Recensione Song of Horror

Il genere horror è diffuso praticamente da secoli. A partire dalla narrativa fino ad arrivare alle tante opere cinematografiche e televisive che ogni anno vengono proposte ai più “coraggiosi”. Coloro che non hanno alcun timore di “guardare in faccia la morte” e che “armati” di pop corn non vedono l’ora di scoprire a quale infausto destino andrà/andranno incontro il/i protagonista/i. Alcune produzioni sono riuscite a lasciare segni profondi ed inquietudini che persistono molto tempo dopo aver lasciato il cinema o spento la TV. È il caso, tanto per citarne alcuni, di Sinister di Scott Derrickson, oppure di Dark Skies di Scott Stewart.

A quanto detto, possiamo aggiungere l’elemento di interattività offerto dai videogiochi. Questo infatti, può elevare ulteriormente le sensazioni angoscianti e da cardiopalma del genere orrifico. Sapere che il destino dei nostri protagonisti si basa esclusivamente sulle nostre azioni è ben diverso dal guardarli in azione inermi mentre vengono perseguitati da uno psycho-killer e urlargli di non entrare in quella stanza. Come non citare Until Dawn o la più recente epopea di Supermassive Games: Man of Medan, Little Hope e il recente annunciato House of Ashes. Insomma, ce n’é per tutti i gusti e palati. Fra le produzioni che sono riuscite a distinguersi dalla massa c’è Song of Horror di Protocol Games che rappresenta una sorte di ode al classico survival horror. Certo, non è perfetto, ma si tratta di una narrazione tesa che vale la pena provare.


Versione testata: PlayStation 4


Storia

Song of Horror, è un survival horror in terza persona cinematografico. L’obiettivo è quello di aiutare Daniel Noyer, il nostro protagonista, a risolvere un mistero che minaccia la sua stessa esistenza controllando non solo lui, ma fino a 16 personaggi giocabili.

Il titolo si concentra sulla sua narrativa, con una storia influenzata da maestri dell’horror come Poe, Lovecraft e M.R. James; su The Presence, l’inarrestabile IA del gioco, in grado di generare proceduralmente pericoli di ogni tipo, e sulla morte permanente del suo cast.

La “canzone” nel titolo si riferisce a un pezzo di musica maledetta che presumibilmente spinge i suoi ascoltatori alla follia – e ad atti di violenza allarmanti. Nel corso di cinque episodi, Daniel Noyer e un cast rotante di personaggi indagano sulla scomparsa di un autore giramondo che stava ricercando la melodia misteriosa.

Gameplay

Si tratta di un’esperienza che riprende alcuni elementi cardini della vecchia scuola, in particolar modo la telecamera fissa e i puzzle ambientali ricordano molto da vicino Resident Evil.

I giocatori viaggiano attraverso una varietà di ambientazioni horror, tra cui ville e ospedali abbandonati, ma c’è una svolta macabra: i personaggi possono morire e una volta usciti dal gioco sono definitivamente … morti. Questa scelta semplice eleva l’azione e la tensione generale, portando il giocatore alla quasi paranoia che ogni porta che sta per aprire o corridoio che sta per attraversare possa essere l’ultimo.

Lo sviluppatore permette di scegliere di giocare con o senza morte permanente, ma vi consigliamo vivamente di attivare la modalità in quanto cambia drasticamente ogni istante di gioco. Ogni episodio inoltre, introduce nuovi personaggi che aiuteranno il giocatore nella delicata indagine.

Ogni episodio sposta l’indagine in una nuova posizione, ma una forza malvagia costante ci segue. Le persone che sono state esposte alla canzone sono plagiate da creature oscure che includono un’entità nota come The Presence, ed è la principale fonte della miriade di paure del gioco. Proprio per la sua costante presenza è consigliabile imparare ad ascoltare l’ambiente circostante. Questo potrebbe fare la differenza fra la vita e la morte. Il ritmo è ottimo, non ci si sente mai veramente al sicuro e soprattutto non si ha mai la consapevolezza di cosa possa esserci dietro l’angolo, e Song of Horror sfrutta al meglio questa sensazione di non sapere cosa c’è dopo.

In vero stile survival horror, i personaggi non sono degli eroi. Quando The Presence arriva a chiedere il conto, tutto ciò che possiamo fare è fermarla temporaneamente. Ci sono diversi modi per farlo, e si basano su una serie di minigiochi al cardiopalma, forse anche troppo, che prevedono l’interazione con i tasti del gamepad.

Con poche eccezioni, i puzzle sono un po’ raffazzonati. Per lo più si basano sulla raccolta di oggetti e manipolazione degli stessi in più fasi. Gli indizi sono nascosti in ogni livello, il che dà un ulteriore incentivo ad aprire ogni cassetto e leggere ogni file. Anche se un oggetto o un oggetto non risultava essere particolarmente utile, è stato interessante leggere i pensieri di ciascun personaggio su di esso. Non sono momenti decisivi, ma aiutano a umanizzare e differenziare il cast.

Alcuni dei migliori enigmi del gioco incorporano The Presence in una forma o nell’altra. In un episodio, abbiamo passato alcune ore a rintracciare gli ingredienti per inventare una soluzione al luminol. Quella che è seguita è stata una tesa sequenza di inseguimento, in cui ci siamo trovati a spruzzare la soluzione in un labirinto buio per vedere il bagliore rivelatore che indicava la presenza di sangue. È stata un’esperienza da batticuore che ci ha dato un grande senso di sollievo quando alla fine abbiamo trovato quello che stavamo cercando. Non solo il sollievo che fosse finita, così potevamo continuare ad andare avanti, ma che eravamo riusciti a sopravvivere.

Tecnica

Song of Horror non si presenta benissimo dal punto di vista grafico e tecnico. Soprattutto all’inizio del gioco si palesano tutte le incertezze della produzione come: personaggi scarsamente animati e una pessima recitazione. La situazione migliora durante il prosieguo dell’avventura ma non aspettatevi una resa grafica e tecnica da tripla A. Tutto sommato è accettabile ma si sarebbe sicuramente potuto fare di più.

Commento finale

Nonostante alcuni difetti, soprattutto dal punto di vista grafico, Song of Horror riesce a catturare l’attenzione del giocatore come pochi altri titoli del genere. Il mondo di gioco e le sue stranezze sono una vera e propria calamita e il plot narrativo è stato realizzato piuttosto bene. Quello che abbiamo apprezzato di più di Song of Horror è che non imita solo ciò che magari è stato fatto da produzioni passate. È chiaramente una canzone ispirata ad altri classici survival horror, ma ha il suo tempo e la sua melodia che lo rendono unico.

8.0

Un titolo horror che riesce a differenziarsi dalla massa!


Nonostante alcuni difetti, soprattutto dal punto di vista grafico, Song of Horror riesce a catturare l’attenzione del giocatore come pochi altri titoli del genere. Il mondo di gioco e le sue stranezze sono una vera e propria calamita e il plot narrativo è stato realizzato piuttosto bene. Quello che abbiamo apprezzato di più di Song of Horror è che non imita solo ciò che magari è stato fatto da produzioni passate. È chiaramente una melodia ispirata ad altri classici survival horror, ma ha il suo tempo e la sua melodia che lo rendono unico.

PRO

    - Narrazione intensa e convincente
    - La presenza della morte permanente scandisce ogni ritmo di gioco alla perfezione
    - Un gameplay classico che strizza l'occhio a meccaniche moderne

CONTRO

    - Graficamente non eccelso
    - Non per tutti

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