Recensione Triangle Strategy

Fin dal suo annuncio e via via sempre in maniera più convincente, Triangle Strategy ha saputo catturare la mia attenzione come pochi altri, almeno ultimamente. Sì, lo ammetto, ho un debole per le avventure di stampo squisitamente fantasy, magari quelle “fuse” con tematiche politico-sociali forti, qualche battaglia epica e, perché no, una schiera nutrita di volti con cui empatizzare e immedesimarmi, che poi è una cosa che mi riesce fin troppo bene. Ed è proprio questo uno dei motivi per cui il nuovo esponente della scuderia di Nintendo Switch, che continua a diventare sempre più una sorta di Real Madrid degli anni d’oro (per usare una parabola calcistica e anche musicale), anche in questo 2022, mi ha semplicemente stregato, tenendomi incollato allo schermo come non mi capitava probabilmente da anni, almeno per quel concerne il lasciarmi trasportare dal fattore emotivo.


Versione testata: Nintendo Switch


D’altronde, Triangle Strategy è, senza mezzi termini, una piccola perla in termini di concept narrativo e la sua evoluzione, che avviene in maniera veloce e inesorabile con il passare delle ore, è la conferma di quanto ci sia ancora tanta arte nell’industria videoludica, spesso e volentieri nascosta all’interno di produzioni apparentemente ed erroneamente considerate “di nicchia”. Se, poi, a quanto detto si aggiunge una componente ludica di ottimo livello e un’art direction semplicemente sublime, è chiaro che il risultato finale non può che essere eccellente e ne sono veramente felice, perché, appunto, ho seguito l’opera sin dai suoi primissimi vagiti e sono pronto a provare a spiegarvi perché non dovreste lasciarvelo scappare, indipendentemente dai vostri gusti videoludici.

Triangle Strategy: è una questione di sale, sale, sale

Nortelia è fondamentalmente spaccata in tre macro aree, ognuna di esse rappresentata da un Paese a sé stante: il Regno di Glenbrook, il Granducato di Aesglast e il Sacro Impero di Sabulos, tre Paesi fortemente diversi tra loro sia per usi e costumi sia proprio a livello di concezione della vita e della gestione dei propri interessi interni ed esterni. Queste tre gloriose nazioni sono state in continuo conflitto tra di loro, scontrandosi più e più volte in guerre atroci e distruttive, a causa fondamentalmente del loro essere “avide”, chiuse in se stesse e difficilmente propense a condividere le proprie ricchezze, chiudendosi in un guscio a volte impossibile da scalfire. Ferro, cibo e soprattutto sale, risorse imprescindibili e appartenenti a ognuno dei Paesi sopraelencati, sono infatti motivo di violentissimi e feroci battaglie sin da tempi immemori, il cui culmine è stato raggiunto nella terribile “Guerra del Sale e del Ferro”, svoltasi trent’anni prima dell’inizio degli eventi della storia e di cui tutti – presenti e non – conservano un ricordo semplicemente spaventoso. Il gigantesco scontro ha infatti scosso pesantemente Nortelia, trasformandola in un arido e gigantesco campo di battaglia, un mix di sangue, disperazione e dolore, da cui tutti (o quasi) volevano uscire, ragion per cui i capi dei tre regni si sono impegnati per siglare un accordo di tregua, che garantisse il ritorno della pace e la fine dei conflitti. La pace, però, è un filo troppo sottile, specialmente quando gli interessi non coincidono, specialmente su larga scala, ed è proprio questo il contesto narrativo su cui si basa la storia di Triangle Strategy, ambientato come dicevamo poc’anzi trent’anni dopo il terribile scontro e che vede come protagonista il giovane Serenoa Wolfhort, giovane erede al trono del casato “minore” di Glenbrook.

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Sin dalle prime battute, ho subito compreso che Serenoa fosse il protagonista adatto a me: spigliato, “figo”, sfacciato ma allo stesso tempo cordiale, profondamente legato alla sua famiglia e desideroso di fare la cosa giusta anche dovendosi sporcare le mani, il giovane rampollo dei Wolfhort ha dinnanzi a sé una situazione tutt’altro che semplice, destinata a diventare un gigantesco fardello con una velocità e una ferocia impressionanti. Il giovane Wolfhort, infatti, viene chiamato a ereditare il ruolo di reggente del regno di Gleenbrook appartenente a suo padre, il glorioso Simon Wolfhort, uno dei grandi eroi e principale fautore della tanto agognata quanto fragile pace, a causa del cagionevole stato di salute in cui questi ultimi versa negli ultimi anni. L’inizio della storia è dei più classici: a Gleenbrook è in arrivo una principessa, tanto bella quanto tormentata, destinata in sposa proprio a Serenoa, con una mossa politica messa in piedi proprio da Lord Simon, desideroso di continuare a lavorare alla pace e a cercare di rafforzare i propri legami con le nazioni vicine, in particolare con il Granducato di Aesglast, di cui la giovane Frederica è una delle figure gerarchicamente parlando più importanti. Il legame tra i due Paesi serve principalmente a rafforzare la forza politica di entrambe le nazioni, ma soprattutto a mettere pressione all’Impero di Sabulos, che forte del suo dominio sul sale si sente “intoccabile”, sfruttando quella che a tutti gli effetti è una situazione di vantaggio politico e strategico papabile e inequivocabile. Quando tutto sembra andare per il verso giusto, con le nozze dei due giovani alle porte e con una grande festa pensata apposta per celebrare il rinnovamento della triplice alleanza, Triangle Strategy si tinge pesantemente di “dark”, portando su schermo una lunga schiera di eventi terribili, fatti di oscure macchinazioni e tradimenti, pensati proprio per distruggere una volta per tutte la pace e i suoi principali fautori. Senza entrare troppo nel dettaglio, vi basti sapere che a mio personale modo di vedere la storia raccontata dal titolo di ArtDink e Square Enix è una delle più belle e complesse viste negli ultimi anni del panorama videoludico, figlia di influenze molto marcate di opere quali “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” e “The Last Kingdom” passando un po’ per “I Medici”, mixate tra di loro in maniera sapiente e in grado di offrire un comparto narrativo di primissimo livello, per (quasi) tutta la sua durata.

Character design: il peso delle scelte

Le mie inclinazioni personali e mie gusti non sono stati gli unici fattori a farmi amare quella che è tutta la componente narrativa e tematica del gioco. Ho amato alla follia la storia, ho apprezzato e sto apprezzando tutt’ora tutte le venature del comparto narrativo, sia quello relativo al filone principale sia quello dedicato alle side stories, ma ho soprattutto amato al di là di ogni più rosea previsione i personaggi, sia quelli principali sia quelli secondari, tanto gli antagonisti quanto i protagonisti, senza distinzione alcuna. Triangle Strategy ha, senza esagerare, forse uno dei character design più curati, variegati e carismatici degli ultimi tempi e l’ho avvertito chiaramente, sin dai primissimi contatti diretti avuti con la produzione, sfruttando anche la Demo di gioco disponibile nello shop di Nintendo. Partendo dal protagonista, che ho già provato a delineare sommariamente, plasmabile a seconda delle scelte del giocatore attraverso un sistema di risposta multipla e le cui scelte influenzano proprio la affiliazioni e la differente sfera di rapporti creabili, finendo con l’ultimo dei comprimari, ogni cosa riesce a trasmettere una sensazione di potenza e abilità narrativa a tratti incredibile. Mi vengono subito in mente quei personaggi come Benedict o Frederica, ma anche Roland, così buoni e “stereotipati” nell’ossatura generale ma che in realtà sono molto più di quello che sembrano, e lo si capisce proprio dedicandogli quel giusto tempo, attraverso linee di dialogo numerose (a volte anche fin troppo) e attività secondarie, pensate appositamente per rendere giustizia a un lavoro di scrittura sontuoso.

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Mi ha sorpreso non poco il modo in cui ogni singolo personaggio sia stato trattato pressoché allo stesso modo, con le proprie differenze, le proprie motivazioni, le proprie idee e soprattutto le proprie origini narrative e tematiche, fondamentali per plasmare ciò che vediamo adesso su schermo, ossia un tripudio di personalità diverse spinte da ideologie e interessi diversi, che travolgono il giocatore con una ferocia e una portata inimmaginabili. Triangle Strategy è un titolo in cui si assiste alla storia di una giovane donna discriminata per il colore dei propri capelli e a quella di un giovane schiacciato dal peso del proprio nome, tutte contestualizzate in un mosaico geopolitico ricco e variegato che va ben oltre quanto immaginabile osservando superficialmente il tutto. Potrei stare a parlare per ore di quanti momenti in cui sono saltato dalla sedia, potrei fare mille esempi di quanto mi sia sinceramente incuriosito e anche divertito, di quanto abbia apprezzato lasciarmi trasportare da quello che mi ha ricordato parecchio i bei momenti passati in compagnia di Tyrion e Bronn, senza mai stufarmi, volendone sempre di più e senza curarmi del fatto che il tempo passasse in maniera inesorabile. E tutto questo mi è servito, perché come dicevo prima il gioco si plasma in base alla vena morale con cui si decide di plasmare Serenoa, le cui scelte alterano il corso degli eventi in maniera sensibile, anche proprio dal punto di vista delle interazioni col prossimo, ampliando così a dismisura oltre alla rigiocabilità anche la possibilità di entrare in contatto con personalità diverse in situazioni diverse, completando in tal senso un quadro a dir poco emozionante.

Gameplay: strategia, esplorazione e… ancora strategia!

A livello di gameplay vi posso subito anticipare che Triangle Strategy non è un gioco adatto a tutti. Il titolo si presenta “scisso” in più fasi di gioco, ed è giusto sottolineare che la maggior parte di queste sono dedicate alla narrazione e alle fasi esplorative, in cui, fondamentalmente, si continua ad ampliare il bagaglio del protagonista, sia nel senso più stretto della parola, ossia facendo provviste e raccogliendo materiali, sia in senso metaforico, in cui il dialogo con alcuni NPC aiuta a plasmare il Serenoa che verrà. Il combattimento è infatti la parte meno “corposa” dell’avventura, ed è un vero peccato, perché i ragazzi di ArtDink, senza strafare, hanno messo su un sistema ludico tanto semplice quanto complesso e sfaccettato, sempre e comunque portandosi dietro un livello di sfida decisamente alto e non pensato per i più “giovani”. Da buon JRPG strategico a turni, infatti, Triangle Strategy si rifà con fierezza a quei grandi classici come Final Fantasy Tactics o ai più recenti Fire Emblem, portando su schermo un sistema di gioco che si basa fortemente sull’analisi dell’arena di scontro e sul posizionamento delle truppe piuttosto che sulla mera potenza delle forze in gioco. Gli scontri mi hanno ricordato molto quelli di Three Houses, seppur molto più “semplici” nell’impostazione, e ho subito capito che buona parte delle fortune in battaglia sono riservate proprio a chi impara a conoscere la quantità e la qualità dei danni potenzialmente arrecabili ai nemici quanto alla capacità di difendersi da colpi critici e alterazioni di stato, che qui assumono una rilevanza importante già dalle prime ore. Sapersi schierare, imparare a conoscere il territorio è dunque uno step fondamentale, giacché anche nelle primissime battaglie il rischio di finire al tappeto sotto i colpi nemici è dietro l’angolo.

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In Triangle Strategy è dunque possibile sfruttare le altezze per infliggere più danni, accerchiare un nemico per avviare una sorta di “combo” con gli alleati o servirsi dell’ambiente circostante per ottenere vantaggi vari, il tutto chiaramente senza dimenticarsi di tenere sempre sotto controllo le debolezze e i punti di forza di ogni personaggio, che qui non si legano alla scelta di una o di un’altra classe, bensì sono intrinsechi di un membro del party più che di un altro. Ogni personaggio è infatti se stesso, anche sul campo di battaglia, e ciò comporta l’essere più o meno adeguato a un determinato scontro contro un determinato nemico, una dinamica che chiaramente amplia a dismisura il fattore strategico della produzione e rende i combattimenti più dinamici e imprevedibili di quanto potrebbe sembrare, specialmente nelle fasi avanti della storia. In Triangle Strategy, dunque, usare una spada può avere i suoi vantaggi e i suoi svantaggi, così come usando un arco sarà possibile raggiungere posizioni della scacchiera avversaria più lontane ma facendo meno danni e via dicendo, ma la complessità delle tipologie di attacchi è generata anche dalle magie elementali, che nel gioco di ArtDink risultano sin dalle prime battute molto importanti e in grado di stravolgere fortemente gli scontri anche perché quest’ultime hanno il potere di interagire direttamente con l’ambienta circostante, rendendo così ancora più complesso il tenere sotto controllo l’esito di un combattimento, specialmente quelli su più larga scala. L’interazione delle magie ambientali si lega anche a un’altra interessante feature, ossia quella dell’influenza del meteo sugli scontri, una dinamica molto sottovalutata ma che invece rende l’equilibrio in battaglia più dinamico di quanto si possa immaginare.

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Proprio tenendo fede a quella voglia di essere più semplice e immediato, il gioco pone tutta l’attenzione sul campo di battaglia, rendendo così le “attività” di contorno meno importanti e marginali. Ad esempio, non è possibile cambiare armi o abilità, ma i personaggi progrediscono evolvendo quello che, in sostanza, possiedono già, con un sistema di potenziamento molto semplice e immediato, ma comunque funzionale. Ed è proprio questa una delle poche cose che non ho apprezzato: da amante delle “classi” e della varietà delle build, la scelta di dare al giocatore poca libertà in tal senso non l’ho gradita molto, per quanto devo ammettere che risulta comunque sempre funzionale e ben orchestrata con il mondo di gioco e il suo stile di combattimento. La dinamica più interessante, per me, è comunque quella della Bilancia Risolutrice. Quest’ultima non si vede in battaglia, ma nelle fasi di dialogo, ed è veramente molto molto particolare. Tramite l’utilizzo di questo sistema, infatti, Serenoa può farsi aiutare dai suoi alleati a decidere le prossime mosse, tentando anche però di “influenzare” le scelte degli alleati, con motivazioni sempre e comunque funzionali alla storia.

Una direzione artistica (e tecnica) sublime

Da un punto di vista audiovisivo, e lo posso dire senza il timore di essere esagerato, Triangle Strategy è assolutamente sublime. Il titolo di ArtDink e Square Enix è un vero e proprio tripudio artistico e stilistico, che eredita con classe e convinzione il modello adottato da Octopath Traveler e la sua splendida veste HD-2D, impreziosita però da una quantità e una qualità di scenari e ambientazioni semplicemente incredibili. Nella sua voluta “povertà” di pixel, Triangle Strategy risulta in realtà ricco come non mai, curato nei minimi dettagli ed edulcorato da una scelta cromatica volutamente accesa e gioviale, che fa da sfondo – in contrasto – a un mondo invece oscuro e flagellato da una lunga serie di eventi terribili, guerre, tradimenti e macchinazioni di ogni sorta. La direzione artistica di Triange Strategy mi ha veramente emozionato e commosso, e non riesco a levarmi dalla mente gli splendidi scenari tridimensionali “acquerellosi”, già ampiamente visti in Octopath Traveler ma che qui hanno assunto una potenza autoriale decisamente diversa e più matura.

triangle strategy

A ciò si aggiunge anche una cura incredibile nella creazione dei modelli dei personaggi, tutti molto belli da vedere, sia “in campo” sia e soprattutto nelle sequenze di dialogo e in generale nella parte esterna a quella giocata, in cui tutto assume un tratto tanto solenne quanto splendido, che sfocia in un character design anche visivamente parlando impressionante. Di Triangle Strategy, però, quello che mi ha semplicemente incantato è il comparto sonoro. La colonna sonora che accompagna il viaggio di Serenoa, Frederica, Geela, Roland e tutti gli altri splendidi protagonisti della storia è infatti a dir poco incantevole e riesce ad alimentare ancor di più quella sensazione di star assistendo a qualcosa di veramente speciale. In tal senso, il lavoro svolto da Akira Senju (Full Metal Alchemist, Tales of Vesperia ecc) è veramente encomiabile, e ben si sposa con un doppiaggio in lingua originale semplicemente mastodontico. Anche quello inglese si è rivelato di buon livello, ma quello giapponese è senza dubbio su un altro livello. Infine, parlando di fattori onestamente più superficiali per una produzione simile, voglio segnalare che il gioco gira molto bene sia in modalità docked sia in quella handled, con una vista sempre in generale molto pulita e ben rifinita, ma ripeto, dal mio personalissimo punto di vista questo sarebbe stato veramente l’ultimo dei punti da prendere in esame, rapportandolo al tipo di produzione, ovviamente.

Commento finale

Triangle Strategy è uno dei titoli più belli a cui abbia mai giocato. L’esclusiva Nintendo Switch mi ha stregato dal primo minuto e ha continuato a farlo col passare delle ore, in cui si sono palesati tutti quegli aspetti su cui tutti avevano puntato: una storia splendida, un cast ricco e intrigante e un’art direction di primissimo livello, oltre a un combat system “old school” solido e mai banale. Proprio parlando del combat system è giusto sottolineare che forse l’unica pecca del gioco è rappresentata dal numero fin troppo risicato di scontri, che potrebbe far storcere il naso ad una buona parte dell’utenza, anche perché l’ho avvertito anche come un po’ uno “spreco” data proprio la profondità di quest’ultimo. Per il resto, comunque, non posso fare altro che consigliavi questa produzione, pensata per i fan del genere principalmente ma anche per chi vuole avvicinarsi per la prima volta a un prodotto del genere, che, credetemi, non smetterà mai di stupirvi.

8.9

Triangle Strategy


Triangle Strategy è uno dei titoli più belli a cui abbia mai giocato. L’esclusiva Nintendo Switch mi ha stregato dal primo minuto e ha continuato a farlo col passare delle ore, in cui si sono palesati tutti quegli aspetti su cui tutti avevano puntato: una storia splendida, un cast ricco e intrigante e un’art direction di primissimo livello, oltre a un combat system “old school” solido e mai banale. Proprio parlando del combat system è giusto sottolineare che forse l’unica pecca del gioco è rappresentata dal numero fin troppo risicato di scontri, che potrebbe far storcere il naso ad una buona parte dell’utenza, anche perché l’ho avvertito anche come un po’ uno “spreco” data proprio la profondità di quest’ultimo. Per il resto, comunque, non posso fare altro che consigliavi questa produzione, pensata per i fan del genere principalmente ma anche per chi vuole avvicinarsi per la prima volta a un prodotto del genere, che, credetemi, non smetterà mai di stupirvi.

PRO

Character design splendido, storia matura e spettacolare, direzione artistica incredibile, sistema di combattimento piacevole e funzionale...

CONTRO

... ma fin troppo scarno, poca azione sul campo a favore di tanti dialoghi e sequenze animate, localizzazione italiana non sempre a fuoco
Salvatore Cardone
Salvatore Cardone
Scrivo, cucino, mangio. Spesso contemporaneamente. Necessito di più mani (e più fegati).

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