Recensione La Nostra Vita

lanostravitathumb-3Un ritratto pasoliniano dei nostri tempi

Claudio è un operaio edile di trent’anni che lavora in uno dei tanti cantieri della periferia romana, è sposato con Elena ed è padre di due bambini. All’improvviso però la sua esistenza felice viene tragicamente interrotta dalla scomparsa di Elena, che muore dando alla luce il loro terzo figlio. Claudio non è preparato ad affrontare la vita da solo e cerca di rimuovere il dolore concentrando i suoi sforzi sul guadagno e sui beni materiali, ma finirà per seguire la direzione sbagliata e cacciarsi nei guai.

A quattro anni di distanza dalla pregevole pellicola Mio fratello è figlio unico, Daniele Luchetti torna alla regia dipingendoci il ritratto agrodolce di un’Italia delle scorciatoie, dei piccoli e dei grandi affari sporchi. La nostra vita è un film che punta la lente d’ingrandimento sul mondo delle nuove borgate romane, abitato dal sottoproletariato urbano, specchio ormai delle contraddizioni del nostro tempo, tra insopportabili reality show e soap opera, tronisti nullafacenti, veline e chi più ne ha più ne metta. Lo sguardo del regista romano è lucido, onesto, quasi “pasoliniano” nella sua empatica immedesimazione con gli abitanti di questi luoghi, lontano certamente dalle rappresentazioni di maniera e stereotipate a cui per anni ci ha abituato il cinema italiano. Quella che Luchetti mette in scena è in sostanza una storia semplice, in grado tuttavia di restituirci il clima sociale e culturale che si respira nel nostro Paese, una storia che porta sullo schermo persone e non “personaggi”, con le loro autentiche emozioni, i loro dolori, le loro difficoltà concrete.

Girato quasi interamente a Ponte di Nona, nella periferia nord della capitale, dove sconfinati mostri edilizi sorgono come funghi dal giorno alla notte, il film è impreziosito dall’apporto di una sceneggiatura coerente e verosimile – firmata anche da Stefano Rulli e Sandro Petraglia, i quali non hanno optato per un esplicito discorso politico decidendo di ritrarre l’universo affettivo e lavorativo di Claudio senza accenni di pietismo – oltre che dalla presenza di un buon cast (Luca Zingaretti, Isabella Ragonese) tra cui spicca senza dubbio Elio Germano, tornato dopo un periodo sottotono a suoi livelli più alti d’attore (non a caso per la sua interpretazione ha vinto ex aequo la Palma d’oro a Cannes insieme a Javier Bardem). Ci sembra giusto in fin dei conti che la Croisette abbia accolto questo film con ovazione tributandogli degli onori perché Luchetti ha parlato in fondo di noi, della nostra vita e soprattutto della nostra incapacità di gettare le basi per un futuro migliore. Tutti aspetti positivi che, insieme all’equilibrio tra commedia e dramma, ironia e commozione, fanno del film uno dei migliori prodotti italiani di questa stagione.
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