamala è una ragazza di 16 anni di Jersey City, musulmana di origine pakistana: quando scoprirà di avere incredibili abilità, diventerà una supereroina ereditando il titolo di Ms. Marvel dal suo idolo Carol Danvers.

Proprio Marvel e Sama Amanat avevano fortemente voluto creare Kamala Khan con queste caratteristiche non solo come punto di riferimento per una nuova generazione di giovani lettori, ma anche come simbolo di inclusività etnica e religiosa in un periodo, quello dei primi anni ’10, ancora segnati dal pregiudizio sociale. Nel marzo del 2016, la stessa Amanat presenziò al Woman’s History Month alla Casa Bianca, dove l’allora presidente Barack Obama venne omaggiato proprio del primo volume di Ms. Marvel, ottenendo il plauso della massima carica statunitense. Un fumetto per ragazzi solo in apparenza, ma che celebrava l’importanza della diversità sulla divisività, come elemento di arricchimento sociale e culturale.

Gli aspetti culturali sono un elemento fondante della sceneggiatura.

Il maggiore successo della show Disney+ è, a ben vedere, proprio l’aver trasportato efficacemente tutte le aspirazioni di Sama Amanat, che ha qui svolto il ruolo di produttrice esecutiva.

Ms. Marvel non è solo un efficace racconto di formazione di una giovane ragazza, ma è altresì una stupenda rappresentazione della cultura pakistana e dell’islamismo. Accanto alle tipiche dinamiche di una serie con protagonisti giovani ragazzi, peraltro niente affatto invasive, lo show Marvel trova uno spazio rispettoso della narrazione per una rappresentazione positiva di una minoranza etnica e religiosa in terra straniera, costantemente vista con un residuo di sospetto e diffidenza.

In questo senso, il lavoro di Bisha K. Ali produce una serie intelligente e delicata, che non solo mostra le tradizioni della cultura pakistana ma da spazio anche alla storia ed alla religione.

Le dinamiche familiari contribuiscono ad empatizzare con la storia di Kamala.

Senza indugiare in spoiler, il quinto episodio è forse il più sperimentale e coraggioso dell’intera produzione, proponendo una digressione su uno dei capitoli più sofferenti della storia pakistana, la Partizione del 1947. Una parentesi pienamente giustificata dalla narrazione, che svolge un ruolo funzionale nella crescita della protagonista e dei rapporti con la propria famiglia e con le proprie radici.

L’Islamismo viene presentato come una religione di pace e fratellanza, lontana dagli estremismi e dai cliché che l’hanno contraddistinta in molte produzioni televisive nel corso degli anni. Sia chiaro, affrontare questo tema senza pregiudizi e senza scadere nel topos del “musulmano cattivo” non è un aspetto innovativo: tuttavia, il fatto che una rappresentazione così positiva e senza banalizzazioni venga proposta in una serie rivolta al grande pubblico del Marvel Cinematic Universe, è un segnale importante.

Ms. Marvel si allontana da superficiali etichette per raccontare non solo la formazione di una giovane ragazza verso le proprie consapevolezze, ma anche le dinamiche familiari e l’accettazione delle proprie origini. Raccontando la cultura pakistana e musulmana, lo show Marvel riesce ad astrarre ed universalizzare il proprio messaggio raccontando la storia di ognuno di noi.

Blinded by the lights

Se i messaggi che fanno da sfondo alle sei puntate dello show funzionano, parte del merito non può non essere riconosciuto anche al cast.

La 19enne Iman Vellani, alla prima esperienza da attrice professionista, si rivela uno dei migliori casting dell’intero MCU. La giovane ragazza canadese di origini pakistane non solo sembra nata per dare vita a Kamala Khan (esaudendo un suo sogno di bambina, quando leggeva proprio il fumetto di Sama Amanat) ma lo fa con personalità, brio e freschezza. Qualche inevitabile sbavatura tecnica viene ampiamente compensata da una interpretazione semplicemente adorabile con la quale sembra impossibile non simpatizzare ed empatizzare.

Iman Vellani sembra nata per interpretare Ms. Marvel.

Anche il resto del giovane cast svolge bene il proprio ruolo, da Matt Lintz (nei panni di Bruno) a Yasmeen Fletcher (Nakia) fino ad Aramis Knight (Karim) e Saagar Shaikh (il fratello maggiore di Kamala). Ruoli più preminenti sono invece quelli di Zenobia Shroff e Mohan Kapur, i genitori della protagonista, che regalano interpretazioni misurate a sottolineare momenti importanti nel percorso di maturazione di Kamala.

In questo quadro, a deludere è invece la gestione della componente villain della serie che, senza fare spoiler, mostra poca personalità e poca incisività. Una mancanza che non incide sul risultato finale dello show, anche se sarebbe bastato qualche piccolo accorgimento in fase di scrittura per correggere un aspetto altrimenti piuttosto blando.

La freschezza della serie viene trasmessa anche dagli aspetti meramente tecnici della produzione. Adil El Arbi e Bilall Fallah, famosi per aver lavorato come registi di Bad Boys For Life e che rivedremo prossimamente nell’adattamento di Batgirl, curano le puntate visivamente più ispirate ed originali, con una regia movimentata ma pulita, gradevolmente mixata con effetti animati (quasi a ricordare quanto visto in Spider-Man – Un nuovo universo). Altri episodi son invece diretti con mestiere e consapevolezza da Meera Menon.

Anche il resto del giovane cast si muove in modo convincente.

Non stupisce poi che Sharmeen Obaid-Chinoy abbia curato gli episodi più coraggiosi dello show: giornalista, cineasta ed attivista pakistana con due premi Oscar per cortometraggi documentari e ben sei Emmy, tratteggia con tatto e rispetto alcuni dei momenti più complessi della serie. Episodi in cui non manca anche l’azione, ma in cui si perde lo sperimentalismo visivo di Adil e Bilall.

Un risultato finale omogeneo che convince, grazie anche ad una CGI funzionale, un montaggio convincente ed una fotografia satura e brillante. La scelta delle musiche è estrosa ed intelligente, così come il montaggio sonoro complessivo: un aspetto sul quale i Marvel Studios stanno sottolineando un’attenzione speciale, riconosciuta anche dalle citate nomination ricevute agli Emmy 2022.

Corsi e ricorsi

Se c’è un peccato comune a tutte le produzioni Disney+ finora è stato sicuramente la gestione del tempo a disposizione nel corso delle puntate di ogni show.

Come abbiamo visto per Moon Knight ma anche per la recente Obi-Wan Kenobi, sembrano esserci ancora consistenti margini di miglioramento sull’ottimizzazione della narrazione in funzione del format scelto da Disney. Ne è emerso finora un ricorrente problema di ritmo in cui, spesso, le conclusioni sembrano arrivare troppo presto o saltando i necessari attimi di respiro.

Alcuni aspetti della trama avrebbero meritato un po’ di tempo extra.

Ms. Marvel non risolve questo atavico problema, che si evidenzia soprattutto nei momenti in cui la regia passa di mano. Tuttavia, le avventure di Kamala Khan scorrono in maniera fluida e, pur se alcuni passaggi hanno la sensazione di essere troppo veloci ed alcuni approfondimenti della trama sarebbero stati graditi, non si arriva alla fine con l’amaro in bocca.

Il merito, con ogni probabilità, è anche di un finale col quale la serie riesce a raggiungere il suo punto di arrivo come racconto di formazione, non senza regalare incredibili sorprese per il futuro dell’intero MCU.

Nel ricorrente dilemma sull’identità del format, Ms. Marvel riesce dunque a trasmettere una propria compiutezza a prescindere dalle definizioni, lasciando lo spettatore in attesa di scoprire il futuro della supereroina.

Commento finale

Nonostante lo scetticismo che la circondava fin dall’annuncio, Ms. Marvel non solo dimostra l’inadeguatezza delle etichette ma ci presenta una nuova meravigliosa supereroina, con uno dei prodotti migliori su Disney+. Nonostante qualche sbavatura sul ritmo e sulla componente villain, quello di Kamala Khan è un bellissimo racconto di formazione alla ricerca delle proprie radici e della propria identità che apre una fase tutta nuova dell’MCU.

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8.0

Ms. Marvel


Nonostante lo scetticismo che la circondava fin dall'annuncio, Ms. Marvel non solo dimostra l'inadeguatezza delle etichette ma ci presenta una nuova meravigliosa supereroina, con uno dei prodotti migliori su Disney+. Nonostante qualche sbavatura sul ritmo e sulla componente villain, quello di Kamala Khan è un bellissimo racconto di formazione alla ricerca delle proprie radici e della propria identità che apre una fase tutta nuova dell'MCU.

PRO

Un bellissimo racconto di formazione con tematiche importanti | Iman Vellani è adorabile | Visivamente carismatico |

CONTRO

Qualche problema di ritmo | La componente villain è piuttosto blanda | Alcuni aspetti della trama avrebbero meritato un approfondimento |
Danilo Di Gennaro
Danilo Di Gennaro
Viaggiatore nel tempo, utilizzatore della Forza, ex SOLDIER di 1° classe. Accanto ad una passione incrollabile verso il media videoludico da oltre 30 anni, nel tempo mi appassiono quadrimensionalmente a tutto ciò che proviene dal Giappone, nonché a cinema, serie tv, supereroi e molto altro. Allons-y.

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