Rise of the Ronin è senza dubbio il progetto più ambizioso di Team Ninja e Koei Tecmo. Concepito ormai più di 7 anni fa, anche prima di Nioh, nelle idee degli sviluppatori sarebbe dovuto essere la summa totale del loro know-how. E al tempo stesso il titolo che si sarebbe dovuto rivolgere, per la prima volta, al grande pubblico. Quale struttura di gioco migliore, per far ciò, se non quella del classico open world?
A volte, proprio come vi abbiamo raccontato nella nostra recensione di Final Fantasy VII Rebirth, ci piace trovare significati più “romantici” dietro determinate situazioni. Il periodo Bakamatsu ha segnato la fine dello shogunato: Oriente ed Occidente entrarono per la prima volta in contatto. Troviamo “ideologico”, quindi, che un titolo in cui si racconta dell’isolazionismo nipponico e relativi primi cenni di apertura al mondo esterno rappresenti per lo studio di Tokyo proprio il tentativo definitivo di raggiungere la grande platea (nonostante dei primi passi furono fatti già l’anno scorso, come vi abbiamo raccontato nella nostra recensione di Wo Long: Fallen Dynasty).
Dunque, dopo quasi 50 ore di gioco, abbiamo la risposta alla fatidica domanda. A quella domanda da un milione di dollari a cui avevamo già fatto cenno in sede di anteprima. Un impianto ludico sviluppato sui dettami classici e sulla formula Team Ninja come si comporta in una struttura open world? Bene. Gli sviluppatori sono riusciti ad appagare al meglio sia i fan della prima ora dello studio, quelli “hardcore”, che i nuovi. Quelli che si spera si avvicineranno per la prima volta ad un loro titolo proprio per la nuova struttura. Anche al netto di alcune criticità legate ad un’eccessiva abbondanza di variabili ludo-narrative solo abbozzate che purtroppo non ci hanno convinto. Ma che, al tempo stesso, esaltano ancora di più il sistema di combattimento del gioco. Sottolineando quanto sia dannatamente più divertente affrontare faccia a faccia i nemici rispetto a tutto il resto.
Bene, abbiamo catturato la vostra attenzione? Ora non vi resta che continuare la lettura per sapere proprio tutto sull’ultima opera di Team Ninja!
Rise of the Ronin, pubblicato da Sony Interactive Entertainment, sarà disponibile dal 22 marzo 2024 in esclusiva su PlayStation 5.
Versione testata: PlayStation 5
La Via del Ronin
La trama di Rise of the Ronin segue le vicende delle Lame Gemelle, due orfani il cui villaggio fu distrutto perché accusato di cospirare contro la massima autorità nipponica. In quel periodo lo shogunato si stava aprendo a trattati commerciali e politici con gli Stati Uniti. Iniziati alle arti marziali da un’anziana donna, ai due fratelli viene chiesto di assaltare le Navi Nere del commodoro Perry. Ovviamente qualcosa andrà storto e ci ritroveremo a scegliere se impersonare il fratello o la sorella, dopo averli creati con un ricco editor.
Comincerà così il nostro viaggio alla ricerca della controparte dell’altro sesso. In una storia più “blockbuster” rispetto al passato che, per la prima volta per lo studio, riesce a tenere incollati allo schermo in maniera avvincente. La trama orizzontale ed il background narrativo, rispettoso della cultura giapponese dell’epoca, dunque, fanno il loro lavoro in maniera egregia. Anche grazie all’ottima regia delle cutscene principali in cui si vede la mano del regista e sceneggiatore Keishi Otomo. Pur con il solito eccesso di personaggi/comparse presenti in ogni opera di Team Ninja che va a rendere caotico lo svolgersi delle altre sotto-trame. Fortunatamente è presente un’enciclopedia, consultabile anche durante le cutscene come l’Active Time Lore (da noi ampiamente apprezzata, come ribadito nella recensione di Final Fantasy XVI) che aiuta a seguire un po’ meglio tutte le vicende.
Ciò che ci ha convinto di meno è tutto il sistema di scelte. Nel corso del gioco saremo chiamati a prendere numerose decisioni, tuttavia ci è sembrato che questa presunta libertà concessa sia solo “fumo negli occhi”. E per giunta va a creare delle dissonanze narrative nella sceneggiatura. Anche accettando la più logica sospensione dell’incredulità, ci hanno fatto un minimo storcere il naso.
Per farvi un esempio concreto, ci siamo trovati ad affrontare una missione per conto della fazione anti-shogunato che aveva come boss di fine missione un personaggio chiave della fazione pro-shogunato. Dopo averlo sconfitto, ci siamo recati alla base pro-shogunato e abbiamo parlato con quello che era il boss come se niente fosse. Siamo dei Ronin, per definizione samurai senza padrone, ma troviamo che tale variabile, ottima sulla carta, doveva essere sviluppata meglio, anche perché di fatto poi potremo fare sempre missioni per entrambe le fazioni. Anche le romances funzionano così “alla carlona”. Dopo aver massimizzato il legame e instaurato un Voto Velato, potremo interrompere e poi re-intraprendere la relazione in maniera illimitata in qualsiasi momento.
Il quesito, alla luce di quanto detto nell’introduzione circa l’eccessiva presenza di variabili solo abbozzate, sorge spontaneo. C’era davvero bisogno di inserire un sistema di scelte così… poco impattante? Per giunta con la possibilità, dopo nemmeno un terzo di gioco, di rigiocare tutte le missioni in cui eventualmente fare altre scelte che andranno a “sovrascrivere” il presente. Potremo perfino tornare nel momento esatto dell’attivazione in caso non l’avessimo attivata in tempo. Da sottolineare comunque che tale feature Quality of Life è un toccasana per i completisti, vogliamo ribadirlo.
Siamo Ronin, non Ninja!
Il sistema di combattimento di Rise of the Ronin pensiamo sia uno dei migliori nell’ampia categoria degli action-rpg grazie al flow che genera. La meccanica principale attorno cui ruota tutto il sistema è il parry, cioè la parata nel momento esatto in cui stiamo per essere colpiti, attivabile con la pressione di un tasto (il triangolo). Proprio come in Sekiro (e, seppure con qualche differenza, come in Wo Long: Fallen Dynasty).
A ciò aggiungiamoci la meccanica del rampino (sempre ispirata a Sekiro). Del Guizzo di Spada, con cui è possibile recuperare stamina durante l’offensiva (come il Ritmo Ki di Nioh, più o meno). E soprattutto le stances (sempre rielaborate da Nioh). Oltre a quelle basilari, chiamati Ten, Chi e Jin, da modificare al volo durante gli scontri per adattarsi all’arma utilizzata dal nemico in un sistema che ricorda sasso-carta-forbice, ve ne sono altre più “avanzate” che sicuramente avranno un ruolo importante nell’endgame (con tanto di nuova difficoltà sbloccabile).
Nell’anteprima vi avevamo raccontato come sin dalle prime fasi di gioco, i combattimenti diventano delle vere e proprie danze coreografiche di morte che trasportano il videogiocatore in una trance “agonistica”. Come solo i migliori action game sanno fare. Bene, possiamo solo dire che “non avevamo visto niente”. Man mano che proseguirete nel gioco, oltre a nemici “base” con pattern sempre diversi che vi costringeranno ad imparare sempre nuovi “ritmi”, incapperete in boss che porteranno allo stremo la vostra conoscenza del sistema di gioco.
E se proprio doveste aver problemi, potrete sempre abbassare la difficoltà. L’esperienza sarà comunque depauperata di tutta quella carica di adrenalina derivante dalla “paura” di sbagliare una serie di parry e ritrovarsi a dover ricominciare lo scontro. Pertanto la sensazione restituita sarà parecchio diversa, ma almeno non resterete bloccati. A dirla tutta, il gioco propone una serie di variabili ludiche non così “demoralizzanti” (passateci il termine) come l’abbassamento della difficoltà che ri-bilanciano un po’ la situazione verso il basso.
In fase di creazione del protagonista, ad esempio, potremo notare dei tratti “atipici” per i lavori di Team Ninja. Capacità persuasive, intimidatorie, diplomatiche (con tanto di possibilità di mentire). Tutto ciò comporta, in termini pratici di gameplay, la possibilità di incidere sul “morale” del nostro interlocutore, potenziale avversario. Ad esempio, con determinate risposte potremo far fuggire il più “coniglio” del suo gruppo. Con altre risposte potremo “spiazzarlo” in modo da iniziare il combattimento con un colpo critico, e così via. Ed ovviamente non mancherà la possibilità di approcciare la maggior parte degli scontri, tolti ovviamente i boss veri e propri, in modalità furtiva.
Sulla carta è tutto molto bello. In termini realizzativi, però, dare “spazio” a queste nuove variabili, dare così tanta libertà di scelta, ha fatto sì che emergessero problemi di level design che vanno a rovinare un po’ l’atmosfera e il senso di appagamento. Ma ci spieghiamo meglio.
Innanzitutto, bisogna ribadire come Team Ninja non sia mai stata maestra per quanto riguarda la costruzione dei livelli, tuttavia con Wo Long: Fallen Dynasty avevamo assistito ad un primo passo in avanti. In Rise of the Ronin, un po’ perché la maggior parte delle missioni avviene in sezioni delimitate dell’open world, un po’ (soprattutto) perché si è cercato di dare un contesto a tutte le soluzioni di cui prima, siamo ritornati nuovamente indietro.
Il grosso problema risiede nel fatto che tutti gli approcci al di fuori delle incursioni a viso aperto in solitaria risultano raffazzonati e goffi. In primis l’IA dei nemici è ridicola in ottica stealth approach. Il loro campo audio-visivo di aggro è praticamente circoscritto ai loro piedi. Potremo usare fucili contro nemici che stanno abbastanza vicini tra loro, potremo addirittura combattere con nemici senza attivare gli altri se non andando a sbatterci addosso. Ed anche cercando di ripulire le zone furtivamente, il posizionamento dei nemici e i percorsi creati presentano dei punti di “rottura” che faranno saltare la copertura. Quando poi deciderete di portare in missione gli alleati (NPC o coop online) assisterete a scene comiche che potrete ricaricare su YouTube con questa canzone di sottofondo.
Tornando al solito discorso di prima, se l’inserimento di un sistema di scelte così poco incisivo è inspiegabile ma tuttavia non tanto penalizzante, tutte le variabili connesse al gameplay, pur comprensibilissime per donare magari maggior varietà di approccio, hanno definito un design delle missioni un po’ schizofrenico.
Alla luce di quanto spiegato, il nostro consiglio per godervi veramente al meglio Rise of the Ronin è quello di affrontare tutto in solitaria, abbracciando la via del Bushido. E se proprio non riuscirete ad affrontare da soli i boss di fine missione (a volte sono anche in due o tre, ma ottimamente bilanciati anche giocando da soli), potrete interagire con il checkpoint prima dell’arena ed evocare aiuto (ed eventualmente abbassare la difficoltà).
Open World? Missione riuscita!
L’open world di Rise of the Ronin rientra nella declinazione di quelli “classici”, come gli Assassin’s Creed o Ghost of Tsushima. Scordatevi che la pura e semplice esplorazione possa essere una discriminante ludica vera e propria come in capolavori del “genere”, quali Elden Ring e The Legend of Zelda. Qui si tratta di semplice navigazione della mappa per andare da punto A a punto B.
A maggior ragione se pensate che il loot system di Nioh e Wo Long: Fallen Dynasty è trasporto in maniera pedissequa anche qui. Per quanto i forzieri e le ricompense dei mini-boss dell’open world siano, in linea di massima, migliori dei drop dei nemici random, tale sistema è alla base di un meccanismo “gestionale ed economico” che permea l’intera produzione. Il loot dei forzieri, quindi, è comunque basato su livelli e skill passive randomici. Inoltre, in Rise of the Ronin ci sono i fabbri che permettono addirittura di trasferire i tratti migliori delle armi, proprio come nei precedenti lavori dello studio. Se in una struttura arcade questa scelta la riteniamo accettabile (al di là della bulimica micro-gestione dell’inventario), in un contesto open world smorza un po’ l’entusiasmo quando si tratta di andare alla ricerca di pezzi unici.
Fortunatamente, però, anche con tale sistema, l’open world funziona, grazie al loop che riesce ad innescare. Liberare un accampamento, cercare un gatto o un santuario, eliminare un mini-boss, fare le sfide di abilità, o le fotografie. Ognuna di queste attività ci ricompensa con qualcosa che va a rendere il sistema di combattimento sempre più variegato ed appagante, come ad esempio una nuova postura per una delle tante tipologie di armi. Anche completare al 100% un territorio ci darà punti abilità specifici che poi ci permetteranno di potenziare il nostro alter-ego virtuale.
Inoltre abbiamo apprezzato come in qualsiasi punto della mappa ci sia un minimo studio di level design. Paradossale, se ci pensate, che sia più intelligente la costruzione dell’open world che non quella delle missioni. Non potremo dirigerci sempre a cervello completamente spento verso il prossimo segnalino. Molto spesso dovremo intuire l’elementare percorso per raggiungere la nostra ricompensa. Niente di più di quello che ha proposto già Ghost of Tsushima anni fa, ma tant’è. Ed anche con questa “esigenza” di doversi fermare, il traversal non risulta mai stancante e/o ridondante. Viaggiare nel Giappone di Team Ninja è sempre veloce ed immediato (ancora di più abilitando alcune funzioni di accessibilità, come ad esempio raccolta e/o smontaggio rapido del loot, cavalcata automatica verso la destinazione prefissata, etc.).
Purtroppo Rise of the Ronin è molto povero in termini di poligoni e texture. Salire su una posizione sopraelevata (cosa che farete spesso) e constatare la piattezza dell’orizzonte è un grosso rammarico, è innegabile. Anche per questo vi consigliamo la modalità Prestazioni a 60 fps: meglio avere un frame elevato e quasi stabile che puntare su una grafica che di base è molto povera. Nonostante ciò, la direzione artistica riesce a regalare un colpo d’occhio almeno sufficiente. Soprattutto grazie ad un intelligente uso dei colori, delle luci (seppure ogni tanto ci siano vari sfarfallii) e di effetti ambientali come il vento. Menzione d’onore per la colonna sonora di Inon Zur che restituisce meticolosamente le sensations del Giappone del XIX secolo. Non abbiamo parlato di comparto sonoro in generale, ma di colonna sonora soltanto, perché, purtroppo, il doppiaggio italiano non è sempre all’altezza.
Commento finale
Parlare di “troppo che stroppia” in una recensione di un open world può lasciare spazio a fraintendimenti, soprattutto per quella fetta di utenza che si ferma al commento finale e al voto. Per questo motivo ci teniamo a ribadire per bene il concetto. L’open world di Rise of the Ronin è riuscitissimo. Quello che eccede sono variabili ludo-narrative relative alle scelte ed alle libertà concesse al videogiocatore. Non sarà il titolo più a fuoco di Team Ninja (Nioh e Wo Long: Fallen Dynasty sono più quadrati e precisi in quello che propongono). Non sarà il titolo della consacrazione definitiva dello studio nell’Olimpo degli sviluppatori perché le criticità evidenziate sono proprio figlie di scelte “immature” che limitano il proverbiale “next step” in un percorso di crescita. Ma se c’è una cosa in cui il team nipponico è già maestra è creare sistemi di combattimento sempre più appaganti e galvanizzanti. Partendo comunque da meccaniche già viste, riescono a regalare sempre qualcosa di nuovo e più divertente. E Rise of the Ronin è proprio questo, il titolo più appagante, galvanizzante e divertente di Team Ninja, nonostante tutto.