Recensione Ghost ‘n Goblins: Resurrection

Anche se Ghost ‘n Goblins è uno dei classici arcade più amati e gettonati di sempre, a cui alcuni retrogamer (incluso il sottoscritto) non hanno mai veramente smesso di giocare negli ultimi 35 anni, non è stato per niente facile realizzare Ghost ‘n Goblins: Resurrection, il suo rifacimento. E ancora meno facile sarà valutarlo. Cerchiamo di capire perché.

Versione testata: PlayStation 4


Uno dei giochi più punitivi della storia

Anche in un’epoca in cui furoreggiavano titoli come Castlevania e Ninja Gaiden, che sono passati alla storia per il loro incredibile grado di difficoltà e per l’immensa pazienza e capacità di autocontrollo richieste al giocatore, Ghost ‘n Goblins e il suo “più-o-meno-seguito” Ghouls ‘n Ghosts si sono sempre distinti.

Questo perché Ghost ‘n Goblins e Ghouls ‘n Ghosts sembravano progettati con autentico sadismo, con la volontà netta di mettere in difficoltà il giocatore più che sfidarlo. Di creare situazioni volutamente ai limiti dell’impossibile per dare a quei pochi che ce la facevano una soddisfazione ancora più “elitaria”, sapendo che la maggior parte di coloro che si erano imbarcati nell’ “impresa” avevano dovuto abbandonarla.

Nel tempo, questa leggenda si è consolidata rendendo alcune “scene” (come le tartarughe di pietra nel villaggio o le statue sulla cui lingua saltare con il vuoto assoluto sotto) quasi delle iconiche “cartoline” della scena arcade.

Ghost 'n Goblins: Resurrection

35 anni di difficoltà inarrivabile

Il punto è che il protagonista, Sir Arthur, un barbuto cavaliere in armatura di ferro che, a seconda delle circostanze, poteva rivestirsi di una splendente armatura d’oro o rimanere a combattere in mutandoni armato solo di una lancia, aveva movimenti legnosi, limitati e goffi anche più di quanto fosse necessariamente imposto dai limitati controlli dell’epoca: a fronte di un esercito di mostri infinito, imprevedibile e senza alcuna pietà o riguardo.

La ciliegina sulla torta, anch’essa piuttosto inusuale per l’epoca (anche se non del tutto “inedita”) consisteva nel fatto che per accedere al vero finale del gioco era necessario rigiocarlo tutto daccapo una volta che lo si era completato.

In questi 35 anni Ghost ‘n Goblins è passato alla storia non solo per le sue ambientazioni caratteristiche e favolesche (per quanto cupe e mostruose); non solo per gli scrigni destinati a contenere le armi e l’armatura che nascondevano, potenzialmente, maghi capaci di trasformare il protagonista in una papera o invecchiarlo, rendendo tutto ancora più difficile; e nemmeno soltanto per il peculiare e indimenticabile design dei nemici, compresi i torreggianti boss.

La cosa che più di tutte ha reso celebre Ghost ‘n Goblins / Ghouls ‘n Ghosts in questi 35 anni è stato il suo inarrivabile tasso di difficoltà.

Ghost 'n Goblins: Resurrection

La rinascita di Arthur

Con queste premesse Capcom, sull’onda di un trend molto in voga al momento, cioè quello di “resuscitare” grossi calibri del passato con versioni rivedute e corrette, per riproporli a un pubblico moderno, ha deciso di rivitalizzare questo grande classico. Nel farlo, però, si è dovuta porre un inevitabile dilemma.

Proporre un gioco con lo stesso, inaudito livello di difficoltà dell’originale e rischiare di scoraggiare il pubblico (specialmente i più giovani) a giocarlo? O edulcorare il tutto, rischiando di scontentare proprio quella fascia di utenza cui maggiormente sembra destinato un prodotto del genere, ossia i nostalgici?

Ovviamente la risposta si è situata nel mezzo, con un’implementazione complessiva che forse non fa proprio tutto quello che avrebbe potuto per mediare queste due contrastanti esigenze, ma manifesta un impegno tanto evidente quanto concreto in tal senso.

Prima di inoltrarci nell’analisi di quello in cui Ghost ‘n Goblins: Resurrection somiglia o differisce dall’originale, vale la pena di soffermarsi per un momento sulla parte tecnica del gioco.

Ghost 'n Goblins: Resurrection

Grafica da libro animato

Ghost ‘n Goblins: Resurrection adotta uno stile grafico molto particolare, che costituisce in realtà una vera e propria lettera d’amore all’originale.

Come se fossero usciti da un libro animato per bambini, Sir Arthur e i suoi diavoleschi nemici sono completamente disegnati a mano, animati in un modo che può sembrare ingenuo o inadeguato (chi scrive ha sentito i detrattori parlare di “un gioco che sembra realizzato con una grafica da flash player per browser game” – un’analisi decisamente sommaria e che non tiene conto della particolarità del contesto).

Ma invece si cura di riprodurre con ogni minimo dettaglio tutti gli elementi del gioco, in una maniera che mette decisamente a tacere qualunque obiezione da parte del nostalgico o “purista” di turno. Per chi vuole vedere in Ghost ‘n Goblins: Resurrection una versione “ridisegnata” dell’originale, è semplicemente tutto al suo posto.

Anche le musiche sono state riproposte in maniera riarrangiata, ma fedele: rendendo giustizia ad un altro degli elementi cardinali con cui il gioco si è scolpito nella memoria dei suoi giocatori di vecchia data.

Il fatto che un videogioco sia un remake che esce nel 2021 non vuol dire necessariamente che debba avere una grafica tridimensionale, in 4k e con il Ray-Tracing spinto a manetta. In questo caso la cosa migliore da fare (ed è stata fatta) era riproporre il design cartoonesco e favolistico del gioco in una vesta più “liscia”, rifinita, senza le spigolature dovute ai pixel degli originali, ma mantenendo inalterata la caratterizzazione di tutti gli oggetti del gioco. E sotto questo profilo, Ghost ‘n Goblins: Resurrection è un lavoro superlativo.

Ghost 'n Goblins: Resurrection

La scelta della difficoltà

Vediamo invece come ha fatto Capcom ad affrontare la spinosa questione del gameplay: mantenendo il gioco orribilmente difficile com’era all’epoca, ma svecchiando alcune cose e proponendo dei compromessi accettabili.

La prima – e più importante – modifica in questo senso, come si può intuire, è stabilita dalla scelta del livello di difficoltà. Ghost ‘n Goblins: Resurrection può essere giocato a quattro diversi livelli di difficoltà: Paggio, Scudiero, Cavaliere e Leggenda.

Laddove il livello “Leggenda” si pone, forse, come ancora più difficile e frustrante dell’originale (un risultato assolutamente olimpionico, in questo campo!), i livelli inferiori introducono una serie di facilitazioni che, senza snaturare eccessivamente la struttura punitiva del gioco, lo rendono più abbordabile.

La possibilità di ripartire da checkpoint via via più fitti (addirittura dal punto stesso in cui si è morti, al livello più basso) in caso di disfatta. Un’armatura composta da più pezzi, che volano via quando si viene colpiti: ciò simula un maggior “numero di punti vita” per il prode Sir Arthur, che può permettersi più di due errori prima di dover ricominciare. E la possibilità di rallentare un po’ i frenetici movimenti del gioco, così da concedersi un po’ più di tempo per adattare le proprie reazioni e manovre ad un contesto impietoso ed imprevedibile.


Riverniciato, ma pur sempre lui!

I livelli del gioco sono strutturati in modo molto simile all’originale, riportando pari pari interi segmenti tratti da Ghost ‘n Goblins o da Ghouls ‘n Ghosts e rimescolandoli in un complesso che dà vita, per ogni area, a due possibili “percorsi”, tra cui il giocatore può scegliere ogni volta che sconfigge un boss. Quest’innovazione aggiunge un pizzico di varietà e diversificazione alle partite, mantenendo comunque elevatissimo il “senso di familiarità” per chi ha già giocato ed approfondito gli episodi originali. Il giocatore saprà (ahilui!) esattamente cosa aspettarsi, ma non per questo sarà meno impreparato alla straziante difficoltà di ciò che lo attende.

Anche durante le battaglie con i boss, faticose ed estenuanti, il gioco si prodigherà in una serie di “suggerimenti” per aiutare il giocatore a venirne a capo se si accorge che questi sta morendo troppe volte. Certo, una cosa è “sapere cosa fare” e un’altra è riuscirci.

E a proposito di “morti troppo frequenti” (un tema decisamente attuale, visto il contesto), anche se il livello di difficoltà non può essere modificato in via permanente una volta scelto, è comunque possibile ridurlo temporaneamente per superare alcune fasi critiche. Se ci si accorge che il proprio progresso è stato inesorabilmente arrestato da uno scoglio troppo difficile da superare, si può sfruttare un “aiutino” per, come si suol dire, togliere la ruota dal fosso e andare avanti.

In questo modo Ghost ‘n Goblins: Resurrection si assicura di non essere un’esperienza troppo frustrante per chi vuole solo completarlo, ma immergendo ancora il giocatore in una sfida dai toni inverosimili e intrisa di cattiveria e sadismo, come nell’originale.

Tartarughe dai gusci di pietra, diavoletti del vento, maiali armati di forcone e formicaleoni sono sempre lì ad aspettare Sir Arthur: e la loro perversa cattiveria e imprevedibilità non è cambiata di una virgola.


Un tocco di moderno in un sapore antico

A parte la scelta del livello, Ghost ‘n Goblins: Resurrection introduce altre varianti che modernizzano un po’ il gioco, non solo rendendo la sfida più abbordabile, ma mettendolo in linea con criteri che sono tipici di una scena del gaming che intanto, in 35 anni, è andata avanti.

Per cominciare, esiste una possibilità di affrontare il gioco in cooperativa. Questa è disponibile solo in locale ed è stata voluta dal direttore del gioco in persona, Tokuro Fujiwara, con un obiettivo ben preciso in mente. Proporre una modalità alternativa, godibile per grandi e piccoli (molti di quelli che hanno apprezzato l’originale, oggi, dopo 35 anni, potrebbero volerci giocare coi propri figli) in cui i due giocatori si concentrano sull’aiutarsi fra loro invece che sul superamento di una sfida impossibile.

Il secondo giocatore impersona un “assistente fantasma” che può aiutare Arthur in modi diversi e creativi: assaltando i nemici, offrendogli uno scudo temporaneo o creando passaggi alternativi per fargli superare più agevolmente gli ostacoli.

Un altro elemento di modernità che si affaccia in Ghost ‘n Goblins Resurrection è dettato dall'”albero delle lucciole”. Le lucciole magiche sono esserini volanti che compaiono in determinati punti dei livelli. Tentare di raccoglierle mentre si evitano mostri, trappole e baratri può richiedere acrobazie ancora più funamboliche, ma ha il suo valore. Infatti queste lucciole rappresentano dei “punti” che possono essere spesi su quello che costituisce un vero e proprio “albero delle abilità”.

Qui Arthur potrà selezionare dei “talenti” a dir poco utili, come incantesimi (che vanno a sostituire gli antichi poteri dell’armatura d’oro legati alle armi) e altre utili capacità: ad esempio quella di portare con sé più di un’arma e scegliere, di volta in volta, quale usare in base alla circostanza, oppure un aumento temporaneo di velocità. Se scelti accuratamente, questi talenti possono modificare – e non di poco – la curva di difficoltà del gioco, specialmente in presenza di boss per i quali può risultare utile l’impiego di più di un’arma o di sezioni “acrobatiche” in cui un pizzico di velocità in più al momento giusto può fare la differenza.

Naturalmente non bisogna adagiarsi troppo neanche così: come nell’originale, gli incantesimi possono avere un impatto devastante sui nemici, ma richiedono tempo per essere caricati. E in un gioco dove nemmeno la perfetta alchimia di tempismo e riflessi può sempre salvare dall’impietoso ed incessante assalto di nemici a cui è stata sadicamente aggiunta una componente volutamente casuale e imprevedibile, la perdita di “qualche secondo” può risultare decisamente fatale. Questo schema rappresenta comunque una gradita rielaborazione del sottovalutato “sistema delle magie dell’armatura d’oro” presente nell’originale.


Qualche pagina del libro è macchiata

Anche con tutta quest’attenzione a ricercare un complesso equilibrio tra l’antico e il moderno, Ghost ‘n Goblins: Resurrection non fa proprio tutto quello che avrebbe potuto per offrire un’esperienza godibile al 100%.

L’incapacità di Sir Arthur di modificare la sua traiettoria durante un salto, i “baratri misurati al millimetro” per saltare i quali bisogna balzare quando si ha già un piede nel fosso (pena una rovinosa caduta) e la velocità da bradipo del protagonista, costretto a misurarsi con nemici che invece si muovono con agilità e disinvoltura, sono tutte dinamiche che, detto senza infingimenti, hanno fatto il loro tempo. Andavano bene per l’hardware limitato degli anni ’80 e in un contesto in cui si proponevano alcune cose per la prima volta, ma oggi non sono adeguate neanche se si sta cercando volutamente di “ricreare un’atmosfera” o di aumentare a dismisura il livello di difficoltà. Semplicemente, non è divertente.

Rifacimenti moderni come Wonder Boy: The Dragon’s Trap o anche titoli indie ispirati a grandi glorie del passato come Cyber Shadow – nonché lo stesso Cuphead di MDHR – hanno fatto propria questa lezione e l’hanno applicata, pur cercando di proporre esperienze di gioco dal livello di difficoltà smisurato.

Forse le dinamiche ancora “antiquate” di platforming di Ghost ‘n Goblins: Resurrection fanno storcere il naso a chi desideri sfida ma anche divertimento, più di quanto “le modifiche come l’albero delle lucciole” facciano scuotere la testa ai puristi. Ed è una bella gara. Che darà ancora da discutere per molto tempo ai “salotti videoludici” dopo la pubblicazione di questo remake.


Una favola senza storia

Un’altra cosa che può suonare un po’ come un’occasione sprecata risiede nel fatto di non aver approfondito un po’ la “lore” del gioco. L’introduzione a libro animato e la grafica estremamente accattivante degli scenari, che sembrano disegnati su una pergamena, lasciavano sperare in qualche intermezzo animato e un po’ di storia.

Questo, pur considerando che nel titolo originale non c’erano nient’altro che un “C’era una volta” e un “Vissero felici e contenti“, in mezzo ai quali era tutto un trionfo di imprecazioni e parole non ripetibili da parte del giocatore. Forse i puristi dell’originale non ne sentiranno la mancanza,  ma un “racconto più strutturato” poteva costituire un valido spunto per rendere tutto più moderno e al passo coi tempi senza snaturare nulla, anzi arricchendo ulteriormente il contesto figurativo della serie.

Rimediano parzialmente a queste mancanze altri due elementi.

L’introduzione dei “livelli ombra” (sbloccabili completando il gioco e sostitutivi della “seconda run” imposta dall’originale al completamento), che ripropongono il tutto in una chiave ancora più complessa; anche se peccano nel fatto che proprio i boss, sui quali ci si poteva aspettare qualche gustosa variazione sul tema, siano riportati in modo identico.

E la presenza delle Sfide, una sorta di “achievements interni al gioco” che introducono un ulteriore – e gradito, seppur marginale – tocco di modernità, che per ovvi motivi non poteva essere presente all’epoca degli originali.

Ghost 'n Goblins: Resurrection

Commento Finale

Pur essendo un gioco praticamente definito dall’essere una sfida epocale e ai limiti del sadismo per il giocatore, Ghost ‘n Goblins: Resurrection è stato un’impresa titanica anche per chi lo ha sviluppato. Questo per la difficoltà di essere andati a mettere le mani su uno dei classici più amati di tutta la scena arcade degli anni ’80 e ’90, cercando di riprodurre quell’esperienza in modo fedele, ma anche riverniciata con criteri di fresca modernità.

Sotto questa luce si può dire che il lavoro svolto è stato molto buono (anche se non perfetto) e che Ghost ‘n Goblins: Resurrection riesce efficacemente a riprodurre, per chi ha apprezzato gli originali, i momenti di deliziosa frustrazione e le epiche arrabbiature vissute dietro a Sir Arthur. Ma allo stesso tempo propone una versione di difficoltà “scalabile” di queste avventure a chi non ha tempo, voglia o semplicemente… “abbastanza nostalgia” per sobbarcarsi la sfida completa e senza compromessi.

A fronte di un comparto tecnico pregevole, assolutamente all’altezza e l’introduzione di qualche gradita novità, si può dire che l’obiettivo è stato centrato in buona parte, anche se non in pieno.

8.3

Efficace mediazione tra antico e moderno


Pur essendo un gioco praticamente definito dall'essere una sfida epocale e ai limiti del sadismo per il giocatore, Ghost 'n Goblins: Resurrection è stato un'impresa titanica anche per chi lo ha sviluppato. Questo per la difficoltà di essere andati a mettere le mani su uno dei classici più amati di tutta la scena arcade degli anni '80 e '90, cercando di riprodurre quell'esperienza in modo fedele, ma anche riverniciata con criteri di fresca modernità.

Sotto questa luce si può dire che il lavoro svolto è stato molto buono (anche se non perfetto) e che Ghost 'n Goblins: Resurrection riesce efficacemente a riprodurre, per chi ha apprezzato gli originali, i momenti di deliziosa frustrazione e le epiche arrabbiature vissute dietro a Sir Arthur. Ma allo stesso tempo propone una versione di difficoltà "scalabile" di queste avventure a chi non ha tempo, voglia o semplicemente... "abbastanza nostalgia" per sobbarcarsi la sfida completa e senza compromessi.

A fronte di un comparto tecnico pregevole, assolutamente all'altezza e l'introduzione di qualche gradita novità, si può dire che l'obiettivo è stato centrato in buona parte, anche se non in pieno.


PRO

    - Estrema fedeltà all'originale
    - Mediazione della difficoltà
    - Elementi di innovazione
    - Comparto tecnico perfettamente all'altezza

CONTRO

    - Mancato approfondimento della storia
    - Dinamiche di platforming un po' forzate e datate

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